tag:blogger.com,1999:blog-55362625551531245712024-03-13T16:57:31.267-07:00ivofavaIn questo blog inserisco articoli e commenti su fatti ed opinioni. Possiedo un sito nel quale ho pubblicato un saggio e diversi articoli. Chi fosse interessato può accedervi attraverso il link appositamente predisposto.IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.comBlogger27125tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-61841814498259602532014-07-14T08:54:00.001-07:002014-07-14T08:54:32.078-07:00L'EVOLUZIONE SECONDO EMANUELE SEVERINO<h2>
L'EVOLUZIONE SECONDO EMANUELE SEVERINO</h2>
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Leggo sul Corriere della Sera del 26 sett., l'articolo di E. Severino "Il nulla che unisce Dio a Darwin". Severino sostiene, citando Jacques Monod, che l'evoluzione è originata unicamente dal caso e da una libertà assoluta e cieca. Si rifà alla filosofia greca, in particolare al concetto democriteo e aristotelico di caso: "automaton" </div>
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<i>"Se si guarda a ciò che sta intorno all'automaton non si trova nulla che spieghi perché esso tenda, si muova, si produca. Cioè si trova il nulla. Muovendosi e producendosi da se stesso si muove e produce dal proprio non essere"</i> (ma perché "proprio"? Forse bisognerebbe spiegare il significato della parola in questo contesto altrimenti se ne potrebbe ricavare che ogni ente ha un proprio esclusivo nulla da cui emerge).</div>
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Prende, quindi, un esempio dalla biologia. Per la scienza l'embrione è il programma di un individuo e questo individuo è in potenza un uomo; ma, sostiene Severino, prima di realizzarsi come tale, l'uomo non è, cioè è nulla. Questo programma non potrebbe in alcun caso costituire<i> "una spiegazione o anticipazione"</i> dell'individuo che seguirà proprio perché realizzandosi da sé è "<i>un prodursi da sé"</i> in modo puramente casuale. Infine, concede, se proprio si vuole parlare di guida, si dovrebbe fare riferimento al concetto quantistico dell'onda di probabilità di Heisemberg. Ma questa opzione non mi sembra possa costituire una conferma di quanto precedentemente sostenuto.</div>
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Se tutto avviene nel campo delle probabilità, vuol dire che ci sono regole che comprendono una probabilità zero: allora il caso inteso come possibilità cieca in assoluto deve essere escluso. Se si lancia una moneta può uscire testa o corona ma non cavallo o capra.</div>
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Secondo Severino il divenire emerge dal nulla e il nulla e in potenza divenire. Se il nulla è Dio allora il divenire è manifestazione della potenza divina. In entrambe le situazioni ci si muoverebbe dal non essere all'essere e, poiché il divenire è caso, non c'è<i> "necessità"</i> nei programmi, siano essi biologici, informatici, metafisici o teologici; infatti <i>"se essa esistesse spiegherebbe e anticiperebbe tutto il futuro". </i>Non c'è<i> </i>neppure "<i>scopo</i> <i>necessario",</i> poiché <i>"il nulla originario delle cose non spiega e non anticipa il loro futuro e la</i><i> loro realizzazione è libertà assoluta, l'evoluzione è cieca."</i></div>
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<i></i>Ma se l'evoluzione subisce l'onda di probabilità, i programmi contengono l'informazione necessaria al verificarsi di regolarità sulla cui base è possibile prevedere che alcune cose sono più probabili di altre, mentre altre sono del tutto impossibili. Questo non permette di stabilire a priori quale uomo emerga da un embrione o se quest'uomo potrà mai realizzarsi. Il programma potrà subire delle interruzioni, contenere degli errori, o anche semplicemente delle modifiche genetiche ma quell'embrione non potrà mai generare uno stambecco o uno scorpione.</div>
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Sappiamo che la gravità ha dato origine alle galassie; le galassie alle stella di varia forma e grandezza; che dal collasso delle stelle si sono prodotte le condizioni per la formazione dei pianeti e che i pianeti, in determinate condizioni possono ospitare la vita. Queste sono regolarità, anche se nel loro ambito, le manifestazioni possono assumere i più disparati aspetti. Per Severino anche questi eventi sono del tutto casuali: dobbiamo forse concludere che non esistono leggi naturali ma solo manifestazioni coerenti di fenomeni casuali da noi interpretate come leggi di natura?</div>
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In ogni caso non possiamo anticipare o prevedere il futuro, ma con le conoscenze necessarie possiamo prevedere dove può nascere una stella; dove è possibile trovare dei pianeti e in quali di questi ci sono le condizioni che possono favorire il sorgere e il diffondersi di forme di vita. Come sarà il nostro futuro non lo sappiamo ma sappiamo che se l'uomo può scomparire altre forme di vita possono manifestarsi e sostituirlo e la vita potrà continuare in questo o in un altro mondo.</div>
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Se dobbiamo credere all'onda di probabilità di Heisemberg e a Severino, secondo cui l''universo è venuto in essere dal non essere, cioè dal nulla, allora il nulla deve contenere le informazioni necessarie che consentono solo a determinati universi di realizzarsi ed alcuni di loro saranno più probabili di altri.</div>
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Che si tratti di Dio o del Nulla , ci si muove dal non essere all'essere, non in base al caso, inteso come libertà assoluta e cieca, e neppure secondo un programma predefinito, invece con la libertà di transitare verso l'esistenza tra diverse ma non infinite opzioni, alcune più probabili di altre, e un limite al punto in cui la probabilità coincide con lo zero. </div>
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Ivo Fava - Cavarzere, li 03/10/2008 </div>
IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-8839636339650485242014-07-14T06:57:00.000-07:002014-07-14T06:57:02.961-07:00DONNE IN RIVOLTA TRA ARTE E MEMORIA<h2>
<b>DONNE IN RIVOLTA TRA ARTE E MEMORIA</b></h2>
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<b>L'assoluzione di Oreste</b></h4>
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Eva Cantarella trae ispirazione dall'Orestea di Eschilo per la sua relazione al convegno di Firenze, organizzato a Palazzo Strozzi dalla fondazione SUM: "Donne in rivolta tra arte e memoria". Ne anticipa il contenuto sul Corriere della Sera del 28 apr. Definisce l'Aeropago, istituito da Atena per giudicare il matricida Oreste, "il primo tribunale della storia ateniese" Con esso, sostiene, si pone fine ad una giustizia basata sulla vendetta per dare origine al mondo del diritto. Considera che il giudizio di assoluzione, calorosamente invocato da Apollo,non segni "la sconfitta della parte femminile del mondo" perché "il diritto non può essere solo ragione, per essere giusto deve dare spazio alle emozioni". Alla fine anche le Erinni che nel processo rappresentano l'accusa, "rinunciano all'atto sanguinario e accettano di entrare nel sistema giudiziario". Così la forza della persuasione vincerebbe sulla vendetta e condurrebbe alla riconciliazione</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Anche se questa visione è in linea con l'interpretazione classica e coerente con quella dell'autore, è possibile dare alla vicenda una lettura del tutto diversa. Nel tribunale istituito da Atena l'aspetto più rilevante non è il desiderio di vendetta o la necessita di una riconciliazione, né la relazione tra emozioni e ragione. In quel tribunale si confrontano due visioni del mondo, sostenendo e proponendo ciascuna una diversa legge naturale e un diverso ordine morale.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Le Erinni assolvono Clitennestra perché "ella non aveva legami di sangue con l'uomo che uccise" e condannano Oreste per l'opposta ragione. Apollo, invece, assolve Oreste perché " non è la madre la generatrice di quello che è chiamato suo figlio; ella è la nutrice del germe in lei inseminato. Il genitore è colui che la feconda".</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Nella mitologia greca le Erinni sono le figlie di Urano e di Gaia, la terra, ma in loro sopravvive il ricordo di un ordine naturale con una organizzazione sociale preesistente all'arrivo degli indoeuropei. in cui la necessità di impedire l'incesto aveva portato alla formazione di clan esogamici matriarcali e ad una credenza, pressoché universale nel tardo neolitico, in una dea madre generatrice di vita. Di questo doveva esserci traccia anche nella memoria arcaica dei greci. Generare era allora una facoltà femminile.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Gli indoeuropei portarono con se un diverso ordine rappresentato da famiglie patriarcali, divinità familiari esclusivamente maschili e divinità regionali antropomorfe ove comunque prevaleva il carattere maschile. Anche generare diventa una facoltà esclusivamente maschile.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">IL giudizio degli dei si uniforma a quello degli uomini.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Le Erinni. dee della fertilità, che consideravano il delitto tra consanguinei il più grave dei reati, in questo contesto, perdono ogni potere persuasivo sulla colpevolezza di Oreste (non è stato generato dalla madre). Non hanno alternative. Devono adeguarsi al giudizio di Atena e alla cultura prevalente. Diventeranno Eumenidi: spiriti della buona volontà. </span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Il desiderio di vendetta guida sia la mano di Clitennestra contro Agamennone che le ha ucciso la figlia Ifigenia, sia la mano di Oreste contro sua madre che le ha ucciso il padre; tuttavia sul giudizio pesa soprattutto la forza del nuovo ordine morale. Non è la forza della persuasione, ed è una resa, non una riconciliazione, a spingere le Erinni verso un cambiamento radicale della loro natura.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">L'Aeropago è forse il primo tribunale della storia ateniese </span></span><span style="font-size: small; font-weight: normal;">e con esso nasce, forse, il diritto ma questo diritto si muove nel quadro di una concezione morale che imprigiona sia la ragione che le emozioni.</span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Per una vera riconciliazione tra le ragioni dell'accusa e della difesa nel processo di Oreste occorrerà attendere una nuova etica che comincerà ad affermarsi solo a partire dai primi anni dell'era cristiana: Un'etica che attribuisca pari dignità a tutti gli esseri umani, senza distinzione di genere, di razza o di condizione sociale.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Ancora una volta sarà un nuovo codice morale a stabilire il dominio nel quale deve muoversi il diritto e con esso la ragione e le emozioni. Solo con la sua affermazione sarà possibile un nuovo ordine sociale, culturale e politico che consenta, come dice Cantarella, di "cancellare per sempre la necessità della scure.</span></span><br />
<span style="font-size: small;"><span style="font-weight: normal;">Ivo Fava - Cavarzere, li 03/05/2008 </span></span>IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-28665656739476694542014-07-14T03:20:00.004-07:002014-07-14T03:20:51.478-07:00TRA RAGIONE E FEDERAPPORTO TRA RAGIONE E FEDE<br />
La fede non e un ostacolo ad una visione laica del mondo<br />
<br />
Claudio Magris (sul Corriere della Sera del 17 gennaio 2008) sostiene che laicità "è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede". Emanuele Severino (sul Corriere della Sera del 6 febbraio s.a.) sostiene che laicità non è una forma mentis ma "filosofia". Le costruzioni filosofiche , però, non sono razionalmente dimostrabili ma solo assunzioni su basi razionali, giustificate da ragionamenti logici che non escludono approdi fideistici. Laicità perciò e accettare l'oggettività scientifica , accogliere il metodo filosofico e usare la logica per cercare sia risposte che possono essere dimostrate razionalmente sia verità nascoste, non falsificabili, che possono approdare su posizioni agnostiche come pure ad una fede.<br />
Laicità, dice Magris è anche "dubbio" ma il dubbio, sostiene Severino, rivolto anche alle proprie certezze mette in discussione la distinzione tra ragione e fede oppure diventa scetticismo e relativismo. In verità il dubbio è sempre lecito perché scienza, filosofia ed ogni altra branca del sapere, anche quando credono di interpretare le leggi della natura, sono in realtà costruzioni umane. Anche l'idea del divino ha molte sfaccettature e non tutti pensano a Dio nello stesso modo. Affermare questo non significa mettere in dubbio la distinzione tra ragione e fede né approdare necessariamente a forme di scetticismo e relativismo. In realtà filosofi, scienziati, uomini comuni, tutti dobbiamo condividere un principio etico: e questo principio che fa di me un credente ma anche gli agnostici e gli atei possono condividerlo senza mettere in discussione la mia e le loro laicità.<br />
Per Magris la risposta data da Gesù ai farisei "rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" è un principio laico ma Severino sostiene che "nella logica evangelica le leggi dello stato non possono contrastare le leggi di Dio, devono essere cioè leggi cristiane ". Siamo quindi alla "teocrazia non laicità". Nella logica di Cesare invece, sempre secondo Severino, la religione deve essere controllata dallo stato e quindi abbiamo:"assolutismo, totalitarismo non laicità".<br />
A mio modo di vedere la risposta di Gesù ai farisei va rapportata all'unica vera raccomandazione evangelica. "amerai il prossimo tuo come te stesso". Questa relazione ci aiuta a comprendere l'etica cristiana e il suo rapporto con le leggi dello stato che sono invece consegnate alla responsabilità degli uomini. Il Dio dei vangeli non impone alcuna legge; lascia agli uomini la libertà di decidere i loro comportamenti, ma Cesare deva guardarsi dal fare leggi ingiuste che umiliano ed offendono la dignità umana.<br />
Ivo Fava - Cavarzere, li 08/02/2008IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-50671614542383508682014-06-23T08:06:00.000-07:002014-06-23T08:06:01.676-07:00TRA PASSATO E FUTURO - L'uomo al quadrato -<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>TRA PASSATO E FUTURO<o:p></o:p></b></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="text-align: center;">
<b>L’uomo al quadrato <o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal">
La fisica oggi sta cercando di superare l’attuale modello
standard fondato su tre famiglie di particelle fondamentali, ciascuna formata
da un elettrone con il suo neutrino e due quark: famiglie che si differenziano
l’una dall'altra per masse crescenti dalla prima alla terza. Queste particelle
interagiscono tra loro per l’azione di quattro forze, altrettanto fondamentali,
tramite lo scambio di altre particelle chiamate bosoni di cui alcune prive di
massa come i fotoni, altre con masse variabili come i gluoni e le W. Negli anni
tra i ‘60 e i ‘70 tre di queste forze: l’elettromagnetismo, la debole e la
forte sono state unificate in un’unica struttura matematica e la scoperta del
bosone di Higgs permetterà ben presto di scoprire come tutte le particelle
abbiano, forse, la stessa origine. Il tentativo
di giungere ad una teoria unificata capace di comprendere tutte le
forze, compresa la quarta e cioè la gravità, ha prodotto una nuova formulazione
della meccanica quantistica per renderla compatibile con la teoria della
relatività ristretta di Einstein. Si è reso evidente ciò che era stato oggetto
di una sottovalutazione: La formula E = mc² si riferisce unicamente ad una
massa a riposo ma per le masse in movimento la formula diventa E² = m²c⁴ (In fisica torna sempre la legge del quadrato:
il quadrato della distanza che vale per la gravità ma anche per le altre forze,
il quadrato della funzione d’onda di Schrödinger che indica la probabilità di trovare le
particelle in un determinato posto in un determinato istante). Apparentemente si tratta di una questione
priva di importanza perché la seconda formula, una volta ridotta per
semplificazione, è esattamente eguale alla prima, in realtà quest’ultima ha due
soluzioni. Infatti la radice quadrata di 4 da come risultato +2 ma anche -2 (2²
= -2² = 4). Possiamo avere perciò sia E = mc², sia E = <b>-</b>mc² , cioè un esito positivo e uno negativo.
Questo è alla base di molte stranezze quantistiche e può aiutare a
spiegare moltissime cose come la sovrapposizioni di stati, l’entanglement (
contestato da Einstein con l’esperimento mentale EPR ma
confermato 30 anni dopo da Bell), il pin
delle particelle, il fenomeno dell’interferenza ( rivelato la prima volta da Thomas
Young con l’esperimento delle due fessure),
il magnetismo, l’antimateria e in generale le caratteristiche
ondulatorie della luce e della materia. Tuttavia per unificare tutte le forze
esistenti occorre conciliare la teoria
quantistica anche con la forza
gravitazionale ma fino ad oggi la gravità (nonostante i tentativi di Lee Smolin
con la sua “Loop quantum gravity”) ha resistito ad ogni tentativo di
unificazione. Teorie come la supersimmetria, quella delle stringhe,degli
universi paralleli, delle dimensioni aggiuntive ed altre sono ancora lontane da
eventuali conferme ed abitano più il territorio della speculazione filosofica
che della fisica.</div>
<div class="MsoNormal">
Su questo terreno esercita un fascino particolare la
questione del tempo a cui gli aspetti della fisica di cui abbiamo parlato non
sono certo indifferenti. Sappiamo che in
un buco nero la materia collassa fino a raggiungere dimensioni
infinitesimali, che nel suo interno il
tempo rallenta fino a fermarsi e sappiamo anche che, alle dimensioni di Planck:
10⁻³⁵, anche la gravità diventa un fenomeno quantistico. A questo livello ha
ancora senso parlare del tempo? La domanda è: ha ragione Newton che lo
considera un valore assoluto, Einstein che lo considera relativo o altri che lo
considerano una sorta di incantesimo, una illusione che caratterizza la nostra
come ogni altra esistenza? Può esserci un tempo per ognuno di noi, per ogni
oggetto e per ogni cosa esistente nell’universo, il tempo
può accelerare o rallentare a seconda della massa o della quantità di moto ma
se c’è un tempo per ogni cosa, per ogni massa e per ogni movimento, insomma per
ogni sia pur effimero evento, allora
come possiamo parlare del tempo? </div>
<div class="MsoNormal">
Diceva Leonardo Da Vinci: ”l’acqua che tocchi dei fiumi è la
prima di quella che viene, l’ultima di quella che va: così il tempo presente.”
Se l’acqua procede verso la vastità degli oceani l’attimo resterebbe forse prigioniero del suo tempo? Una volta nell’oceano potrebbe anche
conservare la memoria degli attimi passati e delle profondità cosmiche da cui è
emersa la prima volta come infinite generazioni di salmoni fanno del luogo di
origine (e dei sentieri percorsi dalla loro nascita) cui fanno ritorno da
adulti per finire la loro esistenza dove tutto è cominciato. Se è così anche
noi possiamo dissolverci nel mare dell’infinito per lasciare ogni attimo della
nostra esistenza imprigionato nel suo tempo, salvo, poi, al ricomporsi del tutto ove
l’universo dovesse collassare in un unico punto di vuoto infinito senza qui e
la, senza passato e futuro.</div>
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Questa è una immagine letteraria ma la si può tradurre in
termini quantistici immaginando che ciò che passa proceda in avanti verso il
futuro e ciò che resta imprigionato nel
tempo proceda a ritroso verso il passato. Alla fine, passato e futuro potrebbero
ricongiungersi, collassando, in un unico infinito, eterno presente. È come dire
che ognuno di noi è il quadrato di se stesso e che ogni estrazione di radice
produce due risultati uno positivo ed uno negativo. Nessuna meraviglia se anche
nelle grandi masse scopriamo che esiste la sovrapposizione di stati e che
verificando l’esistenza di uno stato che avanza verso il futuro, l’altro si
allontani retrocedendo, apparentemente dissolvendosi nel passato. E non dovrebbe
sorprendere l’idea che parti separate
cerchino l’unità.</div>
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Supponendo che tutto questo abbia senso e possa essere
riferito alle nostre vite potrebbe
significare che inferno e paradiso esistono sul serio, non da qualche parte ma
in noi stessi, e che ce lo portiamo appresso, per sempre, impresso nelle nostre azioni. Se veramente Dio
si manifesta come amore e l’amore è la forza creatrice all’origine di ogni
cosa, come sostengo nel mio libro “Dagli opposti all’uomo”, allora quello che
conta sul serio sarà l’amore che abbiamo saputo dare a fare la differenza. </div>
<div class="MsoNormal">
Ivo fava </div>
<span style="font-family: "Calibri","sans-serif"; font-size: 11.0pt; line-height: 115%; mso-ansi-language: IT; mso-ascii-theme-font: minor-latin; mso-bidi-font-family: "Times New Roman"; mso-bidi-language: AR-SA; mso-bidi-theme-font: minor-bidi; mso-fareast-font-family: Calibri; mso-fareast-language: EN-US; mso-fareast-theme-font: minor-latin; mso-hansi-theme-font: minor-latin;">Cavarzere, li
28/02/2014 </span>IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-47526732408892278802013-06-22T07:56:00.003-07:002013-06-23T09:50:57.036-07:00L'EURO E LA CRISI IN EUROPA E IN ITALIAL’Euro aiuterà l’Europa ad uscire dalla crisi o finirà per farla affondare peggiorando la situazione al punto da rendere inevitabile la sua fine e con essa anche il sogno dell’unificazione europea?<br />
<br />
In verità l’Euro, cosi come è concepito oggi, è un mostro che ha neutralizzato sia i meccanismi automatici di equilibrio dell’economia di mercato definiti dalla teoria classica, sia i meccanismi di interventi correttivi dell’ economia moderna chiamata da molti neo-keinesiana. Con ottiche diverse entrambe le teorie partono dal presupposto che in economia si finisce per realizzare l’uguaglianza R = I (Risparmio = Investimenti). Tuttavia nuovi sviluppi, da tempo in atto, nella concezione del risparmio e del suo utilizzo ha consentito il dirottamento di grandi masse monetarie dagli investimenti nei fattori della produzione alle transazioni finanziarie, in operazioni di borsa prive di qualsiasi etica e senza più alcun riferimento al mondo della produzione e del lavoro. Si è formata con ciò una grande liquidità sottraendo,però, risorse ai consumi delle famiglie, alla produzione e deprimendo gli investimenti delle aziende cui non solo vengono a mancare le risorse ma anche gli stimoli a produrre a causa di una domanda in caduta libera. Per la teoria classica è la capacità produttiva a determinare il reddito nazionale (PIL), per i neo-keinesiani è la spesa totale a determinarne la grandezza. Sta di fatto che in Italia la spesa si riduce, con essa si riduce anche la capacità produttiva, la produzione ed aumenta la disoccupazione. La problematica che abbiamo di fronte, perciò, non è tanto il deficit che va tenuto comunque sotto controllo razionalizzando la spesa, quanto la mancanza di un virtuoso processo di crescita. In questa situazione ridurre l’ammontare complessivo del debito come ci chiede l’Europa è impossibile, difficile anche mantenerlo stabile, e comunque il rapporto debito PIL è destinato inesorabilmente ad aumentare.<br />
<br />
Perché l’Euro possa sopravvivere deve disporre delle stesse armi delle altre valute. La BCE è una banca a sovranità limitata. Non esercita sulla moneta il controllo che per esempio la Federal Reserve, la Banca d’Inghilterra o la Banca Centrale del Giappone esercitano rispettivamente sul dollaro, sulla sterlina o sullo Yen. Per esempio non può stampare o creare moneta per consentire un processo inflattivo che renda meno pesante il debito e più competitiva l’economia, per favorire con gli investimenti, la produzione e l’occupazione , per stimolare i consumi e l’esportazione. È vero, la BCE ha immesso una ingente liquidità nel circuito delle banche ma lo ha fatto utilizzando fondi messi a disposizione dagli stati membri, Italia compresa, che a loro volta li avevano sottratti alla spesa dei loro bilanci e conseguentemente ai consumi dei loro cittadini. Queste manovre hanno avuto un effetto ulteriormente deflattivo non inflattivo. Risultato l’Euro è troppo forte rispetto alle altre monete e i paesi in difficoltà come l’Italia fanno più fatica sui mercati internazionali mentre trovano più convenienti le merci di importazione rispetto a quelle nazionali. Le nostre aziende chiudono. Le Banche a cui la BCE ha elargito liquidità, data la situazione, invece di investire nelle imprese hanno comprato titoli del debito pubblico che presentano meno rischi e grazie allo spread offrono ottimi rendimenti. Anche il debito pubblico contribuisce a determinare la spesa complessiva è quindi il PIL ma in questo caso serve solo a rinnovare i titoli in scadenza. Abbiamo già osservato che, con una economia in fase recessiva, anche se l’ammontare del debito pubblico rimane sempre lo stesso, la sua percentuale rispetto al PIL continua inevitabilmente a crescere. In questa situazione perseguire ad ogni costo la riduzione del deficit fa solo peggiorare la situazione.<br />
<br />
Abbiamo accennato ad un uso perverso del risparmio con lo spostamento di grande masse monetarie dai fattori della produzione alla speculazione finanziaria e con transazioni borsistiche spesso prive di qualsiasi etica: si crea in questo modo una liquidità che rimane inutilizzata e nelle mani di pochi. Spesso si tratta di una massa monetaria che finisce in paradisi fiscali in attesa di essere riutilizzata più o meno nello stesso modo. Questo uso del risparmio crea ricchezza per pochi e povertà per molti. Chi la possiede o la controlla, infatti, non ha alcun interesse ad affrontare avventure imprenditoriali quando ha l’opportunità di facili guadagni assumendo pochissimi rischi.<br />
<br />
Se non bastano i paradisi fiscali i singoli paesi europei si contendono le scarse risorse di capitali con sistemi fiscali concorrenti giovandosi dell’assenza di una politica fiscale comune a tutti i paesi dell’unione. Si favorisce con ciò, se non una vera e propria evasione, almeno l’elusione fiscale di quanti prendono residenze fasulle per usufruire di legislazioni più favorevoli.<br />
<br />
Ecco allora cosa dovrebbe fare l’Unione per avere un euro destinato a sopravvivere:<br />
<br />
- una banca centrale di ultima istanza, completamente indipendente che ove necessario possa creare moneta per una fase espansiva in grado di rimettere in moto la produzione e il lavoro.<br />
- una politica tesa a eliminare i paradisi fiscali specie quelli esistenti nella stessa Comunità Europea,<br />
- una comune politica fiscale che delimiti l’autonomia dei singoli stati pur consentendo una certa elasticità di comportamenti,<br />
- contrastare le speculazioni finanziarie con una tassa sulle transazioni ma soprattutto proibendo, in via definitiva e non temporanea, le vendite allo scoperto che molti adoperano per drogare i mercati a proprio uso e consumo.<br />
<br />
Se si realizzano questi obiettivi gli stati che usano la moneta unica saranno messi nella condizione di svolgere i loro compiti in caso contrario potrebbero non farcela e l’Euro non avrebbe un futuro. Nel frattempo l’Unione Europea deve fare uno sforzo e mettere a disposizione dei fondi , o attraverso la BCE con l’emissione di titoli di scopo, o ricavati dal bilancio comunitario, da destinare ai paesi in recessione al fine di promuovere la produzione e l’occupazione.<br />
<br />
L’Italia però non deve comportarsi come ha fatto quasi costantemente nel passato.<br />
<br />
- La nostra presenza negli organismi comunitari dove si discutono e si prendono decisioni relative alle politiche dell’unione deve contare su persone competenti che sappiano leggere i documenti in inglese e siano attente a non concedere più di quanto possono permettersi come è successo troppe volte nel passato e come è emerso , anche di recente, con la controversia sulle quote latte. Una volta che si sono presi degli impegni bisogna essere in grado di rispettarli.<br />
- In campo economico data la ristrettezza del credito e la scarsa liquidità a disposizione delle imprese è necessario mettere queste ultime in condizione di consentire un processo di accumulo di risorse proprie con un fisco più leggero ma soprattutto usando la leva fiscale per favorire l’assunzione a tempo indeterminato e l’investimento a scopi produttivi. Per le nuove imprese si dovrebbe prevedere un periodo di esenzione totale dalle imposte, semplificare le procedure per l’inizio di attività , ridurre i tempi e i costi relativi.<br />
- In merito alla semplificazione legislativa si potrebbe stabilire che ogni nuova legge preveda l’abrogazione di tutta la legislazione precedente sul medesimo argomento vietando perciò ogni richiamo a normative più datate.<br />
- Per un miglior funzionamento della giustizia e per accelerare la conclusione dei processi sia civili che penali si potrebbero ridurre a due i gradi di giudizio e intervenire sulle procedure in modo da evitare i molti rinvii che spesso non hanno alcuna giustificazione. In particolare nei processi civili e in tutte le vertenze di carattere amministrativo si potrebbe consentire l’autodifesa quando l’imputato o il ricorrente non si sente sufficientemente tutelato dal suo legale.<br />
- Sul risparmio bisogna distinguere - a) chi si astiene dal consumo per creare una riserva di sicurezza al fine di soddisfare eventuali esigenze future -b) da chi dispone di risorse ingenti e le parcheggia in azioni, obbligazioni e titoli di debito pubblico. Il risparmio di cui al punto a) dovrebbe confluire in banche che se ne servono per concedere prestiti alle imprese e alle famiglie. I depositi di cui al punto b) dovrebbero confluire in banche che si occupano di gestire patrimoni o di effettuare speculazioni finanziarie. Solo le prime che custodiscono depositi frutto di sacrifici e a cui molte persone hanno affidato la loro tranquillità e sicurezza, dovrebbero ottenere uno scudo protettivo. Le seconde dovrebbero operare a proprio rischio e pericolo.<br />
- Inevitabili gli interventi sulla spesa. Si tratta di evitare sprechi di risorse in una situazione in cui la contrazione del reddito nazionale rende inevitabilmente impossibile reperirne di nuove. In primo luogo i partiti devono rendersi conto che non possono mantenere un esercito di funzionari o consentire ai loro esponenti di arricchirsi personalmente a spese di contribuenti che diventano al contrario sempre più poveri. In secondo luogo non possiamo più permetterci di mantenere costose strutture non essenziali al funzionamento dello stato anzi spesso con effetti negativi per duplicazione di funzioni e creazione di ostacoli burocratici al suo corretto funzionamento. Positivo sarebbe se ogni Regione destinasse ad uno dei suoi uffici il compito di controllare la spesa delle proprie strutture, specie sanitarie, per evitare sostanziali, ingiustificate differenze nell’uso e nel costo di servizi, presidi, macchine e materiali sanitari di ogni genere destinati alla prevenzione e cura degli ammalati.<br />
- Un discorso a parte andrebbe fatto sul conflitti di interessi. Sono talmente tanti che è impossibile affrontarli tutti in questa sede. Una cosa è certa: non c’è solo Berlusconi e l’informazione. Alcuni hanno a che fare con i principi fondamentali di ogni sistema democratico: la divisione dei poteri. I poteri non devono solo essere nominalmente separati, devono anche essere divisi. Chi siede nelle camere del potere legislativo non può contemporaneamente sedere in quelle del potere esecutivo e viceversa. Gli avvocati non possono contemporaneamente fare i parlamentari e sostenere in giudizio la difesa degli onorevoli colleghi e dei propri clienti. La magistratura non deve fare le leggi, deve solo farle osservare. I magistrati non possono disinvoltamente invadere i partiti e viaggiare tra le istituzioni come astronauti tra le galassie. Il sistema elettorale per l’elezione del CSM va riformato per impedire a giudici e pm di confluire in liste dagli orientamenti chiaramente politici.<br />
- Burocrati ed alti funzionari dello stato non dovrebbero ricoprire incarichi multipli spesso in conflitto tra loro o assumere funzioni consultive su problemi che li riguardano. Politici ed imprenditori non possono sedere nei C. di A. delle banche indirizzando il credito a proprio vantaggio, talvolta in modo delittuoso, altre senza adeguate garanzie e a particolari condizioni di favore, sempre sottraendolo a chi potrebbe utilizzarlo in modo migliore.<br />
<br />
Forse abbiamo messo troppa carne al fuoco ma di carne non ce n’è mai abbastanza per un paese come il nostro. Infatti aspetta da molto tempo che i partiti, se ancora esistono o magari prima che scompaiano del tutto, affrontino il problema della legge elettorale e delle riforme istituzionali perché la nostra Costituzione sarà anche la migliore del mondo ma non funziona.<br />
ivo fava 21/06/2013IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-54671484958775075052012-07-26T06:07:00.001-07:002012-07-26T06:10:59.280-07:00SERVONO DUE DISTINTE COMUNITÀ EUROPEECon le regole attuali l’Europa è destinata a subire la crisi fino alla sua distruzione. L’euro non può sopportare misure di emergenza che non risolvono i problemi di fondo ma contribuiscono ad aggravarli. Servirebbero politiche fiscali ed economiche comuni, strutture comunitarie sovranazionali, compresa una banca di ultima istanza in grado di stampare moneta.
Se la Germania continuerà a sostenere le sue attuali condizioni e trarre con ciò vantaggio dalle debolezze altrui, usufruendo di risorse monetarie provenienti da paesi in crisi della comunità sovranazionale a cui essa stessa appartiene, per finanziare la sua economia a interessi negativi, otterrà solo il risultato di affondare i paesi mediterranei sotto il giogo di uno spread insopportabile e di una crescente protesta popolare.
Se le cose stanno cosi si devono cercare soluzioni alternative. Non serve uscire dall’euro ma si possono averne due. I paesi settentrionali che vogliono mantenere le attuali regole e strutture comunitarie, non intendono sacrificare parte delle loro attuali risorse per aiutare i paesi più deboli, si tengano la loro Europa, il loro euro e la loro BCE. I paesi mediterranei si diano proprie strutture più avanzate, più democratiche e maggiormente integrate con una banca di ultima istanza. Si pongano, così, nella condizione di sostenere le loro economie in concorrenza con l’Europa del nord.
Nonostante l’impegno di Draghi, la BCE da sola, senza ulteriori poteri che Germania, Olanda, Finlandia non intendono attribuirle, non riuscirà a salvare l’euro, perciò la proposta di due distinte comunità europee è l’unica che può consentire una uscita morbida dalla crisi bloccando la speculazione della finanza internazionale. All’inizio l’euro mediterraneo subirà una pesante svalutazione, l’inflazione morderà ma l’economia dei paesi interessati potrà rapidamente tornare a correre, gli stipendi si adegueranno progressivamente all’inflazione e alla fine si troverà un nuovo equilibrio non necessariamente al ribasso.
Se il sogno di un’Europa unita deve finire perché non farne due per continuare a creare futuro invece di precipitare nel passato?
ivo fava 26/07/2012IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-78514024316638707652012-05-03T06:51:00.002-07:002012-06-11T08:14:43.658-07:00ANCORA SU MONTIANCORA SU MONTI
Era chiaro sin dal primo momento: se Monti voleva procedere, per il suo programma di governo, consultando i partiti, questi sarebbero andati a nozze. Lo avrebbero lasciato governare fino al 2013 facendogli fare solo quello che loro avrebbero voluto ma non riuscivano a fare: cioè il lavoro sporco, quello che fa pagare il prezzo della crisi alla parte più debole della popolazione salvando proprio quelle lobbie e caste che ne sono la causa. Così facendo potrà anche arrivare al 2013 ma il paese non si salverà e il giudizio sul governo dei tecnici sarà inclemente. Ogni speranza delusa è il presupposto per nuove tensioni e poiché siamo alla frutta, oscure nubi si addensano sul nostro futuro. La nomina di tre commissari rispettivamente alla spending revew (sarebbe meglio dire revisione della spesa), alla riduzione del costo della politica, alla modernizzazione dello stato e delle sue strutture: cioè di ciò che più di ogni altra cosa darebbe il segno del cambiamento, potrebbe significare che il governo ha capito la lezione ma potrebbe anche essere un ulteriore segno di debolezza se non si traduce in risultati concreti nel breve termine. Anche le tanto attese misure di equità: una più equilibrata distribuzione dei sacrifici ma anche iniziative tese a creare un nuovo equilibrio nella distribuzione del reddito, devono trovare adeguate risposte. Questo governo è un governo di tecnici ma in un paese che pretende di essere democratico ogni governo è un governo politico specie se sostenuto dal parlamento: le sue responsabilità sono responsabilità politiche.
Se incontra resistenze ha lo strumento della fiducia. Lo può usare ponendo il parlamento di fronte alle sue responsabilità. Potrà essere sfiduciato ma almeno salverà la faccia e la sua credibilità, al contrario, non avrà attenuanti se il suo arrivo alla scadenza normale della legislatura sarà un fallimento.
La mia opinione è che questo parlamento non è in grado di riformare né lo stato, né i partiti, né se stesso ma un po’ dovrebbe preoccuparsi della propria impotenza e qualcosa, ove costretto, dovrebbe concedere.
Ivo Fava – 03/05/2012IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-29204177476221186542012-05-01T09:21:00.003-07:002012-05-01T09:36:10.964-07:00SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIESUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE
<br />
<br />Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di oggi, 17 agosto, sostiene, a ragione, che i disordini dei giorni scorsi in Inghilterra pongono il problema del rapporto dei governi con le risorse disponibili ma sembra far risalire questi eventi al suffragio universale che obbliga chi è al potere ad avere un voto in più rispetto ai suoi avversari. Per accontentare tutti i gruppi sociali i governi spendono, per spendere tassano e quando le tasse non bastano si indebitano. Così la finanza assume il controllo dello stato. Tutto questo sarebbe iniziato in Italia negli anni ’70, quando si sono indeboliti i motivi di consenso politico e ideologico come, ad esempio, la necessità di opporsi al comunismo. In realtà in Italia è cominciato con il centro sinistra, quando la cittadella democratica dei quattro partiti di centro, costretta ad operare al meglio, perché assediata dalle opposizioni, ha improvvisamente allargato la sua base parlamentare, incorporando parte della sinistra. Avendo così acquisito una maggioranza di sicurezza nelle assemblee legislative, la preoccupazione prevalente dei partiti di governo è stata quella di crescere rispetto ai diretti concorrenti al fine di gestire fette sempre più rilevanti di potere. Per farlo dovevano accontentare le loro clientele, ignorando le battaglie ideali, che tra l’altro non tutti avevano combattuto, e che contrapponevano oriente ad occidente, economie di mercato ad economie pianificate, le democrazie liberali alle dittature, comunque denominate. L’apertura a sinistra era un problema tutto italiano ma il venir meno della battaglia ideale riguardava tutte le democrazie occidentali ed era conseguente all’indebolimento delle grandi tensioni, non solo belliche ma soprattutto culturali che avevano caratterizzato la caduta dei regimi fascista, nazista e infine di quello comunista. In questa situazione, specie in Italia, chi controllava la spesa pubblica, oltre che favorire le sue clientele, ha pensato bene di ritagliarsi un profitto personale per se, per il suo partito o per i suoi lacchè. Oggi le cose non sono cambiate. E. G. della Loggia, a tale proposito, parla di un assottigliamento spirituale che avrebbe costruito il consenso con la spesa pubblica piuttosto che con l’istruzione pubblica e l’informazione. In realtà l’assottigliamento spirituale lo hanno subito le classi dominanti e lo hanno imposto a quelle subordinate che non hanno avuto scelta. Veramente queste ultime si sono difese, hanno resistito, e, sia pure in silenzio, cercato di conservare un sistema di valori che la tradizione aveva radicato nelle famiglie e nella società civile. La spesa pubblica ha assunto un ruolo dominante ma i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Le tasse aumentavano e il debito cresceva ma il suo costo gravava soprattutto su quel ceto medio, impoveritosi al punto che, oggi, anche con un buon lavoro non riesce più a formare una famiglia e a mantenerla. Trovare nuovi valori per le democrazie occidentali è ancora possibile, basta cercarli dove ancora si trovano ma chi li deve apprendere non sono coloro che hanno subito in silenzio i soprusi del potere ma chi non vuole rinunciare ad un centesimo delle sue ricchezze ed approfitta delle occasioni offerte dalla normativa finanziaria per aumentarle, contribuendo ad aggravare la povertà degli altri. Cosi si favorisce la violenza degli esclusi: il suffragio universale c'entra come il cavolo a merenda. I ricchi devono, dimenticare i paradisi fiscali, le vendite allo scoperto, i titoli spazzatura ad altre diavolerie del genere, per apprendere ed apprezzare il valore della solidarietà ed i principi che devono ispirare una società civile. In un mio precedente articolo “Democrazia Oggi”, rintracciabile in questo blog, ho sostenuto che nessun sistema elettorale garantisce veramente una rappresentanza democratica. La rappresentanza è ormai nelle mani di potenti oligarchie dominanti. Propongo quindi di ricorrere a sistemi alternativi come l’estrazione a sorte, con una permanenza limitata nel tempo dei rappresentanti, cosi selezionati, nelle assemblee legislative. Si eviterebbe così il formarsi delle clientele, si ridurrebbe di molto il costo della politica, si contrasterebbe la corruzione e sparirebbero molti dei difetti riscontrabili oggi nelle nostre istituzioni. Sono anche certo che in questo modo si avrebbero rappresentanti più preparati e responsabili di quelli odierni.
<br />Ivo Fava – 17 agosto 2011
<br />IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-46155889820224666662011-11-28T06:16:00.000-08:002012-05-01T09:36:10.972-07:00MONTI: SCELTA GIUSTA?MONTI: scelta giusta? <br />Monti ha già fatto molto per distruggere il credito che aveva. Forse non ha capito che il Presidente della Repubblica lo ha scelto per gestire l’emergenza e che l’emergenza non si può gestire con le solite procedure. Tutti pensavano che se lui era il prescelto forse sapeva già cosa fosse necessario fare per aiutare il paese ad uscire dall'emergenza. Ci si aspettava che agisse con tempestività e non fossero necessari altri richiami dell’ineffabile Sarkozy o della Merkel, richiami che gli italiani percepiscono come una umiliazione. Se aveva delle idee doveva manifestarle, tradurle in provvedimenti ed imporle al parlamento. Meglio una bocciatura, governo a casa e addio piuttosto che interminabili trattative, lunghe attese, provvedimenti arrangiati e in ritardo rispetto agli eventi. Se il parlamento che si è dimostrato inadeguato (inadeguato è già un eufemismo, bisognerebbe dire irresponsabile) avesse confermato le sue attuali carenze saremmo precipitati nell’abisso cui eravamo destinati ma almeno avremmo capito, senza ombra di dubbio, che era giunta l’ora di una resa dei conti. Recuperi il tempo perduto, tratti alla pari e con dignità con gli altri leader europei che non sono senza peccato, agisca con equità, perché senza equità non si possono imporre sacrifici, e dimostri che la fiducia in lui non era mal riposta.<br />ivo fava – li 28/11/2011IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-15690758727694054482011-11-15T10:46:00.000-08:002012-05-01T09:36:10.951-07:00COSA AUSPICARE PER L'ITALIA E L'EUROPACOSA AUSPICARE PER L’ITALIA E L’EUROPA <br />Il Presidente del Consiglio incaricato è tale solo perché i partiti hanno dimostrato la loro inadeguatezza al punto di non saper indicare una maggioranza parlamentare, un leader e un programma in grado di farci superare le gravi difficoltà del momento. Alcune forze politiche hanno preso atto del problema e hanno delegato questo compito, promettendo il loro sostegno senza condizioni, al Presidente della Repubblica. Lo hanno fatto al fine di consentire un momento di riflessione che ci faccia uscire dal tunnel in cui ci siamo infilati. Altre che, per le loro esitazioni e i loro contrasti, hanno dovuto rinunciare a proseguire nel governo del paese, pretenderebbero ora di dettare le condizioni per un loro sostegno. Altre ancora si sono, aprioristicamente, rifiutate di farlo. Il Presidente incaricato non deve mostrare le stesse esitazioni, non deve indugiare per ottenere la loro approvazione o partecipazione, non deve farsi dettare le regole o restrizioni ma semplicemente formare subito una compagine governativa, indicare le soluzioni, del resto già chiaramente individuate, e proporle per l’approvazione. Il Parlamento le approverà ma se non lo farà, o per lo meno chi si rifiuterà di farlo, si assumerà la responsabilità dell’abisso in cui sprofonderemo e alla fine ognuno di noi saprà chi ringraziare.<br />L’Europa pretende dall’Italia comportamenti virtuosi; anche gran parte degli italiani lo vogliono. Lo pretendono in particolare i governi di Francia e Germania i quali però stentano a riconoscere che questa Europa non ha strumenti idonei per contrastare la crisi che sta vivendo. Al contrario non fanno nulla o molto poco per individuarli. Le soluzioni che propongono dimostrano solo la loro inadeguatezza, peggio la loro fuga dalla realtà. Forse manca la capacità o forse la volontà di affrontare il toro per le corna. Pensano al fondo salva stati ma non riescono e definirne le dimensioni. In realtà questo fondo è una misura tampone di cui non si conosce la reale efficacia. Quando la Merkel afferma che occorre modificare il trattato di Lisbona creando un sistema di sanzioni automatiche bisogna pensare che qualcosa si sia inceppato nel meccanismo cerebrale di chi lo propone. Quali sanzioni dovrebbe subire la Grecia (per averci raccontato delle frottole ed aver allegramente sforato il rapporto deficit/pil concordato) alla quale stiamo, al contrario, erogando un programma di aiuti? Se un paese è in grave difficoltà come si può pensare di salvarlo con un sistema sanzionatorio che aggrava le sue difficoltà? Ci sarebbe una sola sanzione possibile: abbandonare il paese al suo destino e farlo uscire dall’Europa ma in questo caso che cosa sarebbe mai l’Unione? Le soluzioni che non si vogliono vedere sono: un vero parlamento, un vero governo, una vera magistratura europea, una banca europea indipendente e di ultima istanza in grado di battere moneta. Oltre a questo: maggior decisione nel contrastare una finanza creatrice di gravi squilibri nella distribuzione della ricchezza, per favorire e sostenere produzione e lavoro.<br />Ivo Fava – 15/11/2011IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-80029721758629586392011-10-02T07:24:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.984-07:00UNA FORZA ETICA REGGE L'UNIVERSOUNA FORZA ETICA REGGE L’UNIVERSO<br />_______________________<br /><br />ABSTRACT<br /><br />Nell'universo, come in matematica, ogni struttura è conseguenza di relazioni che costringono gli opposti a convivere con gli identici. Il tentativo degli opposti di annientarsi è destinato a fallire perché il nulla non esiste, e quello degli identici di isolarsi nella singolarità è impossibile perché ogni ente ha la sua metà in una controparte.<br />Il sistema di relazioni dipende da un continuo scambio di informazioni, le informazioni si traducono in esperienze e le esperienze possono formare coscienze evolute.<br />Se è così ci deve essere una informazione fondamentale che, pur consentendo ampia libertà di organizzazione, rende inevitabile la creazione di strutture in cui ci sia la disponibilità ad accogliere e ad essere accolti. Questa informazione fondamentale è soprattutto una forza etica e morale. <br />____________________________________<br /><br />UNA METAFORA DEL MONDO<br />Osservo un tratto di fiume con le sue acque melmose che fluiscono tumultuosamente, trascinando a valle rifiuti e sostanze di ogni genere. Questo è quello che vedo, ma ciò che non vedo sono le acque limpide della sorgente e quelle altrettanto chiare e limpide che, distillate dal sole, ritornano alla sorgente celeste da cui hanno origine; ciò che non vedo è che, quelle acque, anche se putride e fetide, tanto che in certi casi le loro impurità possono uccidere, sono in realtà fonte di vita per tutte quelle esistenze biologiche che sanno attingere alla loro essenza vitale.<br />Quel tratto di fiume è una metafora del mondo. Un mondo pieno di contrasti, dove ci si accorge soprattutto di calamità naturali, conflitti, guerre, distruzioni e stermini, stupri e ingiustizie di ogni genere, malattie, ostentazioni di ricchezze, cui fanno da contrappeso popolazioni affamate. Ciò che non riusciamo a vedere è l’indistruttibile essenza che è nelle cose, essenza presente sin dalla loro origine e che. forse, si ritrova inalterata alla loro fine.<br />Io mi sono messo alla ricerca di questa essenza. Non sono certamente il primo, né sarò l’ultimo a cercare la verità nascosta e quando tutto è cominciato, giocando con i numeri opposti, neppure sapevo di farlo. Non posso dare alcuna certezza di ciò che credo di aver visto; infatti, chiunque inizi questo percorso può solo osservare dei contorni confusi, avvolti in una nuvola di nebbia che consente di vedere solo delle ombre. Non potrà mai avere la certezza assoluta di ciò che sta osservando ma potrà farsi delle profonde convinzioni e queste convinzioni possono anche essere condivise.<br /><br />Il NULLA NON ESISTE<br />Ho osservato i numeri e potevo vedere che la meccanica dei loro rapporti era possibile unicamente considerando la presenza di esistenze di carattere opposto ciascuna delle quali era giustificazione della controparte. La possibilità +1 esiste insieme alla possibilità -1 e le due entità rappresentano due metà che, sommandosi, possono ricomporsi nell’unità coincidente, in questo caso, con lo zero.<br />Anche le particelle elementari materiali del mondo fisico sono costituite da entità ciascuna delle quali ha la sua controparte esattamente eguale ma opposta: all’elettrone corrisponde l’antielettrone, ai quark i relativi antiquark, al neutrino l’antineutrino. A parte quest’ultimo, tutte le altre sono dotate di carica elettrica ma se una particella ha carica negativa l’antiparticella avrà carica positiva e viceversa. Anche in questo caso il sistema particella antiparticella costituisce l’insieme di due metà che unificandosi nell’unità dovrebbe dare come risultato il nulla.<br />Anche l’energia si presenta sotto l’aspetto di entità opposte: onde o pacchetti che si manifestano con picchi e ventri come se si trattasse di un’unica particella che si commuta continuamente in positivo e negativo ad ogni passaggio. Se la frequenza di questi passaggi fosse infinitamente vicina i picchi e i ventri dovrebbero coincidere e annullarsi a vicenda, producendo ancora una volta il nulla. <br />Ma il nulla non esiste nel mondo fisico.<br />La materia cambia di stato e condizione ma non si distrugge: quando incontrando i suoi contrari si annichila, si trasforma in energia e quando l’energia raggiunge una frequenza critica, al punto che il picco quasi coincide con il ventre, collassa in forma di materia. Sia in un caso che nell’altro questo passaggio avviene secondo la formula, ormai universalmente nota di Einstein: E = mc² . Materia ed energia sono quindi in continuo movimento, danno origine ad una infinità di strutture e ne creano continuamente di nuove ma non si distruggono. <br /><br />UNA ESSENZA INDISTRUTTIBILE<br />Per dirla con Plotino: il movimento è aspirazione:<br />- aspirazione a convergere verso il centro da cui tutto si muove per ritrovare la quiete,<br />- aspirazione ad espandersi, creando uno spazio di irradiazione dove la quiete si ritrova in strutture più o meno stabili.<br />Plotino sostiene ancora che nel punto in cui tutto ha origine non c’è ne movimento né quiete ma solo potenza di movimento e quiete. <br />Per Plotino l’Uno irradia la sovrabbondanza d’essere di cui è portatore senza uscire da sé ma producendo in sé.<br />Un fisico moderno penserebbe ad una fluttuazione determinata da una differenza di potenziale capace di mettere in moto il tutto, ma una fluttuazione è pur sempre un evento, non il primo evento, mentre la potenza di movimento e quiete di Plotino è qualcosa capace di originare gli eventi. <br />E lo zero? può lo zero essere potenza di numeri, capace di originare a sua volte tutti i numeri e le strutture matematiche che conosciamo come quelle ancora da scoprire?<br />J.D. Barrow, docente di scienze matematiche all’università di Cambridge, utilizzando la teoria degli insiemi e un procedimento logico del matematico inglese John Conway, dimostra che “ … tutta la matematica nota,da zero all’infinito, … può essere creata a partire da quella apparente nullità dell’insieme vuoto, Ø. (Da zero a infinito, Mondatori 2001, p.174)<br />Ecco dunque che anche nello zero, così come nel nulla, c’è una essenza indistruttibile capace di produrre in sé senza uscire da sé, c’è la potenzialità di produrre scale numeriche contrapposte da cui partire per costruire tutte le possibili infinite strutture della matematica.<br /><br />GLI OPPOSTI E LA COMUNICAZIONE<br />Questo è un aspetto fondamentale del pensiero che cerco di sviluppare.<br />Il dualismo che riscontriamo nell’universo fisico e che determina tutte le sue strutture, il dualismo che riduce la matematica alla contrapposizione di più e meno e nonostante ciò fa di essa un linguaggio in grado di descrivere le leggi dell’universo, questo dualismo, è anche a fondamento di ogni forma di comunicazione, compreso il linguaggio umano: un linguaggio che si è affermato per esprimere accettazione e rifiuto, gradimento e disgusto, si e no, vero o falso, che in seguito ha aggiunto interrogativi fondamentali per il suo sviluppo: come e perché le cose accadono, come potrebbero essere, cosa fare perché siano come le immaginiamo o vorremmo che fossero.<br />Gli opposti, cosi come gli identici, comunicano informazioni. Le forze che tengono insieme la materia e che agiscono nell’universo sono in realtà una forma di comunicazione in grado di trasportare informazioni e anche il linguaggio umano è un aspetto di questa comunicazione.<br />Prendiamo la forza elettromagnetica. Se noi guardiamo qualsiasi oggetto solo la centomillesima parte, per quanto ne sappiamo oggi, è veramente materia il resto è costituito dalla forza del campo elettromagnetico che tiene insieme gli atomi e le molecole. Gli atomi sono composti da un nucleo di protoni, con carica positiva, e da una nuvola di elettroni, con carica negativa, in orbita attorno al nucleo. La loro stabilità è dovuta a un sistema di comunicazioni basato sullo scambio di fotoni che consente agli elettroni di orbitare attorno al nucleo sapendo in qualsiasi momento cosa possono fare, come scambiarsi di posto, quale orbita assumere.<br />Un’altra forza: l’interazione nucleare, tiene unito il nucleo che tenderebbe ad esplodere perché costituito da particelle positive e neutre. Infatti stanno insieme perché una particella di scambio, il pione, comunica loro il momento preciso in cui scambiarsi la carica elettrica, trasformandosi, continuamente, l’uno nell’altro e viceversa.<br />I barioni (protoni e neutroni) non si disintegrano perché un’altra particella di scambio, il gluone, porta con sé l’informazione necessaria per non farlo e altre particelle, chiamate bosoni di gauge deboli hanno la chiave per mediare la trasformazione di una particella in un'altra o per consentire i processi nucleari che fanno splendere le stelle.<br />Anche la gravità è comunicata da una particella di scambio, il gravitone che fa riconoscere ad una massa la presenza di un’altra.<br />La materia parla dunque diverse lingue e gli scienziati sono propensi a credere che un tempo lontano, all’origine dell’universo, ci fosse un unico linguaggio.<br />Tutti questi linguaggi hanno un unico scopo realizzare l’obiettivo dell’unità e poiché l’unità in assoluto è impossibile, realizzare almeno una struttura stabile che consenta di stare insieme il più a lungo possibile. <br />Anche gli atomi, le molecole e le cellule comunicano tra loro, scambiandosi messaggi chimici o elettrici.<br />Prendiamo ad esempio l’atomo di ossigeno che ha un nucleo di otto protoni e quindi otto elettroni di cui due nello strato interno e sei nello strato esterno. Lo strato esterno potrebbe contenerne otto e l’atomo di ossigeno sarebbe soddisfatto se potesse riempirlo. L’ossigeno comunica in giro la sua insoddisfazione cercando un compagno che senta la sua stessa esigenza. Può trovarlo in una coppia di atomi di idrogeno la cui insoddisfazione deriva dal fatto che ciascuno di loro ha un protone e quindi un solo elettrone nell’unico strato che posseggono il quale però può contenerne due. Mettendosi insieme la coppia di atomi di idrogeno e l’atomo di ossigeno realizzano entrambi l’obiettivo di riempire i loro strati esterni, legandosi così fortemente insieme, in modo stabile, a formare una molecola d’acqua. L’equilibrio protoni/ elettroni rimane sempre lo stesso ma la molecola d’acqua che si forma ha gli elettroni un po’ spostati verso l’atomo di ossigeno che esercita, a causa del suo peso atomico, un’attrazione maggiore. L’ossigeno diventa così leggermente negativo mentre l’idrogeno si trova ad essere leggermente positivo. Una molecola d’acqua tende perciò ad unirsi ad altre molecole della stessa specie, legando gli atomi di idrogeno leggermente positivi agli atomi di ossigeno leggermente negativi. Legami come questi costruiscono anche le molecole organiche e biologiche. I legami ad idrogeno sono fragili e si prestano a possibili ulteriori, diversi legami e relazioni. La materia cerca la perfezione, non la trova, e comunica in giro la sua insoddisfazione. L’evoluzione è tutta in questo concetto.<br />Gli esseri viventi hanno un linguaggio più sofisticato, hanno un sistema di percezioni più evoluto e a certi livelli provano sentimenti ma anche tutto questo si basa su un sistema di comunicazioni fondato sullo scambio di messaggi chimici ed impulsi elettrici.<br />Nell’uomo la comunicazione attraversa tutti questi stadi ma realizza una nuova conquista la parola e con essa prende forma il linguaggio parlato e scritto. Nato per esprimere opposte sensazioni, per affermare o negare, per distinguere vero o falso, si evolve nella funzione descrittiva prima, argomentativa poi, consentendo l’emergere di una coscienza evoluta. Ma non dobbiamo illuderci di rappresentare stabilmente la fase più avanzata dell’evoluzione biologica perché, nel corso di centinaia di milioni di anni si è visto che alcune specie si sono evolute fino a dominare la terra per poi regredire e scomparire, lasciando ad altre creature il compito di proseguire il cammino della vita. Oggi immaginiamo che la vita non sia confinata solo sulla terra e che possano esistere (o addirittura che noi stessi possiamo costruire) coscienze evolute anche non umane. I robot ricevono e interpretano impulsi elettrici come la mente umana. L’impulso nervoso infatti è un impulso elettrico e viene interpretato dalla mente non in base alla sua ampiezza o intensità ma in base alla sua frequenza, riconoscendo solo due stati: livello 1, sopra il livello di soglia (presenza di segnale), livello 0, sotto il livello di soglia, ( assenza di segnale). A loro volta, i microchips che costituiscono la mente dei robot, riconoscono solo due stati: on (presenza di segnale), off (assenza di segnale); non conta l’ampiezza o l’intensità dell’impulso; anche in questo caso conta invece la sua frequenza.<br />Si presenta ancora una volta l’intrigante presenza di opposizioni binarie.<br /><br />INFORMAZIONE E COSCIENZA<br />Se gli opposti si scambiano informazioni e se queste informazioni possono tradursi in esperienze e formare coscienza allora "può persino accadere che teoria fisica e teoria della coscienza possano essere alla fine unificate in un’unica grande teoria dell’informazione …. possiamo forzare la situazione e avanzare l’ipotesi che tutte le informazioni producano esperienze….. se l’esperienza è davvero fondamentale, dobbiamo aspettarci che sia largamente diffusa" (D.J. Chalmers - Arizona University – in The puzzle of conscious experience – Ed. Sp. Scientific American, agosto 2002) <br />La vita biologica infatti è solo una delle possibili vite. Anche quella che noi consideriamo materia inerte, a suo modo, vive: infatti è in perenne movimento. Non si riproduce ma non ne ha bisogno: non è destinata a morire e può sempre riciclarsi combinandosi in nuove strutture o cambiando di stato. Non è neppure certo che non possa riprodursi (Hawking ha scritto un libro "buchi neri e universi neonati" – Rizzoli 1996.) In fondo possiamo considerare morte della materia la sua trasformazione in energia e l’energia il seme da cui la materia può rinascere. Possono esserci esperienze semplici ed esperienze complesse ma ogni esperienza implica una forma di coscienza.<br /><br />ESISTE UNA INFORMAZIONE FONDAMENTALE?<br />Queste informazioni possono essere assorbite e organizzate da coscienze evolute capaci di leggere e comprendere per quanto possibile l’universo. Ma esiste un’informazione fondamentale in grado di spiegare il mistero dell’esistenza? <br />Se c’è una informazione fondamentale in che cosa consiste? Da dove viene? Dove dobbiamo cercarla? <br />Da quanto abbiamo detto sin qui si deduce che ogni ente esistente, ogni forma fondamentale della materia, nella incessante ricerca dell’unità, deve affrontare il dilemma dell’essere o non essere. Il "non essere" dovrebbe realizzarsi con l’annientamento nell’unità dei contrari, ma questo tentativo è destinato all’insuccesso perché, in tal modo, si producono solo modificazioni di stato. "L’essere" al contrario dovrebbe affermarsi in una singolarità impossibile perché ogni ente ha la sua metà in una controparte. L’impossibile aspirazione all’unità dei contrari e la vana ricerca di una irrealizzabile singolarità possono essere vinte cercando di creare, con una fitta rete di rapporti di coesistenza, strutture "unitarie" più o meno stabili ma capaci di evolversi, in cui identici e contrari si sentano accolti senza subire la tentazione di annientarsi o respingersi. Tra l’essere e il non essere c’è dunque un sistema di relazioni che caratterizza e distingue "l’esistere".<br />In riferimento a noi, esseri umani: come possiamo chiamare questa inestinguibile aspirazione ad essere accolti e ad accogliere che costituisce la ragione di fondo di ogni esistenza sia fisica che biologica? Noi la chiameremmo desiderio di amare e di essere amati. Se è così abbiamo scoperto che l’amore è la forza che tiene insieme l’universo.<br />In ogni espressione matematica non ci sono solo numeri e segni, ci sono anche regole. Le regole non si inventano si scoprono, non possono essere modificate e non si dissolvono nello zero. Parimenti nel mondo fisico non ci sono solo eventi ma anche qualcosa di immateriale come le leggi naturali che non si dissolvono se cessano gli eventi. Le regole matematiche definiscono limiti e possibilità, consentendo una certa indeterminatezza specie quando entrano in gioco i numeri irrazionali e così fanno le leggi naturali, consentendo una certa libertà di organizzazione quando a dettare le regole è la meccanica quantistica. Proprio questa libertà è all’origine di risposte duali da cui muovono gli opposti alla base del movimento e del divenire. Tutto questo implica un universo relativo ma l’informazione fondamentale porta con se un valore che non può avere un carattere relativo.<br />Un gioco ha una cornice di regole che consentono varie opzioni ma tiene fisso il risultato da conseguire. Ci sono leggi naturali che determinano l’evoluzione degli organismi biologici senza impedire una vasta libertà di strutture ma con un unico obbiettivo: vivere e riprodursi. Una società di persone ha regole di convivenza entro cui è possibile una ampia libertà di comportamenti ma non potrebbe sopravvivere senza valori condivisi. L’universo non fa differenza: ha le sue leggi pur non essendo del tutto determinato nelle sue strutture ma per esistere deve reggersi su un valore fondamentale.<br />Se l’universo ubbidisce a regole e leggi immateriali dobbiamo immaginare che ci sia un Intelletto cui leggi naturali e regole matematiche fanno riferimento, una Sapienza che non è conoscenza perché sa a priori, ma soprattutto dobbiamo pensare che abbia la sua giustificazione in un valore che è anche Forza Etica e Morale. Per esso ogni esistenza entra in un sistema di relazioni che rende inevitabile la coesistenza, sia che ci sia la disponibilità ad accogliere, sia che ci sia la tentazione di respingere. Ogni resistenza è possibile ed è all’origine della distinzione tra bene e male. <br />Nell’universo tutto è relativo tranne questo valore che quindi assume un valenza assoluta. Assoluto e trascendente deve perciò essere l’Ente che lo possiede; ma perché mai questo Ente dovrebbe sentire il bisogno di manifestarsi?<br /><br />MI MANIFESTO DUNQUE SONO<br />Il fatto è che gli enti sono ed esistono in quanto si manifestano e manifestandosi entrano in relazione e comunicano informazioni. La manifestazione è contestuale all’essere come all’esistere e in suo difetto Essere ed esistere non avrebbero alcun senso.<br />Parafrasando Cartesio possiamo dire: “mi manifesto dunque sono”.<br />Cartesio ha intuito l’esistenza di un pensiero della manifestazione che ne definisce la modalità, ma se il pensiero è un prodotto della coscienza allora esistono:<br />- pensieri semplici e coscienze semplici di enti primitivi, fondamentali o derivati,<br />- pensieri complessi e coscienze complesse di enti evoluti,<br />- un disegno eterno che scaturisce da una mente divina. <br />Dobbiamo chiederci: se c’è un Ente Supremo, trascendente, che sa cosa è il bene come spiegare un universo imperfetto in cui esiste di il male?<br />Il fatto è che manifestare un valore non significa imporlo e non si può apprezzare il bene se non si sa cosa sia il male.<br />La potenza capace di originare il movimento e la quiete, la forza capace di promuovere l’azione, mettendo in moto la dialettica dei contrari si può solo spiegare immaginando che si manifesti, non imponendo, ma proponendo un valore a delle coscienze responsabili che il bene lo devono riconoscere, cercare e volere. Il messaggio può essere accolto o respinto. <br />Si tratta di una potenza sempre eguale a se stessa, perciò assoluta, eterna, senza tempo. Tutto ciò che appartiene all’universo è invece relativo, temporaneo, finito e tuttavia, essendo conseguenza della manifestazione di un Essere atemporale, potrà avere origine e scopi ma l’universo, nel suo insieme, non può avere né inizio né fine.<br /><br />CONCLUSIONE<br />Può avere un senso tutto questo?<br />Riproponendo la metafora del fiume, possiamo credere che nelle cose ci sia, come nelle acque sudice del fiume, una essenza vitale, capace di riproporsi continuamente per consentire alle cose di rinnovarsi e alla vita di rinascere dopo la morte? <br />Se crediamo in questa essenza allora possiamo anche credere che nella natura agisca una forza etica che spinge ogni esistenza a superare insuccessi e fallimenti, a cercare, in un contesto di relazioni continue, traguardi sempre più avanzati, disponendosi ad accogliere e ad essere accolta. Per noi, esseri umani tutto questo significa che dobbiamo disporci ad amare. Questo valore consente all’universo di esistere, di evolversi, alla vita di rinnovarsi e proseguire il suo cammino verso un traguardo che forse, come l’acqua del fiume, finisce dove è cominciato per riproporsi in cicli senza fine. <br />Ivo Fava - 2007IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-87537001899297980262011-09-17T01:13:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.988-07:00UNA RADICALE RIFORMA DELLA RAPPRESENTANZA POLITICAUNA RADICALE RIFORMA DELLA RAPPRESENTANZA POLITICA<br />Ernesto Galli della Loggia (Corriere della Sera del 10 sett.) individua la causa strutturale dei mali che affliggono il nostro paese in un “immane blocco sociale conservatore” formato da professionisti: avvocati, giudici, notai, medici, farmacisti, ogni altro ordine, sindacalisti, evasori, pensionati privilegiati, centri sociali in grado di bloccare ogni opera pubblica indispensabile allo sviluppo, infiniti altri segmenti tutti in grado di impedire qualsiasi riforma. A questo elenco bisogna aggiungere finanzieri e faccendieri senza scrupoli, la cui ricchezza non ha alcun rapporto con la produzione e il lavoro; la criminalità organizzata, in grado di controllare determinati territori e la loro rappresentanza; le multinazionali, specie quelle dell'energia e della comunicazione. Tutti questi condividono lo stesso obiettivo: impedire qualsiasi cambiamento, conservare i propri privilegi e garantire la propria sopravvivenza. Galli della Loggia affida quindi alla politica il compito di “parlare con verità”. <br />Ora, parlare con verità è un impegno troppo gravoso per chiunque, immaginarsi per la politica. E’ possibile però a tutti parlare con onestà e responsabilità. Parlare tuttavia non basta, occorre anche agire allo stesso modo, ma possiamo veramente sperare in un intervento risolutivo della politica? Purtroppo le strutture politiche altro non sono che l’espressione di quel blocco sociale su cui dovrebbero intervenire e ne sono perciò condizionate. Se le cose stanno così il problema non è il blocco sociale ma il sistema di rappresentanza politica che lo consente e che prende il nome di rappresentanza democratica. Ormai le democrazie occidentali sono espressione di oligarchie originate da poteri forti che con il popolo hanno molto poco in comune. Possiamo dirlo senza timore di essere smentiti: la gente normale, quella che lavora per far crescere dei figli, dare un tetto e mantenere una famiglia, ha scarse possibilità di essere rappresentata. Allora il problema vero è una riforma che rivoluzioni il sistema della rappresentanza politica e dia voce a queste persone. Sono persone che per ora subiscono, manifestando solo il loro disagio per il lavoro che non c’è o per stipendi appena sufficienti ad affrontare le spese di trasporto per recarsi al lavoro e poco più. Impossibile, per i giovani, ogni sogno di indipendenza dalla famiglia paterna. Le imprese possono ridurre i costi ed aumentare i loro guadagni con il trasferimento della produzione nei paesi emergenti, ma cosi facendo contribuiscono a comprimere ulteriormente gli stipendi e favoriscono la crescita della disoccupazione. Alla fine la gente si chiederà cosa deve farsene di una democrazia come questa e si renderà disponibile per pericolose avventure. La rivoluzione araba nasce in una popolazione di sudditi abituati a subire da secoli, una rivoluzione in occidente coinvolgerebbe cittadini abituati alla società del benessere. Quello che potrebbe accadere lo lascio immaginare a chi ha la fantasia per farlo. Come ho già sostenuto in un precedente articolo non c’è nessun sistema elettorale che possa impedire ai poteri forti, corrispondenti al blocco sociale di cui parla Galli della Loggia, di determinare la scelta e, in definitiva, di controllare la rappresentanza politica. Il problema esiste dai tempi arcaici laddove organizzazioni, non templari, di cittadini amministravano gli affari delle, allora, nuove e differenziate concentrazioni urbane. Il sistema generalmente adottato specie nell’antica Grecia, perfezionato ai tempi di Clistene, aveva come fondamento il principio di eguaglianza. Si realizzava con la rotazione annuale degli incarichi, la partecipazione di tutti i cittadini nella assemblea legislativa (ecclesia), l’estrazione a sorte dei componenti le assemblee rappresentative (demi) e dei magistrati incaricati del governo cittadino. Solo gli strateghi (creati dalla riforma di Clistene) venivano eletti: avevano il comando dell’esercito in tempo di guerra, prima affidato all’arconte polemarco. Non si occupavano di questioni civili o di problemi sociali: i greci sapevano che, quando ne avevano l’occasione, gli uomini, o almeno alcuni tra loro, facevano prevalere il loro tornaconto sull’interesse generale. Se solo avevano il sospetto che potessero farlo l’assemblea aveva il potere di esiliarli. In Italia, per esempio, ci sono rappresentanti del popolo che perdono la maggior parte del loro tempo a contare i propri soldi. Il caso Italia è unico tra le democrazie occidentali perché quelli che si definiscono rappresentanti popolari in realtà usurpano il nome che si attribuiscono. Di fatto sono dei nominati e rappresentano solamente chi ha il potere di nominarli.<br />Certo il sistema greco non è applicabile in Italia. Atene contava su decine di migliaia di cittadini e l’Italia conta su decine di milioni. Tuttavia anche Atene, al tempo di Clistene, pur conservando l’ecclesia, sentì il bisogno di avere un organo rappresentativo composto da 5oo elementi (50 per ciascuna delle 10 tribù), ma non rinunciò al sistema di estrazione a sorte, né a quello della rotazione, per lo più annuale, degli incarichi. Infatti l’estrazione a sorte consente una rappresentazione della popolazione più realistica ed efficace di una rappresentanza elettiva anche se, in questo modo si realizza solo su un campione della popolazione. Se cosi fosse, oggi, le assemblee legislative sarebbero caratterizzate dalla presenza di persone normali. Avvocati, giudici, altri esperti o professionisti che oggi, se eletti, continuano a svolgere la loro professione e fanno, prevalentemente solo ciò che a loro conviene, potrebbero, se necessario, essere relegati al rango di consulenti. Invece di una partecipazione universale nelle assemblee legislative nazionali e regionali avremmo una rappresentanza per campione ma pur sempre del tutto coerente con la realtà. I componenti l’assemblea legislativa potrebbero essere estratti a sorte tra i residenti nella circoscrizione elettorale di appartenenza. Si potrà stabilire dei limiti minimi e massimi di età, escludere chi ha problemi con la giustizia, chi non ha adempiuto all’obbligo scolastico, chi non è nelle condizioni di salute fisica o mentale per svolgere la funzione ma per il resto chiunque è in grado di dare un parere su problemi di ordine amministrativo o su questioni di carattere civile o sociale con più equità e ponderazione di quanto non si faccia oggi (si consideri che non c'è più, come un tempo, una classe dirigente colta e un popolo analfabeta). L’assemblea potrebbe essere rinnovata per un terzo ogni due anni escludendo coloro che hanno già ricoperto l’incarico. Il capo del governo potrebbe essere scelto nella società civile per un incarico a tempo non rinnovabile. A lui potrebbe essere affidato il compito di proporre la compagine governativa. L’assemblea avrebbe il potere di approvare la scelta dei ministri o di rimuoverli (tutti o in parte), come pure quella di eleggere e sfiduciare il capo del governo. Servirà una magistratura indipendente e un organo di garanzia costituzionale ma in entrambi i casi i giudizi devono essere emessi sentita una giuria popolare individuata con un sistema di sorteggio simile a quello già in vigore nei nostri tribunali.<br />Le Democrazie devono cambiare per sopravvivere. Cosi come sono oggi sono destinate ad essere dominate da potenti oligarchie finanziarie; da società multinazionali non controllabili perché presenti con diramazioni in molti altri paesi; da multinazionali del crimine organizzato, in grado di inquinare tutti i settori della politica, della giustizia, dell’economia (dal credito, all’industria, al commercio); anche da blocchi sociali, interni al paese stesso, come quelli descritti da Galli della Loggia. In ogni caso finiranno per rappresentare interessi molto distanti dai problemi della gente comune e non potranno garantire né un ordinato sviluppo della sociètà civile, né la pace sociale. . <br />Ivo Fava, li 17. 09. 2011IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-38516320533995744562011-08-11T07:58:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.968-07:00VUOTO - SPAZIO - TEMPOVUOTO – SPAZIO – TEMPO
<br />
<br />Secondo la nostra comune esperienza lo spazio può essere vuoto e il vuoto può essere occupato da cose ma non in modo illimitato. Infatti lo spazio può essere pieno e dove c’è una cosa non si può metterne un’altra. Non abbiamo alcuna esperienza di un vuoto senza spazio perché il primo esiste solo in relazione al secondo. Un vuoto senza spazio può solo essere il nulla e dove c’è il nulla, nulla può succedere. Nello spazio dove c’è la presenza di cose e dove le cose sono in relazione tra loro, può invece succedere di tutto e se le cose succedono è possibile rilevare la presenza del tempo. Tuttavia l’astrofisica ci dice che esiste uno spazio cosmico indeterminato che può dilatarsi e restringersi ed un vuoto cosmico che segue lo stesso destino. In corrispondenza di queste regioni dello spazio anche il tempo può dilatarsi o restringersi. Il vuoto cosmico però non è lo stesso di cui abbiamo esperienza nel nostro mondo, ma un vuoto pieno di potenziale energetico con improvvise fluttuazioni in grado di creare e distruggere, continuamente, in un intervallo temporale di circa 10ˉ23 sec., copie effimere di particelle virtuali che possono talvolta materializzarsi. Qualcuno ipotizza che particelle di questa natura potrebbero, occasionalmente, essere tanto energetiche da determinare nuovi universi. Se lo spazio e il tempo possono dilatarsi e restringersi deve esserci una forza esistente a priori in grado di originarli e di condizionare la loro esistenza. Questa forza non può che trovarsi in un vuoto senza spazio e senza tempo: un vuoto che non è propriamente un vuoto ma un inesauribile potenziale di energia dove tutto ciò che è esistito in passato, che esiste oggi e che esisterà in futuro potrebbe essere presente in modo virtuale.
<br />Ivo Fava – 11/08/2011
<br />IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-44524519534731553752011-07-08T07:30:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.970-07:00Debito pubblico e dilatazione dello statoDEBITO PUBBLICO E DILATAZIONE DELLO STATO<br />Secondo Piero Ostellino (Corriere della Sera del 7 luglio) spesa pubblica e pressione fiscale elevata dipendono dall’art. 3 della costituzione che recita: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” Questo obbiettivo si può realizzare, secondo Ostellino, o con la forza, come avveniva nelle repubbliche sovietiche a scapito delle libertà individuali, o con un eccesso di spesa pubblica e una mortificante pressione fiscale come avviene in molte democrazie liberali. L’eguaglianza, peraltro, sarebbe comunque irraggiungibile perché gli uomini continuano ad essere diversi per capacità merito, fortuna. Solo questa frase presenta un barlume di verità, tutto il resto è indegno di una persona colta e intelligente come ritengo sia P. Ostellino. Gli uomini sono senz’altro diversi per capacità, merito, fortuna ma tutti hanno diritto di giocarsi le loro qualità in condizioni di pari dignità. Entrando nel merito della questione sembra piuttosto imbarazzante sostenere che il gigantesco debito italiano sia dovuto al tentativo di rendere eguali gli italiani: del resto neppure la Costituzione lo pretende (e una diversa lettura non le rende giustizia). È invece il prezzo di atteggiamenti tolleranti della politica verso comportamenti anche illeciti che favoriscono classi privilegiate della popolazione, ma anche di sprechi, ruberie, corruzioni, regalie, privilegi, distorsioni di fondi pubblici per interessi privati, rendite di posizione, creazione di strutture inutili per fini clientelari e di potere ed altre cose di questa natura. Sfido chiunque a dimostrare che le disuguaglianze economiche, come pure quelle politiche e sociali, siano diminuite negli ultimi quarant’anni in cui il debito pubblico si è formato.<br />Ivo Fava <br />Giovedì 7 luglio 1911IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-71007269546847894832011-06-26T07:35:00.001-07:002012-05-01T09:36:10.980-07:00QUALI RIFORME ?QUALI RIFORME ?<br /><br />Il Presidente della Repubblica, opportunamente, invita il governo a perseguire il pareggio di bilancio e a ridurre il peso del debito pubblico sulle finanze del paese. Si può giurare che tutte le forze politiche rappresentate in parlamento e i loro portavoce si dichiareranno d’accordo ma si guarderanno bene dall’indicare in quale direzione guardare per recuperare le risorse necessarie.<br />Le sinistre diranno che occorre colpire di più le rendite finanziarie e meno i redditi di lavoro e le destre proporranno di aumentare le imposte indirette per diminuire quelle dirette,cosi i poveri pagheranno in vitto e spese di prima necessità quello che gli altri recupereranno ulteriormente in benefit e rendite parassitarie. Qualcuno suggerirà, ma sulla loro sincerità non è opportuno scommettere, che occorre eliminare le provincie o promuovere il federalismo fiscale con un senato delle regioni in sostituzione di quello attuale, altri ancora avanzeranno la proposta di ridurre il numero dei parlamentari. Ma tutte queste proposte, sganciate da un contesto generale, servono solo ad alimentare una sterile polemica politica, destinata a produrre più guai che a influire sulla soluzione del problema. Altri chiedono una riforma del diritto tributario il cui scopo dovrebbe essere, non quello di ridurre le spese, ma di destinare nuove risorse alla spesa dei vari ministeri, vagamente definita “per lo sviluppo e la crescita”. Nella condizione in cui siamo questo significherebbe creare ulteriore debito pubblico, sfondare i limiti di bilancio con deficit vicini a quelli greci o irlandesi e destinare tutte le risorse finanziarie reperibili con la fiscalità al pagamento degli interessi sul debito che già oggi raggiungono la spaventosa cifra di circa 80 miliardi di euro. In realtà una riforma del diritto tributario si impone ma indicando prima dove reperire le risorse e solo in un secondo momento come distribuirle. Si potrebbe tassare maggiormente chi accumula ricchezza e spende in beni di lusso premiando invece chi investe creando ricchezza e lavoro, sfoltire la giungla delle esenzioni e agevolazioni favorendo soltanto le famiglie e il lavoro, modificare il prelievo fiscale cambiando il rapporto tra rendita finanziaria e reddito di lavoro a vantaggio di quest’ultimo. L’Europa ci impone una manovra di 40/45 miliardi in quattro anni e questo dovrebbe significare sacrifici per tutti ma a pagare di più saranno, come al solito, i più deboli. Per avere un minimo di credibilità e far passare misure impopolari la classe politica dovrebbe dare qualche segno di responsabilità e partecipazione cominciando a eliminare i propri privilegi, i propri vitalizi, ridurre i propri stipendi che non temono confronti in Europa e nel mondo, contenere i rimborsi elettorali ai partiti non oltre le spese effettivamente sostenute, chiedere l’eliminazione delle pensioni multiple milionarie pagate da una previdenza pubblica con i soldi accumulati in un modo o in un altro grazie al sudore di tanti lavoratori che, pur avendo lavorato una vita, non riescono ad avere una pensione decente. Queste misure potrebbero da sole garantire le risorse necessarie nell’immediato per contenere il deficit e poterebbero favorire in qualche misura i consumi e la crescita. Ma l’Italia ha bisogno d’altro. <br />Ha bisogno di riforme strutturali in grado di garantire, se non subito almeno in un prossimo futuro, una sostanziale riduzione della spesa e ai nostri figli e nipoti la speranza di un dignitoso avvenire, ha bisogno di dare rilevanza costituzionale ad argomenti che i padri costituenti hanno eluso, ma che sono fondamentali per il regolare funzionamento degli organismi di rappresentanza democratica. Si tratta di argomenti che un parlamento come il nostro non è purtroppo in grado di affrontare. Infatti è formato da persone nominate, senza alcuna legittimazione popolare, dai rispettivi capi partito; molto spesso rappresentano specifici interessi, talvolta sono indagate per reati di varia natura, a volte sono coinvolte in funzioni che non sarebbero di loro competenza, altre ancora con incarichi multipli in conflitto di poteri o interessi. Sarebbe necessaria una assemblea costituente eletta direttamente su collegi uninominali e candidature libere che escludano i parlamentari in carica. Per questo motivo è semplicemente indispensabile e prioritario modificare la legge elettorale ritornando a un rapporto più diretto tra eletti ed elettori.<br />In merito alle riforme strutturali ricordiamo la necessità di una riorganizzazione e razionalizzazione dei servizi pubblici con l’eliminazione degli enti inutili, la semplificazione della struttura degli enti territoriali con l’eliminazione delle provincie e delle prefetture, il completamento del federalismo, compreso quello fiscale, accompagnato però da rigorose leggi di bilancio tali da coinvolgere la responsabilità personale degli amministratori.<br />La nostra costituzione è nata in un momento in cui alcune forze politiche erano lontane dal manifestare entusiasmo verso le democrazie liberali cresciute in occidente: guardavano altrove, a sistemi politici che certo non si ispiravano a Lock, Montesquieu o Tocqueville. C’erano però componenti che avrebbero voluto farlo. Ne risultò un ordinamento statale che prevede una divisione dei poteri tra esecutivo, legislativo e giurisdizionale ma tale divisione resta su un piano formale: “divide” ma non “separa” consentendo all’esecutivo di interferire con il legislativo, il legislativo con l’esecutivo e ai giudici di muoversi, con disinvoltura, tra le istituzioni fino al punto di consentire a ciascun potere devastanti incursioni in campi non specificatamente suoi. Si riporta solo l’ultimo episodio: il presidente del consiglio, per ricostruire la sua maggioranza traballante, ha offerto un consistente numero di nuovi posti di governo, appositamente creati, a deputati dell’opposizione che hanno risposto all’appello cambiando opinioni e bandiera. Se questi deputati fossero stati costretti a dimettersi per assumere l’incarico di governo lo scopo non sarebbe stato raggiunto e, probabilmente, nessun deputato avrebbe risposto al richiamo. <br />La magistratura deve difendere la sua autonomia ma non deve insidiare quella dell’esecutivo o del legislativo assumendo connotati che non le appartengono come la connotazione politica di alcune sue componenti: una connotazione non casuale ma indotta anche dal sistema elettorale adottato per l’elezione del C. S. M. che obbliga i magistrati a schierarsi in liste contrapposte con finalità politiche.<br />È inoltre necessario prendere in considerazione i conflitti di interesse pubblico/privato e di potere tra chi ricopre più incarichi pubblici contemporaneamente. A tale riguardo chi svolge un ruolo pubblico rilevante di legislatore o di governo, sia locale che nazionale, dovrebbe cessare la propria attività professionale quando questa sia nella condizione di trarre vantaggio da quel ruolo. Per gli stessi motivi chi svolge una attività di governo, sia locale che nazionale, o di amministratore in enti pubblici non dovrebbe contemporaneamente assumere il ruolo di legislatore. Chi è indagato per reati comuni dovrebbe dimettersi dall’incarico pubblico ricoperto e chi subisce una condanna per gli stessi motivi dovrebbe perdere il diritto all’elettorato passivo.<br />C’è infine chi accoglie con entusiasmo la proposta di ridurre a 300 il numero dei parlamentari. Questo entusiasmo non è condivisibile. Sarebbe la fine di ogni possibile rapporto diretto tra eletto ed elettore; la scelta definitiva per una democrazia elitaria. L’elettorato passivo sarebbe acquisito<br />non in virtù di un diritto appartenente ad ogni cittadino ed esercitato con un mandato popolare ma per successione ereditaria, in forza di disponibilità economiche e forse anche di complicità criminali. Sarebbe invece opportuno eleggere i nostri rappresentanti in collegi uninominali comprendenti non più di 40/120 mila elettori, in rapporto alle caratteristiche demografiche del territorio, in modo che ogni cittadino possa avere conoscenza diretta e possibilità di controllo del suo rappresentante. Con il collegio uninominale si eviterebbero i problemi conseguenti al voto di preferenza e si eliminerebbe quella evidente schifezza della lista bloccata.<br />Si può parlare d’altro: di repubblica presidenziale all’americana o alla francese, di cancellierato alla tedesca o di altro ancora. Anche se credo nella funzione sociale della ricchezza, comunque conseguita, si potrà parlare di economia più o meno libera o più o meno guidata ma quelle qui suggerite sono riforme non eludibili se vogliamo essere un paese presentabile. <br />Ivo Fava li, 25/06/2011IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-19887146636494255562011-04-13T12:14:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.959-07:00RIVOLUZIONE ARABARIVOLUZIONE ARABA<br /><br />In questi giorni assistiamo ad avvenimenti che suscitano, nei governanti europei, apprensione ma anche scomposte reazioni prive di prospettive sia storiche che culturali. Si riproducono situazioni già sperimentate in passato, condannate dalla storia e chiaramente repressive delle culture esistenti.<br />L’Europa opulenta, forse ancora per poco, si chiude a riccio rispetto a movimenti migratori che coinvolgono interi continenti, in particolare quello africano: un continente che ha conosciuto il giogo coloniale dell’ Europa e che tutt’ora, in parte, lo subisce, sia pure in forme più moderne e sofisticate ma non meno minacciose e distruttive. Regimi sanguinari, autoritari e violenti, hanno potuto reggersi grazie all’atteggiamento interessato e protettivo di governi occidentali che hanno continuato a sfruttare enormi ricchezze in cambio di armi, tecnologie militari e denaro. Le reazioni popolari di questi giorni, nei paesi arabi, determinano, nei nostri governi, improvvisi protagonismi, con ripensamenti e sconvolgenti cambiamenti di rotta a seconda della piega presa dagli avvenimenti. L’impressione che se ne ricava e quella di un’Europa priva di qualsiasi valore e guidata da una élite politica senza talento, arrogante e stupida, il cui unico intento sembra essere quello di trarre vantaggio dalle disgrazie altrui, anche a danno, anzi direi soprattutto, degli alleati in difficoltà.<br />Possibile non vedere che nel mondo arabo, a noi vicino, ci sono fermenti culturali di una tale natura che possono avere un impatto rivoluzionario anche nel nostro continente e che potrebbero obbligarci a riconsiderare le strutture portanti su cui fondiamo i nostri rapporti politici e le nostre relazioni sociali. Questi popoli scoprono il valore della libertà politica ed economica ma hanno, più di noi, il senso della comunità e della solidarietà. Reagiscono contro i loro satrapi ma anche contro lo strapotere delle multinazionali nostrane che hanno finanziato guerre e stermini, provocato distruzioni e che, con il loro egoismo, la loro arroganza, la loro avidità, minacciano la sicurezza di tutti e quella del mondo intero. Possono aver bisogno di un aiuto ma noi non possiamo illuderci, aiutandoli, di poter continuare a condizionare la cultura, l'economia e la storia di queste popolazioni che con noi hanno condiviso, aiutandoci a conservarla, la civiltà greca e romana. Sostenere le rivendicazioni popolari con la diplomazia e talvolta anche con le armi di fronte allo strapotere militare di qualche dittatore può essere necessario purché non sia visto come un tentativo di precostituire posizioni di privilegio in funzione di vantaggi futuri. Se cosi fosse verrebbe confermata la mentalità coloniale dei governanti europei. Serve invece una reale apertura, una convincente dimostrazione di solidarietà umana verso chi fugge di fronte alla guerra, alla violenza, alla fame, alle distruzioni; serve aiutare chi rimane a ricostruire il loro futuro, ad avere fiducia in una nuova stagione di rinascita e di speranza; servono forme di collaborazione e di integrazione politica ed economica. Questa è la strada da seguire ma l’Europa deve prima sapere cosa fare di sè stessa. Sommessamente ricordo che l’integrazione europea è cominciata con dei padri fondatori animati da valori cristiani e domando: “di quali valori sono portatori i governanti di oggi”?<br /><br />Ivo Fava - 13/04/2011IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-22020198193832962142011-04-07T07:29:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.962-07:00IO CREDOIO CREDO (dichiarazione di fede in 7 punti<br /><br /><br /><br /><br />1) Credo in un Dio senza tempo, eterno ed immutabile, e in un universo, originato dall’indistruttibile energia della Manifestazione Divina<br /><br />2) Credo che la Manifestazione Divina avvenga proponendosi come Valore, nella forma di principio etico.<br /><br />3) Credo in un universo senza inizio e senza fine, che risponde alla Manifestazione Divina con sequenze temporali e locali mutevoli, emergenti da un indistinto substrato atemporale e non locale.<br /><br />4) Credo in risposte libere di muoversi tra accoglienza e rifiuto, algoritmi formati da si e no che a seconda delle loro sequenze costruiscono strutture in grado di correggersi e perfezionarsi.<br /><br />5) Credo nel Principio etico come motore del processo evolutivo, tensione verso il futuro e giustificazione di ogni esistenza temporale e locale.<br /><br />6) Credo che ogni sequenza temporale, si evolva e si realizzi nella misura in cui tende a identificarsi con il Valore insito nella Manifestazione Divina.<br /><br />7) Credo che tra gli umani, strutture biologiche complesse, con elevati livelli di coscienza, il valore della Manifestazione Divina assuma le caratteristiche di un sentimento come l’amore per il prossimo e per la natura e che nel principio etico si debbano cercare i criteri di base per le relazioni sociali e per i rapporti con l’ambiente. <br /> <br />IVO FAVA, li 02/03/2011IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-87970589296680442912011-03-25T08:48:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.990-07:00La democrazia è una virtùLA DEMOCRAZIA È UNA VIRTÙ<br />L’articolo “La democrazia è una opinione” che Angelo Panebianco ha scritto per il settimanale “La 7”, in edicola giovedì 24 marzo, sembra una risposta al mio “Democrazia oggi” con cui mi sono inserito nel suo blog.<br />Sostiene che le oligarchie sono necessarie, e chi crede di poterne fare a meno è vittima di quel “perfezionismo democratico” di cui parla Giovanni Sartori. Panebianco e Sartori sono due grandi del giornalismo italiano e io non li voglio contraddire. Nel mio articolo, ma anche in altre occasioni, ho usato parole forti contro le oligarchie, tuttavia, so bene che una società ha bisogno di élites: ci saranno sempre persone che emergono per le loro qualità, brave nel perseguire i loro obiettivi e capaci di imporsi come guide privilegiate nel promuovere anche gli interessi collettivi. Una società che si rispetti deve però avere un codice di leggi e un codice morale in grado di impedire che oligarchie prepotenti, presuntuose ed arroganti, talvolta persino ignoranti, arricchitesi spesso attraverso complicità e malaffare, possano piegare gli altri, opinione pubblica compresa, ai propri interessi. <br />Occorre un codice di leggi che tuteli lo stato dal conflitto di interessi tra le istituzioni, con una effettiva divisione di poteri, e dal conflitto di interessi tra pubblico e privato. Occorre un codice morale che dia sostanza alle virtù insite nel concetto di cittadinanza: tutti sanno che il cittadino è titolare di diritti ma pochi si ricordano dei suoi doveri eppure è soprattutto su questi che si costruisce il contratto sociale. Sono diritti e doveri che competono al cittadino in quanto individuo e non come appartenente ad un gruppo tribale che tanto più è potente, tanto maggiori sono i privilegi che può garantire. Il paese non cresce, se non premia i virtuosi ma i furbi, i malviventi e i lacchè. Questo, purtroppo, è il caso del nostro paese o, per meglio dire, della nostra democrazia; credo sia giunto il momento di renderlo esplicito.<br />Panebianco sostiene infine che sono le opinioni pubbliche, condizionando le scelte delle oligarchie, a rendere possibile le democrazie rappresentative.<br />Domanda: può l’opinione pubblica, sostituire un codice di leggi adeguato e le virtù civili? No! Non può farlo quando è disinformata, manipolata e corrotta dall’uso perverso dei mezzi di comunicazione di massa, TV e giornali, nelle mani di potenti oligarchie che li controllano anche grazie alla complicità e ai finanziamenti dello stato. Anche gli intellettuali che dovrebbero svolgere un ruolo importante per orientare l’opinione della gente cedono spesso alle lusinghe del potere e del denaro. Lo sa anche Panebianco se cita i finanziamenti concessi dall’Arabia Saudita agli istituti culturali dell’occidente al fine di orientare a loro favore l’opinione pubblica mondiale.<br />Credo che ogni società abbia energie e valori, a volte assai diffusi, che non riescono ad emergere per gli ostacoli frapposti dalle oligarchie dominanti. Con “Democrazia Oggi” ho indicato un modo per ovviare a questo inconveniente e pazienza se faccio a meno dei sistemi elettorali: Le democrazie possono essere rappresentative anche quando i rappresentanti non sono delegati dagli elettori; pure l’estrazione a sorte può raggiungere lo scopo. Ricordo che, nel nostro paese, le assemblee legislative sono nominate e non elette per cui parlare di regime democratico è solo un eufemismo.IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-85950758059055069882010-10-07T08:10:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.986-07:00MATEMATICA, LEGGI NATURALI, PRINCIPIO ETICOMATEMATICA, LEGGI NATURALI <br />E PRINCIPIO ETICO<br /><br />Gli scienziati si chiedono spesso il perché di certi numeri.<br />Perché il protone, l’elettrone, i quark hanno i numeri che hanno? Perché le loro masse e cariche elettriche sono esattamente quelle necessarie a giustificare il nostro universo? Perché ci sono delle costanti cosmiche di massa, lunghezza, tempo, temperatura che hanno esattamente quelle dimensioni? Perché esistono precisi rapporti di forza che insieme determinano tutte le strutture che conosciamo e i loro movimenti? Ed infine le costanti sono veramente costanti?<br />Forse la matematica è per la natura quello che il linguaggio è per gli uomini: sia l’una che l’altro consentono l’elaborazione di pensieri in grado di immaginare e realizzare strutture complesse, o determinare regole: leggi naturali fondate sulla matematica e umane fondate sul diritto. Nel farlo, sia la natura che gli umani, godono di una certa autonomia e tuttavia le leggi devono avere forma e sostanza in grado di consentire strutture non conflittuali che possano evolversi positivamente, senza regredire o determinare la propria fine. Le leggi umane possono cambiare, quelle naturali sembrano eterne. Certo gli scienziati fanno fatica a seguire le elaborazioni della natura: i loro pensieri fluiscono in pochi secondi, quelli della natura richiedono tempi cosmici di miliardi di anni. Con questi tempi come facciamo a sapere se quei numeri sono stabili? Se le costanti sono definitive? Ogni ipotesi sulla durata e sulla fine del nostro universo dipende dalle risposte a questi perché, ma se l’universo e gli umani sono arbitri del loro destino allora entrambi devono prendere in considerazione la possibilità che esista un principio etico a cui fare riferimento nella ricerca di un equilibrio giusto e duraturo.<br />Ivo Fava – li 04/10/2010IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-10051445193348831542010-09-29T11:09:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.947-07:00DEMOCRAZIA OGGIDEMOCRAZIA OGGI<br /><br />L’Occidente si distingue dalle altre parti del mondo perché tutti i suoi popoli hanno governi che sono espressione di democrazie parlamentari. Questa caratteristica affonda le sue radici in una evoluzione culturale erede della tradizione greco-romana ma che, dopo un periodo buio, ha visto fiorire movimenti come la scolastica, l’umanesimo, il rinascimento, l’illuminismo. Oggi, che gli stati nazionali stanno perdendo l’antico prestigio e in loro vece spuntano organismi sovranazionali e strutture economiche, finanziarie, società di produzione e commercio che si impongono a livello globale e si autogovernano, questa evoluzione si è arrestata e sta gravemente degenerando. In Italia, dove lo stato nazionale, per ragioni dovute alla nostra storia, si è imposto con notevole ritardo e con ritardo è approdato a forme democratiche e repubblicane, passando attraverso un ventennio di dittatura fascista, questa involuzione è ancora più grave.<br />Una democrazia parlamentare si regge sul presupposto che le assemblee legislative siano formate da rappresentanti del popolo e il concetto di rappresentanza implica una delega ricevuta tramite un voto popolare liberamente e direttamente espresso in favore della persona delegata: possiamo affermare con assoluta onestà che la nostra camera dei deputati sia formata da rappresentanti del popolo? <br />I suoi componenti sono persone scelte da oligarchie di partito ed imposte ad un elettorato, senza stimoli, distratto ed indifferente che non sa né per chi, né per che cosa vota, non ha alcun rapporto con la persona eletta e nessuna possibilità di esprimere una opinione in merito. Se rappresentano qualcuno non è certamente il popolo e nemmeno i loro elettori che infatti diminuiscono ad ogni consultazione. Da noi è peggio che altrove ma è ormai evidente, su scala planetaria, che le democrazie sono asmatiche dovunque.<br />Un tempo si poteva forse pensare che il sistema elettorale migliore fosse il collegio uninominale all’inglese. Il sistema ha certamente dei difetti ma nel complesso sembra più adatto a garantire la governabilità e consente anche una certa vicinanza del candidato al territorio e ai suoi abitanti. Certo, specie in Italia, i collegi si possono comprare o vendere e in certe aree la rappresentanza è decisa da organizzazioni criminali: è già successo in passato, quando si votava per capacità e censo ma anche dopo il 1913 quando Giolitti concesse il suffragio universale esteso ai soli uomini. Ma la vera domanda è: esiste un sistema elettorale in grado di garantire il governo democratico del paese?<br />Alcuni sistemi elettorali garantiscono più di altri la governabilità ma nessuno è in grado di garantire una effettiva rappresentanza popolare. In tutte le democrazie occidentali questa rappresentanza è ormai rivendicata da oligarchie potenti in grado di influenzare l’elettorato in vario modo: perché dispongono delle leve del potere o di elevate risorse economiche, perché hanno il controllo malavitoso del territorio, perché possono controllare e manipolare l’informazione. Spesso la rappresentanza passa di padre in figlio come nelle monarchie assolute.<br />No, non esiste un sistema elettorale che consenta di rispondere positivamente alla domanda. Bisogna cercare sistemi alternativi se vogliamo salvare valori che sono costati lacrime e sangue e che oggi stiamo perdendo.<br />Non più un popolo che sceglie i suoi rappresentanti con il voto ma un popolo che rappresenta se stesso con tutte le sue contraddizioni ma anche potenzialità.<br />Non più un popolo che delega ad altri di scegliere chi governa ma un popolo che sceglie direttamente il suo governo. <br />In questo modo molti dei vizi che contraddistinguono la nostra società potrebbero trovare una risposta positiva: dal malaffare al clientelismo, dalla corruzione al nepotismo. I pesanti costi della politica non avrebbero più giustificazioni. <br />Tutto questo sarebbe possibile solo se i deputati, anziché essere eletti, venissero estratti a sorte tra quanti, oggi, possiedono i requisiti dell’elettorato attivo, purché sappiano leggere e scrivere ed, eventualmente, con un limite massimo di età. <br />Il governo potrebbe essere scelto dalla Camera tra persone della società civile che si siano distinte nel loro specifico settore. La Camera stessa potrebbe essere rinnovata per un terzo ogni due anni garantendo cosi la continuità della attività legislativa e il governo potrebbe essere rinnovato ogni cinque. Ove esista disparità di vedute tra il capo del governo e i suoi ministri la questione andrebbe rimessa alla camera che potrebbe sostituire o i ministri o il capo del governo o entrambi le parti in causa.<br />Immagino ci debba essere un presidente della repubblica con funzioni di garanzia e un organo giurisdizionale per garantire la costituzionalità delle norme in funzione di inderogabili diritti civili ma non è compito di questo articolo definire una nuova costituzione. Sarebbe abbastanza se qualcuno ritenesse, prima o poi, plausibile la proposta. A prima vista sembra assurda ma in effetti è realistica perché prende atto che molto spesso i parlamentari sono meno preparati e più opportunisti, delle persone che li eleggono: persone, nella maggior parte dei casi, laboriose che puntano solo sulle loro forze per costruire il loro futuro e quello della loro famiglia. Una volta estratti per amministrare lo stato è molto probabile che si comporterebbero allo stesso modo. <br />Ivo Fava <br />Li, 29. 09. 2010IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-73396670036586332562010-05-31T03:15:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.982-07:00AI CONFINI DELL'ANIMAAI CONFINI DELL’ANIMA – Emanuele Severino / Luigi MariaVerzè<br />Corriere della Sera 27/05/20100<br />Estratto della rivista “Kos” del San Raffaele di Milano<br />Si tratta di un estratto di due articoli apparsi sulla rivista ciascuno a firma di uno degli autori di cui<br />sopra.<br />Severino cita Aristotele per cui l’anima sarebbe la totalità delle cose: non nel senso fisico ma nel senso della loro rappresentazione, manifestazione, apparenza. Manifestazione della totalità che però non avviene in modo simultaneo ma come processo. sviluppo, generazione. Quindi l’anima non è un ente particolare appartenente alla totalità ma può apparire, manifestarsi attraverso gli enti<br />che progressivamente vengono generati o si evolvono. Infine sostiene che poiché l’apparire degli enti è il fondamento di ogni ricerca, le scienze moderne, ma anche la religione e la filosofia, nelle loro indagini sull’anima (coscienza, mente, spirito) la prendono in considerazione come parte della totalità, come uno degli enti particolari che appaiono, come se gli enti esistessero “in se stessi,<br />indipendentemente dal loro apparire. Secondo Severino è su questo fondamento che prendono corpo teorie come quella evoluzionista e scienze come la psichiatria che vede nella cura un modo per interferire con la psiche. Da questo estratto non si capisce cosa Severino stesso pensi dell’anima.<br />Verzé prende in considerazione l’anima solo in riferimento all’uomo e sostiene che anima e corpo non sono cose separate. Crede in un’anima immortale, immutabile ed eterna: senza l’anima non ci sarebbe l’uomo ma l’uomo, ugualmente, non ci sarebbe con la sola anima senza il corpo e l’intelligenza. Corpo ed intelligenza possono differenziarsi in ciascun individuo ma l’anima rimane immutabile ed eterna. Inoltre sostiene che l’anima è spirito somigliante a Dio, quindi, ontologicamente non perfettibile ma soggetta, in interazione con il corpo, a perfezionarsi nel merito<br />in modo sia pure non quantizzabile con le misure umane.<br />In merito alle considerazioni di E. Severino<br />Forse non vale la pena chiedersi se ci sia un’anima ma certo ha un senso chiedersi se ci sia una essenza indistruttibile in ogni cosa. Se questa essenza la chiamiamo anima allora possiamo prendere in considerazione la definizione di Aristotele come illustrata da Severino: è la totalità delle cose, non nel senso fisico, ma nel senso del loro progressivo apparire, manifestarsi, presentarsi. Dovrebbe essere chiaro, però, che è dal rapporto con quest’anima, o essenza di tutte le cose, che ogni cosa sviluppa una sua coscienza, una sua intelligenza un suo modo di manifestarsi.<br />A questo punto si affacciano alcuni interrogativi:<br />- se si tratta di un’anima indistruttibile siamo in presenza di qualcosa di eterno e ciò che è eterno non ha un momento per manifestarsi allora, in relazione al processo, siamo in presenza di una manifestazione continua e. in relazione alle cose, non abbiamo un solo inizio ma infiniti inizi;<br />- continuità ed infiniti inizi hanno, però, una relazione con il tempo, rivelano un punto di contatto tra l’essere e l’esistere. Si direbbe che il tempo è strettamente connesso al formarsi delle strutture. Ogni struttura ha il suo tempo anche quando le accade di trovarsi all’interno di altre strutture. Il tempo non esiste per tutti gli enti allo stesso modo, ha un carattere locale ed effimero, quindi non esiste a livello fondamentale. L’anima al contrario, esiste indipendentemente dalformarsi delle strutture, non è effimera, non è locale, non subisce alterazioni o cambiamenti quindi esiste a livello fondamentale;<br />- se questa anima è in grado di generare le cose consentendo loro di evolvere interagendo tra loro, allora deve contenere le informazioni necessarie perché gli enti possano fisicamente formarsi e gestire i loro rapporti;<br />- se le cose sono così varie e diverse allora godono di un certo grado di libertà;<br />- se inoltre alcune strutture evolvono e altre regrediscono vuol dire che alcune interpretano il loro rapporto con l’anima meglio di altre e sanno come meglio interagire con le altre presenze.<br />Dobbiamo dunque pensare che le informazioni di cui questa essenza è portatrice, necessarie a formare strutture e a determinare i loro rapporti, non siano regole rigide ma consentano una certa libertà di scelta e comportino una qualche responsabilità degli enti in merito alla loro esistenza. Se è così ogni ente ha un suo modo di organizzare le informazioni e di entrare in relazione con altri. Può<br />anche rinunciare alla propria individualità per assumerne una in comune: sommando le sue informazioni a quelle degli altri a cui si è legato forma un nuovo organismo che le riorganizza per una esistenza diversa. Questo processo giustificherebbe il formarsi di coscienze (ed intelligenze) sempre più evolute. <br />C’è da stabilire come possa manifestarsi l’essenza eterna ed indistruttibile che da origine alle cose laddove le cose ancora non sono; quale sia cioè l’ambiente o il supporto della manifestazione. Immaginiamo che si tratti di un vuoto che non è uno spazio ma un vuoto senza spazio dove è l’energia stessa della manifestazione ad aprire uno spazio e lo spazio, come si sa, è un mare di energia virtuale in grado di evolvere in strutture fisiche. Ma, se il tempo ha un carattere locale ed effimero e quindi può essere considerato illusorio, le cose non lo sono. Non sono effimere perché partecipano ad un processo che non è confinato nel tempo e non sono locali perché strettamente collegate tra loro da una infinità di relazioni, indipendentemente dalla loro collocazione spaziale. Manifestandosi comunicano che ne siano coscienti oppure no, il rapporto con l’anima che si portano dentro, ragione e fondamento della loro esistenza. Certo è normale pensare che i processi avvengano nel tempo e per quanto possa sembrare assurdo parlare di processi per eventi, che non sarebbero confinati nel tempo, occorre considerare che la scienza ci ha. ormai, abituati a confrontarci con concetti apparentemente assurdi, obbligandoci a rivedere in modo radicale il nostro modo di pensare. <br />Il problema della non località e della atemporalità, a proposito di entità materiali, è emerso e si è imposto con la fisica quantistica. Einstein, con l’esperimento del pensiero, definito paradosso E.P.R., (Einstein, Podolsky, Rosen) sosteneva che il principio di località e la meccanica quantistica non andavano d’accordo: se era corretto il primo non lo era la seconda, se era corretta la seconda allora non lo era il primo. Einstein aveva ragione ma John Bell, 30 anni più tardi, consentendo di sottoporre il teorema EPR a verifica sperimentale, dimostrò la correttezza della meccanica quantistica e, diversamente da quanto pensava Einstein, verificò che il principio di località (e quindi di temporalità) non reggeva la prova sperimentale. <br />Dovremmo forse abituarci a pensare che passato, presente e futuro, come pure qui e là, siano legati insieme in un’unica struttura, ogni evento sia il risultato di un intreccio cui il tempo attribuisce l’aspetto illusorio di una collocazione spazio-temporale ma che in realtà sia strettamente intrecciato con il suo passato, il suo futuro e con qualunque altro evento, ovunque verificatosi. Ovviamente se ogni cosa conserva un suo significato ed ogni ente un suo specifico ruolo siamo di fronte ad un processo non confinato entro limiti temporali ma neppure immerso in un brodo spazio-temporale indistinto di eventi e presenze senza capo ne coda.<br />La pretesa che gli enti esistano in se stessi, indipendentemente dal loro manifestarsi non è condivisibile ma può servire alla scienza per isolare i fenomeni, stu..diarli e conoscerli nel particolare. Per ora, infatti, una teoria del tutto rappresenta un sogno irraggiungibile per la scienza, cosi come per la filosofia. Ma se le cose hanno un’anima e quest’anima è l’essenza indistruttibile di tutte le cose, manifestazione prima e origine di ogni altra manifestazione, allora è su questa essenza e sui rapporti che ogni ente intrattiene con essa, che si regge ogni possibile universo.<br />In merito alle considerazioni di L.M. Verzé<br />Si tratta di un punto di vista antropocentrico. Ma se consideriamo l’uomo alla stregua di un qualsiasi altro ente questa impostazione non si differenzia sostanzialmente da quella illustrata più sopra, salvo per un particolare: la perfettibilità dell’anima: perfettibilità non ontologica (visto che è èterna ed immutabile, spirito somigliante a Dio) ma dal punto di vista del merito. Anche se questo merito non può essere definito in termini di misure umane resta il fatto che corpo ed intelligenza pur non influenzando l’essere dell’anima possono, secondo Verzé, influenzarne il merito. Sarebbe più semplice sostenere che l’anima è la sorgente delle nostre informazioni fondamentali, ci consente di distinguere il bene dal male, è, infine, portatrice di un principio etico con il quale corpo e mente<br />possono interagire positivamente o negativamente determinando, a seconda dei casi, una buona ocattiva coscienza.<br />Ivo Fava 31/5/2010IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-55004507497710182212010-05-14T07:14:00.001-07:002012-05-01T09:36:10.976-07:00LIBERTA' E PRINCIPIO ETICOLIBERTA’ E PRINCIPIO ETICO<br />Come rispondere a Vito Mancuso<br /><br />Dice il teologo Vito Mancuso: «l’obiettivo divino, ancor più della vita fisica, è la vita libera, e in questa prospettiva Dio realizza veramente il suo piano, perché il mondo che si dispiega ogni giorno sotto i nostri occhi è un immenso esperimento che raggiunge il suo obbiettivo, cioè la terribile ed insieme meravigliosa alchimia della libertà».<br />Se c’è un Dio questo deve manifestarsi perché altrimenti non avrebbe alcun senso e sarebbe chiuso in un cerchio di autoreferenza. Dobbiamo anche pensare che la Sua manifestazione avvenga nell’esistente non nell’essente perché Dio è già manifesto in sé. Ma se partiamo dal presupposto che l’uomo è libero dobbiamo immaginare che la manifestazione divina avvenga nella forma di proposta: ci sia cioè in essa una modalità che esige una risposta, modulata in vario modo, ma fra due estremi: accettazione o rifiuto. Una risposta che implica una responsabilità da cui dipende il nostro destino e la nostra stessa sopravvivenza. Però, se esiste un disegno divino dovremmo parlare di processo, non di esperimento, e dovrebbe riguardare il contenuto della manifestazione, non la sua modalità: non può, quindi, consistere nella libertà che consegue alla modalità, ma bensì in un valore, un principio etico in grado di orientare i nostri comportamenti. Dunque, noi siamo liberi di esercitare le nostre scelte ma questa libertà viene esercitata in un mondo di relazioni dove ognuno deve rapportarsi con l’altro sia che ne venga a contatto, sia che ciò non accada, perché ogni azione provoca una reazione diretta sulle cose con cui viene a contatto e indiretta sulle cose lontane, dalle conseguenze diffuse, a volte percepibili e a volte no, ma comunque reali. In questo contesto uniformarsi o meno ad un principio etico ha un impatto decisivo. <br />Comunque si ragioni attorno a questo problema, la tendenza è quella di riferirsi sempre all’uomo come se fosse solo lui l’oggetto dell’attenzione divina; in realtà noi siamo solo una presenza in un universo molteplice, caratterizzato da una infinità di presenze, ciascuna delle quali si forma esiste e si evolve nella misura in cui si conforma al fine ultimo che, dunque, non è una particolare struttura, nel nostro caso rappresentata dall’uomo, ma “un Principio”. Tanto più c’è coerenza con esso, tanto più si manifesta la capacità di evolversi e perfezionarsi; tanto più ci si allontana, tanto più si manifesta l’opposta tendenza a degenerare e regredire.<br />Sembra che in origine il nostro universo fosse costituito da un brodo di quark in condizioni di assoluta libertà, incapaci di entrare in relazione tra loro. Questa loro condizione originaria produceva come risultato il caos. Quando i quark si accasarono, sia pure in vario modo, nelle prime strutture: adroni, protoni, neutroni, atomi, cominciò a delinearsi uno sviluppo sempre più ordinato che non si è arrestato con la formazione di stelle e galassie ma è proseguito fino a generare, da materiale organico, quella che noi, oggi, chiamiamo “vita”. Da qui, sono emersi elevati stati di coscienza in grado di porre interrogativi sul perché delle cose, sul significato di ogni esistenza e dell’intero universo. Un numero infinito di particelle elementari hanno dovuto rapportarsi tra loro, scoprendo e realizzando le giuste relazioni che sono tuttora in evoluzione e che continuano ad essere elaborate e perfezionate. Quando, per qualche ragione, queste relazioni non sono appropriate le strutture si disgregano e regrediscono. Ci sono elementi i cui atomi possono esistere con un numero variabile di neutroni (isotopi) e pur differenziandosi per qualche aspetto secondario conservano inalterate le loro caratteristiche fondamentali. L’uranio con peso atomico 235 decade più velocemente dell’uranio con peso atomico 238 ma rimane uranio, tuttavia se qualche neutrone, oltre quelli consentiti, pensando di essere tranquillamente accolto, cercasse di accasarsi dentro quell’atomo che già ne ospita più di un centinaio, scatenerebbe il finimondo: l’atomo potrebbe trasformarsi, spezzarsi, dividersi in elementi diversi, spargendo tutto intorno una miriade di frammenti radioattivi.<br />Ci sono in natura principi che non pongono obblighi, non sono imposti, ma a cui ci si deve uniformare per formare strutture stabili. L’alternativa esiste ma sarebbe il caos.<br />Se la natura si esprime in questo modo pensate che l’uomo possa differenziarsi? Non lo può fare, sia che faccia riferimento alla sua singola persona o alle strutture sociali che via via sperimenta lungo il suo percorso nella storia.<br />Nelle relazioni personali l’uomo può proporsi o imporsi e anche le strutture sociali possono essere imposte o condivise. Le persone che si propongono per relazioni non conflittuali e le strutture sociali condivise possono comportare una volontaria limitazione della libertà individuale ma portano a rapporti pacifici e a uno sviluppo ordinato. Le persone che manifestano atteggiamenti e relazioni conflittuali e le società civili fondate su principi autoritari, quelle commerciali o industriali che obbediscono esclusivamente alle leggi del profitto, producono tensioni che, prima o poi, conducono a reazioni violente.<br />Qualcuno potrebbe sostenere che il principio etico non centra e che cercare relazioni pacifiche, creare strutture condivise risponde tutto sommato ad un principio di convenienza; tuttavia, se fosse solo questo, si tratterebbe di un approccio egoistico facilmente soggetto ad influssi e pulsioni di autoaffermazione, primo passo verso la sopraffazione dei diritti altrui.<br />Che cos’è allora la libertà? È la condizione iniziale necessaria per poter esercitare la facoltà di conformarsi o meno al principio etico. Se per ragioni politiche, sociali, economiche, questa libertà fosse conculcata, l’uomo sentirebbe il bisogno di rivendicarla come un diritto naturale perché, infatti, di questo si tratta. Conformarsi, non a qualsiasi legge o comportamento, ma al principio etico su cui regge l’intero universo, non è un obbligo ma una scelta che ciascuno di noi ha il diritto di esercitare in piena libertà. Ordine e caos sono alla nostra portata e sono affidati anche alla nostra responsabilità.<br />Certo non siamo in presenza di comportamenti eticamente responsabili quando, per ragioni di profitto, si scava nelle profondità oceaniche, alla ricerca di petrolio, senza porsi il problema di come riparare il possibile guasto di una valvola capace di provocare un disastro ambientale di incalcolabili dimensioni e dagli esiti imprevedibili, in una delle aree più dinamiche per le diversità biologiche ivi esistenti; quando, per assicurarsi una rendita politica e profitti personali, si promuovono eccessi di spesa pubblica improduttiva, ponendo a carico delle generazioni future debiti difficilmente sanabili senza conflitti sociali e lotte anche cruente; quando, per facili guadagni, si eccede in speculazioni finanziarie capaci di mettere in ginocchio economicamente interi continenti, invece di investire la ricchezza in attività produttive, nella ricerca, nella scuola e creare cosi occasioni di lavoro, di crescita culturale e di futuro benessere; quando argomenti di natura religiosa vengono strumentalizzati per negare diritti naturali e civili a milioni di persone.<br />Forse il nostro egoismo, la nostra incapacità di assumere comportamenti eticamente responsabili, porterà alla scomparsa della nostra specie e, se dobbiamo continuare ad agire come più sopra descritto, è meglio che ciò avvenga al più presto per consentire alla terra di sopravvivere e alle altre specie di evolversi e sostituirci in un sistema di relazioni universali più armonico.<br />In chiusura vorrei riprendere il discorso sulla libertà fatto da Mancuso e riportato all’inizio di questo articolo. Non credo potrà mai esserci una libertà individuale senza che ci siano limiti dovuti ad un sistema di relazioni universale ma penso che, se veramente l’universo realizzasse quanto la manifestazione divina propone, allora il sistema di relazioni sarebbe talmente perfetto che il molteplice finirebbe per identificarsi con l’Uno. Non ci sarebbe più bisogno di relazioni perché l’universo diventato Uno si identificherebbe con la Manifestazione medesima. È questa la libertà di cui parla Mancuso?IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-60235765376577915362009-11-12T07:48:00.000-08:002012-05-01T09:36:10.978-07:00GESU' CROCEFISSOGESÙ CROCEFISSO<br /><br />Dice Erasmo da Rotterdam che Gesù ha insegnato una cosa sola: “ama il prossimo tuo come te stesso”. <br />A Dio appartiene l’amore e a Cesare la legge. “Rendete a Dio quel che è di Dio e a Cesare quel che è di Cesare”. Con queste parole Gesù consegna la legge agli uomini riservando a Dio un messaggio culturale ed etico. A questo messaggio il mondo non può rinunciare e l’occidente non può sradicarlo dalle sue radici senza smarrirsi.<br />Esistono fondamentalismi religiosi e fondamentalismi laici. Gesù crocefisso non ha nulla a che fare con loro, anzi è una loro vittima così come lo è stato il Gesù uomo, allora ad opera di un tribunale religioso, tra l’indifferenza del potere imperiale romano, oggi ad opera di un tribunale laico, tra l’indifferenza di una cultura materialista globalizzata di mercato, dominata dalle multinazionali.<br />Senza questo messaggio cosa resta all’Europa? Resta un relativismo culturale per cui tutte le fedi, credenza, ideologie, tendenze comportamentali vanno bene purché destinate ad un uomo che consuma. In questo vuoto culturale ed etico si consuma anche il sogno di un’Europa unita e pacificata attorno a dei valori comuni. Il futuro potrebbe assegnarle il ruolo di terra di conquista per minoranze fanatiche ma determinate che nel relativismo di un laicismo falsamente tollerante troveranno il loro terreno di coltura. Questa Europa deve cambiare per avere un futuro.<br />Ivo Fava 12/11/2009IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-34361414921031230102009-10-28T04:06:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.966-07:00COME CONCILIARE LA SPESA CON IL RIGORECOME CONCILIARE LA SPESA CON IL RIGORE<br /><br />Chi sostiene la politica della spesa chi quella del rigore. Per alcuni le due posizioni sono inconciliabili e di fatto creano tensioni nel governo e nel paese. In realtà è possibile conciliare la politica del rigore con quella della spesa a patto che si abbia il coraggio e la volontà necessaria per affrontare i nodi strutturali che ostacolano o rallentano la crescita e rendono impossibile qualsiasi politica di sviluppo.<br />Ridurre la spesa è indispensabile se si vuole alleviare il peso fiscale su aziende e lavoratori, come pure per alleggerire il peso dell’enorme massa del debito pubblico ma la spesa pubblica ha effetti positivi sulle infrastrutture, sui consumi, crea opportunità di lavoro, promuove lo sviluppo e in sostanza è un importante fattore di crescita. Con la crescita il gettito fiscale potrebbe aumentare anche diminuendo le tasse e quindi si renderebbero disponibili maggiori entrate. Tuttavia c’è una parte della spesa che comporta duplicazione di compiti, rende farraginoso il funzionamento dello stato, complica la vita dei cittadini e delle imprese e si risolve, in sostanza, in un inutile spreco di risorse; allora la spesa da aggredire è quella improduttiva.<br />Sono necessarie riforme che vadano in questa direzione e una diversa collocazione dei mezzi economici disponibili.<br />Tra le riforme citiamo quella del pubblico impiego che non significa solo una più razionale utilizzazione del personale e l’informatizzazione dei servizi ma anche la definitiva eliminazione degli enti inutili; la riorganizzazione degli enti pubblici territoriali, con l’eliminazione di prefetture e provincie divenute ormai obsolete; la parificazione dell’età pensionabile tra uomini e donne; il federalismo fiscale con precisi limiti di bilancio tali da coinvolgere la responsabilità personale di chi amministra la cosa pubblica.<br />Riforme di questa natura semplificherebbero e renderebbero più efficiente le strutture burocratiche dello stato, più responsabili gli amministratori pubblici e più trasparenti le amministrazioni medesime, consentirebbero il recupero di risorse da destinare progressivamente alla riduzione del carico fiscale di lavoratori ed imprese, al contenimento del debito, alla redistribuzione della spesa a favore degli ammortizzatori sociali, della riqualificazione professionale, dell’istruzione, della ricerca, della bonifica e messa in sicurezza del territorio. Si potrebbe in questo modo evitare anche la ventilata svendita del patrimonio dello stato (imprese, immobili, opere d’arte) che, con la corruzione diffusa, di cui abbiamo ogni giorno conferma, finirebbe per arricchire ulteriormente alcuni, impoverendo inutilmente il paese.<br />Non abbiamo detto niente che già non si sappia. La gente ne parla a volte con rabbia a volte con sconforto. Per ora questa presa di coscienza produce mancanza di fiducia, perdita di credibilità nella rappresentanza politica ma la classe dirigente ascolterà queste voci? Se lo farà correrà dei rischi ma non sarà sola; se non lo farà i rischi saranno di gran lunga maggiori e nessuno correrà in suo aiuto. <br />Fava Ivo 28/10/2009IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-5536262555153124571.post-1923206980370509062009-10-09T01:03:00.000-07:002012-05-01T09:36:10.955-07:00MAGISTRATURA E POLITICAMAGISTRATURA E POLITICA<br />Cominciamo dalla considerazione che le istituzioni non sono sacre. Si poteva forse pensare che lo fossero quando le si riteneva di origine divina ma ora si sa che sono creazioni umane e quindi criticabili come tutto ciò che dipende dal giudizio degli uomini.<br />Proseguiamo con la constatazione che il sistema di potere cui ha fatto riferimento il governo della prima repubblica non è finito a seguito di un voto popolare ma per mezzo di una azione della magistratura diretta essenzialmente verso i partiti della maggioranza parlamentare. Ora, anche senza entrare nel merito della legittimità, imparzialità e correttezza di questa azione, è evidente che si è trattato di un conflitto tra i poteri dello stato, tra l’altro preceduto da un fatto clamoroso, non ancora del tutto chiarito nei suoi più inquietanti aspetti: il sequestro e l’assassinio ad opera delle B.R., dopo un processo clandestino, di Aldo Moro segretario del maggior partito di governo e presidente del consiglio incaricato. Partiti di opposizione e organi di informazione hanno svolto in questa fase il ruolo di comparse schierandosi a favore o contro secondo la loro convenienza e la direzione degli eventi. Oggi i giudizi, tra loro contrastanti, della corte costituzionale sul lodo Alfano non fanno che confermare questa tesi: ancora una volta il sistema di potere che si regge sul voto popolare è sotto attacco da parte della magistratura. Ancora una volta le opposizioni stanno a guardare o approvano secondo la loro convenienza.<br />Si pone la questione: l’azione della magistratura trova la sua giustificazione nel ruolo istituzionale garantito dalla costituzione o può esserci il sospetto che non sia del tutto imparziale o peggio che persegua dei fini politici?<br />Sappiamo che esiste l’obbligatorietà dell’azione penale e che i giudici possono esercitarla nei confronti di chiunque, ma sappiamo anche che i giudici possono essere giudicati solo da altri giudici attraverso il loro organo di governo: il C.S.M. Questo attribuisce loro forza, potere ma anche responsabilità: se esistesse un fondato sospetto di parzialità o di ingerenza nella attività legislativa e di governo tutta la politica italiana risulterebbe irrimediabilmente inquinata e distorta.<br />L’indipendenza della magistratura non è in discussione; proprio per questo bisogna sottoporre ad un attento esame la sua organizzazione interna e cercare di capire se le procedure che portano alla formazione del giudizio, specie quando governo e parlamento ne subiscono le conseguenze, sono tali da garantire la formazione di un convincimento totalmente imparziale, libero e indipendente.<br />In primis: il magistrato deve essere ed apparire indipendente perciò non dovrebbe aderire a logge, associazioni, partiti politici o essere inquadrato in correnti che sostengono e sopportano le ambizioni di chi vi aderisce a svantaggio di chi ne è escluso. Questa esigenza di assoluta imparzialità e indipendenza dovrebbe essere una irrinunciabile questione di principio, visto l’enorme potere che è nelle mani del magistrato e l’alto grado di protezione che la legge gli garantisce nell’esercizio delle sue funzioni. Questo, purtroppo, non avviene: il sistema elettorale per la elezione del C.S.M., con il riparto proporzionale tra liste concorrenti e lo sbarramento del 9%, obbliga i magistrati a schierarsi in correnti e queste ultime lo fanno su posizioni dichiaratamente politiche. Tutto questo minaccia l’indipendenza del magistrato e getta un’ombra sulle sue iniziative.<br />Governo, parlamento e magistratura sono poteri dello stato. Per evitare conflitti di potere, dovrebbero avere relazioni interdipendenti ma nettamente separate. Ciò non avviene per governo e parlamento: il parlamentare può essere anche ministro e viceversa; tuttavia l’uno o l’altro, a meno che non sia un giudice, non potrà mai diventare magistrato (se non in qualche particolare caso e solo per ruoli di garanzia) Al contrario un magistrato, in qualsiasi momento, posto che ne abbia l’opportunità e la convenienza, può diventare parlamentare o ministro e viaggiare tra le istituzioni come un astronauta tra le galassie. Così diventa possibile la formazione di un partito dei giudici o, in alternativa, l’infiltrazione dei giudici nei partiti. In questo modo viene a configurarsi un conflitto di interessi di vasta portata, si rende problematico qualunque serio discorso sulla giustizia, si hanno pesanti riflessi e gravi alterazioni nei normali rapporti tra istituzioni e sulla natura delle relazioni politiche.<br />Tutti i cittadini, godono dell’elettorato attivo e passivo, possono eleggere ed essere eletti negli organismi politici rappresentativi. Possono farlo anche i magistrati ma per il mestiere che hanno scelto e per non essere accusati di giovarsi di una notorietà e di meriti acquisiti e cercati di proposito, questo passaggio dovrebbe avvenire dopo un certo periodo di vacatio con la toga appesa al chiodo e senza possibilità di ritorno sui propri passi: infatti una volta effettuata una scelta politica non è più garantita l’indipendenza di giudizio. Anche questa pratica di viaggiare tra i poteri getta un’ombra sulla magistratura sia inquirente e giudicante sia di garanzia: purtroppo i giudici della corte costituzionale sono scelti in base ad appartenenze politiche. Possono fare eccezione quelli di nomina presidenziale ma anche il presidente della repubblica viene espresso da schieramenti politici: dovrebbe svolgere un ruolo di garanzia e questo presidente lo ha fatto ma non è detto che sia sempre così.<br />Resta da spiegare come mai le correnti di sinistra abbiano la maggioranza in tutti gli organismi rappresentativi della magistratura e come si sia formato, dopo mani pulite, un partito dei giudici, che in un primo momento ha trovato ospitalità in casa d’altri ma che ormai ha acquisito una esistenza autonoma chiaramente rivoluzionaria nel linguaggio, nei comportamenti e con tendenze egemoni irrispettose della volontà popolare. Il dubbio che sia in atto una lotta di potere tra i poteri teso a sovvertire l’ordine politico legittimato dal consenso popolare rimane e pesa come un macigno sulla politica e sul nostro futuro.<br />Ivo fava - 09/10/2009IVO FAVAhttp://www.blogger.com/profile/18375517935119813126noreply@blogger.com0