mercoledì 29 settembre 2010

DEMOCRAZIA OGGI

DEMOCRAZIA OGGI

L’Occidente si distingue dalle altre parti del mondo perché tutti i suoi popoli hanno governi che sono espressione di democrazie parlamentari. Questa caratteristica affonda le sue radici in una evoluzione culturale erede della tradizione greco-romana ma che, dopo un periodo buio, ha visto fiorire movimenti come la scolastica, l’umanesimo, il rinascimento, l’illuminismo. Oggi, che gli stati nazionali stanno perdendo l’antico prestigio e in loro vece spuntano organismi sovranazionali e strutture economiche, finanziarie, società di produzione e commercio che si impongono a livello globale e si autogovernano, questa evoluzione si è arrestata e sta gravemente degenerando. In Italia, dove lo stato nazionale, per ragioni dovute alla nostra storia, si è imposto con notevole ritardo e con ritardo è approdato a forme democratiche e repubblicane, passando attraverso un ventennio di dittatura fascista, questa involuzione è ancora più grave.
Una democrazia parlamentare si regge sul presupposto che le assemblee legislative siano formate da rappresentanti del popolo e il concetto di rappresentanza implica una delega ricevuta tramite un voto popolare liberamente e direttamente espresso in favore della persona delegata: possiamo affermare con assoluta onestà che la nostra camera dei deputati sia formata da rappresentanti del popolo?
I suoi componenti sono persone scelte da oligarchie di partito ed imposte ad un elettorato, senza stimoli, distratto ed indifferente che non sa né per chi, né per che cosa vota, non ha alcun rapporto con la persona eletta e nessuna possibilità di esprimere una opinione in merito. Se rappresentano qualcuno non è certamente il popolo e nemmeno i loro elettori che infatti diminuiscono ad ogni consultazione. Da noi è peggio che altrove ma è ormai evidente, su scala planetaria, che le democrazie sono asmatiche dovunque.
Un tempo si poteva forse pensare che il sistema elettorale migliore fosse il collegio uninominale all’inglese. Il sistema ha certamente dei difetti ma nel complesso sembra più adatto a garantire la governabilità e consente anche una certa vicinanza del candidato al territorio e ai suoi abitanti. Certo, specie in Italia, i collegi si possono comprare o vendere e in certe aree la rappresentanza è decisa da organizzazioni criminali: è già successo in passato, quando si votava per capacità e censo ma anche dopo il 1913 quando Giolitti concesse il suffragio universale esteso ai soli uomini. Ma la vera domanda è: esiste un sistema elettorale in grado di garantire il governo democratico del paese?
Alcuni sistemi elettorali garantiscono più di altri la governabilità ma nessuno è in grado di garantire una effettiva rappresentanza popolare. In tutte le democrazie occidentali questa rappresentanza è ormai rivendicata da oligarchie potenti in grado di influenzare l’elettorato in vario modo: perché dispongono delle leve del potere o di elevate risorse economiche, perché hanno il controllo malavitoso del territorio, perché possono controllare e manipolare l’informazione. Spesso la rappresentanza passa di padre in figlio come nelle monarchie assolute.
No, non esiste un sistema elettorale che consenta di rispondere positivamente alla domanda. Bisogna cercare sistemi alternativi se vogliamo salvare valori che sono costati lacrime e sangue e che oggi stiamo perdendo.
Non più un popolo che sceglie i suoi rappresentanti con il voto ma un popolo che rappresenta se stesso con tutte le sue contraddizioni ma anche potenzialità.
Non più un popolo che delega ad altri di scegliere chi governa ma un popolo che sceglie direttamente il suo governo.
In questo modo molti dei vizi che contraddistinguono la nostra società potrebbero trovare una risposta positiva: dal malaffare al clientelismo, dalla corruzione al nepotismo. I pesanti costi della politica non avrebbero più giustificazioni.
Tutto questo sarebbe possibile solo se i deputati, anziché essere eletti, venissero estratti a sorte tra quanti, oggi, possiedono i requisiti dell’elettorato attivo, purché sappiano leggere e scrivere ed, eventualmente, con un limite massimo di età.
Il governo potrebbe essere scelto dalla Camera tra persone della società civile che si siano distinte nel loro specifico settore. La Camera stessa potrebbe essere rinnovata per un terzo ogni due anni garantendo cosi la continuità della attività legislativa e il governo potrebbe essere rinnovato ogni cinque. Ove esista disparità di vedute tra il capo del governo e i suoi ministri la questione andrebbe rimessa alla camera che potrebbe sostituire o i ministri o il capo del governo o entrambi le parti in causa.
Immagino ci debba essere un presidente della repubblica con funzioni di garanzia e un organo giurisdizionale per garantire la costituzionalità delle norme in funzione di inderogabili diritti civili ma non è compito di questo articolo definire una nuova costituzione. Sarebbe abbastanza se qualcuno ritenesse, prima o poi, plausibile la proposta. A prima vista sembra assurda ma in effetti è realistica perché prende atto che molto spesso i parlamentari sono meno preparati e più opportunisti, delle persone che li eleggono: persone, nella maggior parte dei casi, laboriose che puntano solo sulle loro forze per costruire il loro futuro e quello della loro famiglia. Una volta estratti per amministrare lo stato è molto probabile che si comporterebbero allo stesso modo.
Ivo Fava
Li, 29. 09. 2010