lunedì 14 luglio 2014

L'EVOLUZIONE SECONDO EMANUELE SEVERINO

L'EVOLUZIONE SECONDO EMANUELE SEVERINO

Leggo sul Corriere della Sera del 26 sett., l'articolo di E. Severino "Il nulla che unisce Dio a Darwin". Severino sostiene, citando Jacques Monod, che l'evoluzione è originata unicamente dal caso e da una libertà assoluta e cieca. Si rifà alla filosofia greca, in particolare al concetto democriteo e aristotelico di caso: "automaton" 
"Se si guarda a ciò che sta intorno all'automaton non si trova nulla che spieghi perché esso tenda, si muova, si produca. Cioè si trova il nulla. Muovendosi e producendosi da se stesso si muove e produce dal proprio non essere" (ma perché "proprio"? Forse bisognerebbe spiegare il significato della parola in questo contesto altrimenti se ne potrebbe ricavare che ogni ente ha un proprio esclusivo nulla da cui emerge).
Prende, quindi, un esempio dalla biologia. Per la scienza l'embrione è il programma di un individuo e questo individuo è in potenza un uomo; ma, sostiene Severino, prima di realizzarsi come tale, l'uomo non è, cioè è nulla. Questo programma non potrebbe in alcun caso costituire "una spiegazione o anticipazione" dell'individuo che seguirà proprio perché realizzandosi da sé è "un prodursi da sé" in modo puramente casuale. Infine, concede, se proprio si vuole parlare di guida, si dovrebbe fare riferimento al concetto quantistico dell'onda di probabilità di Heisemberg. Ma questa opzione non mi sembra possa costituire una conferma di quanto precedentemente sostenuto.
Se tutto avviene nel campo delle probabilità, vuol dire che ci sono regole che comprendono una probabilità zero: allora il caso inteso come possibilità cieca in assoluto deve essere escluso. Se si lancia una moneta può uscire testa o corona ma non cavallo o capra.
Secondo Severino il divenire emerge dal nulla e il nulla e in potenza divenire. Se il nulla è Dio allora il divenire è manifestazione della potenza divina. In entrambe le situazioni ci si muoverebbe dal non essere all'essere e, poiché il divenire è caso, non c'è "necessità" nei programmi, siano essi biologici, informatici, metafisici o teologici; infatti "se essa esistesse spiegherebbe e anticiperebbe tutto il futuro". Non c'è neppure "scopo necessario", poiché "il nulla originario delle cose non spiega e non anticipa il loro futuro e la loro realizzazione è libertà assoluta, l'evoluzione è cieca."
Ma se l'evoluzione subisce l'onda di probabilità, i programmi contengono l'informazione necessaria al verificarsi di regolarità sulla cui base è possibile prevedere che alcune cose sono più probabili di altre, mentre altre sono del tutto impossibili. Questo non permette di stabilire a priori quale uomo emerga da un embrione o se quest'uomo potrà mai realizzarsi. Il programma potrà subire delle interruzioni, contenere degli errori, o anche semplicemente delle modifiche genetiche ma quell'embrione non potrà mai generare uno stambecco o uno scorpione.
Sappiamo che la gravità ha dato origine alle galassie; le galassie alle stella di varia forma e grandezza; che dal collasso delle stelle si sono prodotte le condizioni per la formazione dei pianeti e che i pianeti, in determinate condizioni possono ospitare la vita. Queste sono regolarità, anche se nel loro ambito,  le manifestazioni possono assumere i più disparati aspetti. Per Severino anche questi eventi sono del tutto casuali: dobbiamo forse concludere che non esistono leggi naturali ma solo manifestazioni coerenti di fenomeni casuali da noi interpretate come leggi di natura?
In ogni caso non possiamo anticipare o prevedere il futuro, ma con le conoscenze necessarie possiamo prevedere dove può nascere una stella; dove è possibile trovare dei pianeti e in quali di questi ci sono le condizioni che possono favorire il sorgere e il diffondersi di forme di vita. Come sarà il nostro futuro non lo sappiamo ma sappiamo che se l'uomo può scomparire altre forme di vita possono manifestarsi e sostituirlo e la vita potrà continuare in questo o in un altro mondo.
Se dobbiamo credere all'onda di probabilità di Heisemberg e a Severino, secondo cui l''universo è venuto in essere dal non essere, cioè dal nulla, allora il nulla deve contenere le informazioni necessarie che consentono solo a determinati universi di realizzarsi ed alcuni di loro saranno più probabili di altri.
Che si tratti di Dio o del Nulla , ci si muove dal non essere all'essere, non in base al caso, inteso come libertà assoluta e cieca, e neppure secondo un programma predefinito, invece con la libertà di transitare verso l'esistenza tra diverse ma non infinite opzioni, alcune più probabili di altre, e un limite al punto in cui la probabilità coincide con lo zero.    
Ivo Fava - Cavarzere, li 03/10/2008 

DONNE IN RIVOLTA TRA ARTE E MEMORIA

DONNE IN RIVOLTA TRA ARTE E MEMORIA

L'assoluzione di Oreste

Eva Cantarella trae ispirazione dall'Orestea di Eschilo per la sua relazione al convegno di Firenze, organizzato a Palazzo Strozzi dalla fondazione SUM: "Donne in rivolta tra arte e memoria". Ne anticipa il contenuto sul Corriere della Sera del 28 apr. Definisce l'Aeropago, istituito da Atena per giudicare il matricida Oreste, "il primo tribunale della storia ateniese" Con esso, sostiene, si pone fine ad una giustizia basata sulla vendetta per dare origine al mondo del diritto. Considera che il giudizio di assoluzione, calorosamente invocato da Apollo,non segni "la sconfitta della parte femminile del mondo" perché "il diritto non può essere solo ragione, per essere giusto deve dare spazio alle emozioni". Alla fine anche le Erinni che nel processo rappresentano l'accusa, "rinunciano all'atto sanguinario e accettano di entrare nel sistema giudiziario". Così la forza della persuasione vincerebbe sulla vendetta e condurrebbe alla riconciliazione
Anche se questa visione è in linea con l'interpretazione classica e coerente con quella dell'autore, è possibile dare alla vicenda una lettura del tutto diversa. Nel tribunale istituito da Atena l'aspetto più rilevante non è il desiderio di vendetta o la necessita di una riconciliazione, né la relazione tra emozioni e ragione. In quel tribunale si confrontano due visioni del mondo, sostenendo e proponendo ciascuna una diversa legge naturale e un diverso ordine morale.
Le Erinni assolvono Clitennestra perché "ella non aveva legami di sangue con l'uomo che uccise" e condannano Oreste per l'opposta ragione. Apollo, invece, assolve Oreste perché " non è la madre la generatrice di quello che è chiamato suo figlio; ella è la nutrice del germe in lei inseminato. Il genitore è colui che la feconda".
Nella mitologia greca le Erinni sono le figlie di Urano e di Gaia, la terra, ma in loro sopravvive il ricordo di un ordine naturale con una organizzazione sociale preesistente all'arrivo degli indoeuropei. in cui la necessità di impedire l'incesto aveva portato alla formazione di clan esogamici matriarcali e ad una credenza, pressoché universale nel tardo neolitico, in una dea madre generatrice di vita. Di questo doveva esserci traccia anche nella memoria arcaica dei greci. Generare era allora una facoltà femminile.
Gli indoeuropei portarono con se un diverso ordine rappresentato da famiglie patriarcali, divinità familiari esclusivamente maschili e divinità regionali antropomorfe ove comunque prevaleva il carattere maschile. Anche generare diventa una facoltà esclusivamente maschile.
IL giudizio degli dei si uniforma a quello degli uomini.
Le Erinni. dee della fertilità, che consideravano il delitto tra consanguinei il più grave dei reati, in questo contesto, perdono ogni potere persuasivo sulla colpevolezza di Oreste (non è stato generato dalla madre). Non hanno alternative. Devono adeguarsi al giudizio di Atena e alla cultura prevalente. Diventeranno Eumenidi: spiriti della buona volontà.   
Il desiderio di vendetta guida sia la mano di Clitennestra contro Agamennone che le ha ucciso la figlia Ifigenia, sia la mano di Oreste contro sua madre che le ha ucciso il padre; tuttavia sul giudizio pesa soprattutto la forza del nuovo ordine morale. Non è la forza della persuasione, ed è una resa, non una riconciliazione,  a spingere le Erinni verso un cambiamento radicale della loro natura.
L'Aeropago è forse il primo tribunale della storia ateniese e con esso nasce, forse, il diritto ma questo diritto si muove nel quadro di una concezione morale che imprigiona sia la ragione che le emozioni.
Per una vera riconciliazione tra le ragioni dell'accusa e della difesa nel processo di Oreste occorrerà attendere una nuova etica che comincerà ad affermarsi solo a partire dai primi anni dell'era cristiana: Un'etica che attribuisca pari dignità a tutti gli esseri umani, senza distinzione di genere, di razza o di condizione sociale.
Ancora una volta sarà un nuovo codice morale a stabilire il dominio nel quale deve muoversi il diritto e con esso la ragione e le emozioni. Solo con la sua affermazione sarà possibile un nuovo ordine sociale, culturale e politico che consenta, come dice Cantarella, di "cancellare per sempre la necessità della scure.
Ivo Fava - Cavarzere, li 03/05/2008 

TRA RAGIONE E FEDE

RAPPORTO TRA RAGIONE E FEDE
La fede non e un ostacolo ad una visione laica del mondo

Claudio Magris (sul Corriere della Sera del 17 gennaio 2008) sostiene che laicità "è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede". Emanuele Severino (sul Corriere della Sera del 6 febbraio s.a.) sostiene che laicità non è una forma mentis ma "filosofia". Le costruzioni filosofiche , però, non sono razionalmente dimostrabili ma solo assunzioni su basi razionali, giustificate da ragionamenti logici che non escludono approdi fideistici. Laicità perciò e accettare l'oggettività scientifica , accogliere il metodo filosofico e usare la logica per cercare sia risposte che possono essere dimostrate razionalmente sia verità nascoste, non falsificabili, che possono approdare su posizioni agnostiche come pure ad una fede.
Laicità, dice Magris è anche "dubbio" ma il dubbio, sostiene Severino, rivolto anche alle proprie certezze mette in discussione la distinzione tra ragione e fede oppure diventa scetticismo e relativismo. In verità il dubbio è sempre lecito perché scienza, filosofia ed ogni altra branca del sapere, anche quando credono di interpretare le leggi della natura, sono in realtà costruzioni umane. Anche l'idea del divino ha molte sfaccettature  e non tutti pensano a Dio nello stesso modo. Affermare questo non significa mettere in dubbio la distinzione tra ragione e fede né approdare necessariamente a forme di scetticismo e relativismo. In realtà filosofi, scienziati, uomini comuni, tutti dobbiamo condividere un principio etico: e questo principio che fa di me un credente ma anche gli agnostici e gli atei possono condividerlo senza mettere in discussione la mia e le loro laicità.
Per Magris la risposta data da Gesù ai farisei "rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" è un principio laico ma Severino sostiene che "nella logica evangelica le leggi dello stato non possono contrastare le leggi di Dio, devono essere cioè leggi cristiane ". Siamo quindi alla "teocrazia non laicità". Nella logica di Cesare invece, sempre secondo Severino, la religione deve essere controllata dallo stato e quindi abbiamo:"assolutismo, totalitarismo non laicità".
A mio modo di vedere la risposta di Gesù ai farisei va rapportata all'unica vera raccomandazione evangelica. "amerai il prossimo tuo come te stesso". Questa relazione ci aiuta a comprendere l'etica cristiana e il suo rapporto con le leggi dello stato che sono invece consegnate alla responsabilità degli uomini. Il Dio dei vangeli non impone alcuna legge; lascia agli uomini la libertà di decidere i loro comportamenti, ma Cesare deva guardarsi dal fare leggi ingiuste che umiliano ed offendono la dignità umana.
Ivo Fava - Cavarzere, li 08/02/2008

lunedì 23 giugno 2014

TRA PASSATO E FUTURO - L'uomo al quadrato -


TRA PASSATO E FUTURO
L’uomo al quadrato
La fisica oggi sta cercando di superare l’attuale modello standard fondato su tre famiglie di particelle fondamentali, ciascuna formata da un elettrone con il suo neutrino e due quark: famiglie che si differenziano l’una dall'altra per masse crescenti dalla prima alla terza. Queste particelle interagiscono tra loro per l’azione di quattro forze, altrettanto fondamentali, tramite lo scambio di altre particelle chiamate bosoni di cui alcune prive di massa come i fotoni, altre con masse variabili come i gluoni e le W. Negli anni tra i ‘60 e i ‘70 tre di queste forze: l’elettromagnetismo, la debole e la forte sono state unificate in un’unica struttura matematica e la scoperta del bosone di Higgs permetterà ben presto di scoprire come tutte le particelle abbiano, forse, la stessa origine. Il tentativo  di giungere ad una teoria unificata capace di comprendere tutte le forze, compresa la quarta e cioè la gravità, ha prodotto una nuova formulazione della meccanica quantistica per renderla compatibile con la teoria della relatività ristretta di Einstein. Si è reso evidente ciò che era stato oggetto di una sottovalutazione: La formula E = mc² si riferisce unicamente ad una massa a riposo ma per le masse in movimento la formula diventa E² = m²c⁴  (In fisica torna sempre la legge del quadrato: il quadrato della distanza che vale per la gravità ma anche per le altre forze, il quadrato della funzione d’onda di  Schrödinger  che indica la probabilità di trovare le particelle in un determinato posto in un determinato istante).  Apparentemente si tratta di una questione priva di importanza perché la seconda formula, una volta ridotta per semplificazione, è esattamente eguale alla prima, in realtà quest’ultima ha due soluzioni. Infatti la radice quadrata di 4 da come risultato +2 ma anche -2 (2² = -2² = 4). Possiamo avere perciò sia E = mc², sia E = -mc² , cioè un esito positivo e  uno negativo.  Questo è alla base di molte stranezze quantistiche e può aiutare a spiegare moltissime cose come la sovrapposizioni di stati, l’entanglement ( contestato da Einstein con l’esperimento mentale  EPR  ma confermato 30 anni dopo da Bell), il  pin delle particelle, il fenomeno dell’interferenza ( rivelato la prima volta da Thomas Young con l’esperimento delle due fessure),  il magnetismo, l’antimateria e in generale le caratteristiche ondulatorie della luce e della materia. Tuttavia per unificare tutte le forze esistenti  occorre conciliare la teoria quantistica  anche con la forza gravitazionale ma fino ad oggi la gravità (nonostante i tentativi di Lee Smolin con la sua “Loop quantum gravity”) ha resistito ad ogni tentativo di unificazione. Teorie come la supersimmetria, quella delle stringhe,degli universi paralleli, delle dimensioni aggiuntive ed altre sono ancora lontane da eventuali conferme ed abitano più il territorio della speculazione filosofica che della fisica.
Su questo terreno esercita un fascino particolare la questione del tempo a cui gli aspetti della fisica di cui abbiamo parlato non sono certo indifferenti.  Sappiamo che in un buco nero la materia collassa fino a raggiungere dimensioni infinitesimali,  che nel suo interno il tempo rallenta fino a fermarsi e sappiamo anche che, alle dimensioni di Planck: 10⁻³⁵, anche la gravità diventa un fenomeno quantistico. A questo livello ha ancora senso parlare del tempo? La domanda è: ha ragione Newton che lo considera un valore assoluto, Einstein che lo considera relativo o altri che lo considerano una sorta di incantesimo, una illusione che caratterizza la nostra come ogni altra esistenza? Può esserci un tempo per ognuno di noi, per ogni oggetto e per ogni cosa esistente nell’universo,  il  tempo può accelerare o rallentare a seconda della massa o della quantità di moto ma se c’è un tempo per ogni cosa, per ogni massa e per ogni movimento, insomma per ogni sia pur effimero evento,  allora come possiamo parlare del tempo?
Diceva Leonardo Da Vinci: ”l’acqua che tocchi dei fiumi è la prima di quella che viene, l’ultima di quella che va: così il tempo presente.” Se l’acqua procede verso la vastità degli oceani l’attimo resterebbe  forse prigioniero  del suo tempo?  Una volta nell’oceano potrebbe anche conservare la memoria degli attimi passati e delle profondità cosmiche da cui è emersa la prima volta come infinite generazioni di salmoni fanno del luogo di origine (e dei sentieri percorsi dalla loro nascita) cui fanno ritorno da adulti per finire la loro esistenza dove tutto è cominciato. Se è così anche noi possiamo dissolverci nel mare dell’infinito per lasciare ogni attimo della nostra esistenza imprigionato nel suo tempo,  salvo, poi, al ricomporsi del tutto ove l’universo dovesse collassare in un unico punto di vuoto infinito senza qui e la, senza passato e futuro.
Questa è una immagine letteraria ma la si può tradurre in termini quantistici immaginando che ciò che passa proceda in avanti verso il futuro  e ciò che resta imprigionato nel tempo proceda a ritroso verso il passato.  Alla fine, passato e futuro potrebbero ricongiungersi, collassando, in un unico infinito, eterno presente. È come dire che ognuno di noi è il quadrato di se stesso e che ogni estrazione di radice produce due risultati uno positivo ed uno negativo. Nessuna meraviglia se anche nelle grandi masse scopriamo che esiste la sovrapposizione di stati e che verificando l’esistenza di uno stato che avanza verso il futuro, l’altro si allontani retrocedendo, apparentemente dissolvendosi nel passato. E non dovrebbe sorprendere  l’idea che parti separate cerchino l’unità.
Supponendo che tutto questo abbia senso e possa essere riferito  alle nostre vite potrebbe significare che inferno e paradiso esistono sul serio, non da qualche parte ma in noi stessi, e che ce lo portiamo appresso, per sempre,  impresso nelle nostre azioni. Se veramente Dio si manifesta come amore e l’amore è la forza creatrice all’origine di ogni cosa, come sostengo nel mio libro “Dagli opposti all’uomo”, allora quello che conta sul serio sarà l’amore che abbiamo saputo dare a fare la differenza.
Ivo fava
Cavarzere,  li 28/02/2014  

sabato 22 giugno 2013

L'EURO E LA CRISI IN EUROPA E IN ITALIA

L’Euro aiuterà l’Europa ad uscire dalla crisi o finirà per farla affondare peggiorando la situazione al punto da rendere inevitabile la sua fine e con essa anche il sogno dell’unificazione europea?

 In verità l’Euro, cosi come è concepito oggi, è un mostro che ha neutralizzato sia i meccanismi automatici di equilibrio dell’economia di mercato definiti dalla teoria classica, sia i meccanismi di interventi correttivi dell’ economia moderna chiamata da molti neo-keinesiana. Con ottiche diverse entrambe le teorie partono dal presupposto che in economia si finisce per realizzare l’uguaglianza R = I (Risparmio = Investimenti). Tuttavia nuovi sviluppi, da tempo in atto, nella concezione del risparmio e del suo utilizzo ha consentito il dirottamento di grandi masse monetarie dagli investimenti nei fattori della produzione alle transazioni finanziarie, in operazioni di borsa prive di qualsiasi etica e senza più alcun riferimento al mondo della produzione e del lavoro. Si è formata con ciò una grande liquidità sottraendo,però, risorse ai consumi delle famiglie, alla produzione e deprimendo gli investimenti delle aziende cui non solo vengono a mancare le risorse ma anche gli stimoli a produrre a causa di una domanda in caduta libera. Per la teoria classica è la capacità produttiva a determinare il reddito nazionale (PIL), per i neo-keinesiani è la spesa totale a determinarne la grandezza. Sta di fatto che in Italia la spesa si riduce, con essa si riduce anche la capacità produttiva, la produzione ed aumenta la disoccupazione. La problematica che abbiamo di fronte, perciò, non è tanto il deficit che va tenuto comunque sotto controllo razionalizzando la spesa, quanto la mancanza di un virtuoso processo di crescita. In questa situazione ridurre l’ammontare complessivo del debito come ci chiede l’Europa è impossibile, difficile anche mantenerlo stabile, e comunque il rapporto debito PIL è destinato inesorabilmente ad aumentare.

Perché l’Euro possa sopravvivere deve disporre delle stesse armi delle altre valute. La BCE è una banca a sovranità limitata. Non esercita sulla moneta il controllo che per esempio la Federal Reserve, la Banca d’Inghilterra o la Banca Centrale del Giappone esercitano rispettivamente sul dollaro, sulla sterlina o sullo Yen. Per esempio non può stampare o creare moneta per consentire un processo inflattivo che renda meno pesante il debito e più competitiva l’economia, per favorire con gli investimenti, la produzione e l’occupazione , per stimolare i consumi e l’esportazione. È vero, la BCE ha immesso una ingente liquidità nel circuito delle banche ma lo ha fatto utilizzando fondi messi a disposizione dagli stati membri, Italia compresa, che a loro volta li avevano sottratti alla spesa dei loro bilanci e conseguentemente ai consumi dei loro cittadini. Queste manovre hanno avuto un effetto ulteriormente deflattivo non inflattivo. Risultato l’Euro è troppo forte rispetto alle altre monete e i paesi in difficoltà come l’Italia fanno più fatica sui mercati internazionali mentre trovano più convenienti le merci di importazione rispetto a quelle nazionali. Le nostre aziende chiudono. Le Banche a cui la BCE ha elargito liquidità, data la situazione, invece di investire nelle imprese hanno comprato titoli del debito pubblico che presentano meno rischi e grazie allo spread offrono ottimi rendimenti. Anche il debito pubblico contribuisce a determinare la spesa complessiva è quindi il PIL ma in questo caso serve solo a rinnovare i titoli in scadenza. Abbiamo già osservato che, con una economia in fase recessiva, anche se l’ammontare del debito pubblico rimane sempre lo stesso, la sua percentuale rispetto al PIL continua inevitabilmente a crescere. In questa situazione perseguire ad ogni costo la riduzione del deficit fa solo peggiorare la situazione.

Abbiamo accennato ad un uso perverso del risparmio con lo spostamento di grande masse monetarie dai fattori della produzione alla speculazione finanziaria e con transazioni borsistiche spesso prive di qualsiasi etica: si crea in questo modo una liquidità che rimane inutilizzata e nelle mani di pochi. Spesso si tratta di una massa monetaria che finisce in paradisi fiscali in attesa di essere riutilizzata più o meno nello stesso modo. Questo uso del risparmio crea ricchezza per pochi e povertà per molti. Chi la possiede o la controlla, infatti, non ha alcun interesse ad affrontare avventure imprenditoriali quando ha l’opportunità di facili guadagni assumendo pochissimi rischi.

Se non bastano i paradisi fiscali i singoli paesi europei si contendono le scarse risorse di capitali con sistemi fiscali concorrenti giovandosi dell’assenza di una politica fiscale comune a tutti i paesi dell’unione. Si favorisce con ciò, se non una vera e propria evasione, almeno l’elusione fiscale di quanti prendono residenze fasulle per usufruire di legislazioni più favorevoli.

Ecco allora cosa dovrebbe fare l’Unione per avere un euro destinato a sopravvivere:

 - una banca centrale di ultima istanza, completamente indipendente che ove necessario possa creare moneta per una fase espansiva in grado di rimettere in moto la produzione e il lavoro.
 - una politica tesa a eliminare i paradisi fiscali specie quelli esistenti nella stessa Comunità Europea,
 - una comune politica fiscale che delimiti l’autonomia dei singoli stati pur consentendo una certa elasticità di comportamenti,
 - contrastare le speculazioni finanziarie con una tassa sulle transazioni ma soprattutto proibendo, in via definitiva e non temporanea, le vendite allo scoperto che molti adoperano per drogare i mercati a proprio uso e consumo.

Se si realizzano questi obiettivi gli stati che usano la moneta unica saranno messi nella condizione di svolgere i loro compiti in caso contrario potrebbero non farcela e l’Euro non avrebbe un futuro. Nel frattempo l’Unione Europea deve fare uno sforzo e mettere a disposizione dei fondi , o attraverso la BCE con l’emissione di titoli di scopo, o ricavati dal bilancio comunitario, da destinare ai paesi in recessione al fine di promuovere la produzione e l’occupazione.

L’Italia però non deve comportarsi come ha fatto quasi costantemente nel passato.

 - La nostra presenza negli organismi comunitari dove si discutono e si prendono decisioni relative alle politiche dell’unione deve contare su persone competenti che sappiano leggere i documenti in inglese e siano attente a non concedere più di quanto possono permettersi come è successo troppe volte nel passato e come è emerso , anche di recente, con la controversia sulle quote latte. Una volta che si sono presi degli impegni bisogna essere in grado di rispettarli.
 - In campo economico data la ristrettezza del credito e la scarsa liquidità a disposizione delle imprese è necessario mettere queste ultime in condizione di consentire un processo di accumulo di risorse proprie con un fisco più leggero ma soprattutto usando la leva fiscale per favorire l’assunzione a tempo indeterminato e l’investimento a scopi produttivi. Per le nuove imprese si dovrebbe prevedere un periodo di esenzione totale dalle imposte, semplificare le procedure per l’inizio di attività , ridurre i tempi e i costi relativi.
 - In merito alla semplificazione legislativa si potrebbe stabilire che ogni nuova legge preveda l’abrogazione di tutta la legislazione precedente sul medesimo argomento vietando perciò ogni richiamo a normative più datate.
 - Per un miglior funzionamento della giustizia e per accelerare la conclusione dei processi sia civili che penali si potrebbero ridurre a due i gradi di giudizio e intervenire sulle procedure in modo da evitare i molti rinvii che spesso non hanno alcuna giustificazione. In particolare nei processi civili e in tutte le vertenze di carattere amministrativo si potrebbe consentire l’autodifesa quando l’imputato o il ricorrente non si sente sufficientemente tutelato dal suo legale.
 - Sul risparmio bisogna distinguere - a) chi si astiene dal consumo per creare una riserva di sicurezza al fine di soddisfare eventuali esigenze future -b) da chi dispone di risorse ingenti e le parcheggia in azioni, obbligazioni e titoli di debito pubblico. Il risparmio di cui al punto a) dovrebbe confluire in banche che se ne servono per concedere prestiti alle imprese e alle famiglie. I depositi di cui al punto b) dovrebbero confluire in banche che si occupano di gestire patrimoni o di effettuare speculazioni finanziarie. Solo le prime che custodiscono depositi frutto di sacrifici e a cui molte persone hanno affidato la loro tranquillità e sicurezza, dovrebbero ottenere uno scudo protettivo. Le seconde dovrebbero operare a proprio rischio e pericolo.
 - Inevitabili gli interventi sulla spesa. Si tratta di evitare sprechi di risorse in una situazione in cui la contrazione del reddito nazionale rende inevitabilmente impossibile reperirne di nuove. In primo luogo i partiti devono rendersi conto che non possono mantenere un esercito di funzionari o consentire ai loro esponenti di arricchirsi personalmente a spese di contribuenti che diventano al contrario sempre più poveri. In secondo luogo non possiamo più permetterci di mantenere costose strutture non essenziali al funzionamento dello stato anzi spesso con effetti negativi per duplicazione di funzioni e creazione di ostacoli burocratici al suo corretto funzionamento. Positivo sarebbe se ogni Regione destinasse ad uno dei suoi uffici il compito di controllare la spesa delle proprie strutture, specie sanitarie, per evitare sostanziali, ingiustificate differenze nell’uso e nel costo di servizi, presidi, macchine e materiali sanitari di ogni genere destinati alla prevenzione e cura degli ammalati.
 - Un discorso a parte andrebbe fatto sul conflitti di interessi. Sono talmente tanti che è impossibile affrontarli tutti in questa sede. Una cosa è certa: non c’è solo Berlusconi e l’informazione. Alcuni hanno a che fare con i principi fondamentali di ogni sistema democratico: la divisione dei poteri. I poteri non devono solo essere nominalmente separati, devono anche essere divisi. Chi siede nelle camere del potere legislativo non può contemporaneamente sedere in quelle del potere esecutivo e viceversa. Gli avvocati non possono contemporaneamente fare i parlamentari e sostenere in giudizio la difesa degli onorevoli colleghi e dei propri clienti. La magistratura non deve fare le leggi, deve solo farle osservare. I magistrati non possono disinvoltamente invadere i partiti e viaggiare tra le istituzioni come astronauti tra le galassie. Il sistema elettorale per l’elezione del CSM va riformato per impedire a giudici e pm di confluire in liste dagli orientamenti chiaramente politici.
 - Burocrati ed alti funzionari dello stato non dovrebbero ricoprire incarichi multipli spesso in conflitto tra loro o assumere funzioni consultive su problemi che li riguardano. Politici ed imprenditori non possono sedere nei C. di A. delle banche indirizzando il credito a proprio vantaggio, talvolta in modo delittuoso, altre senza adeguate garanzie e a particolari condizioni di favore, sempre sottraendolo a chi potrebbe utilizzarlo in modo migliore.

Forse abbiamo messo troppa carne al fuoco ma di carne non ce n’è mai abbastanza per un paese come il nostro. Infatti aspetta da molto tempo che i partiti, se ancora esistono o magari prima che scompaiano del tutto, affrontino il problema della legge elettorale e delle riforme istituzionali perché la nostra Costituzione sarà anche la migliore del mondo ma non funziona.
 ivo fava 21/06/2013

giovedì 26 luglio 2012

SERVONO DUE DISTINTE COMUNITÀ EUROPEE

Con le regole attuali l’Europa è destinata a subire la crisi fino alla sua distruzione. L’euro non può sopportare misure di emergenza che non risolvono i problemi di fondo ma contribuiscono ad aggravarli. Servirebbero politiche fiscali ed economiche comuni, strutture comunitarie sovranazionali, compresa una banca di ultima istanza in grado di stampare moneta. Se la Germania continuerà a sostenere le sue attuali condizioni e trarre con ciò vantaggio dalle debolezze altrui, usufruendo di risorse monetarie provenienti da paesi in crisi della comunità sovranazionale a cui essa stessa appartiene, per finanziare la sua economia a interessi negativi, otterrà solo il risultato di affondare i paesi mediterranei sotto il giogo di uno spread insopportabile e di una crescente protesta popolare. Se le cose stanno cosi si devono cercare soluzioni alternative. Non serve uscire dall’euro ma si possono averne due. I paesi settentrionali che vogliono mantenere le attuali regole e strutture comunitarie, non intendono sacrificare parte delle loro attuali risorse per aiutare i paesi più deboli, si tengano la loro Europa, il loro euro e la loro BCE. I paesi mediterranei si diano proprie strutture più avanzate, più democratiche e maggiormente integrate con una banca di ultima istanza. Si pongano, così, nella condizione di sostenere le loro economie in concorrenza con l’Europa del nord. Nonostante l’impegno di Draghi, la BCE da sola, senza ulteriori poteri che Germania, Olanda, Finlandia non intendono attribuirle, non riuscirà a salvare l’euro, perciò la proposta di due distinte comunità europee è l’unica che può consentire una uscita morbida dalla crisi bloccando la speculazione della finanza internazionale. All’inizio l’euro mediterraneo subirà una pesante svalutazione, l’inflazione morderà ma l’economia dei paesi interessati potrà rapidamente tornare a correre, gli stipendi si adegueranno progressivamente all’inflazione e alla fine si troverà un nuovo equilibrio non necessariamente al ribasso. Se il sogno di un’Europa unita deve finire perché non farne due per continuare a creare futuro invece di precipitare nel passato? ivo fava 26/07/2012

giovedì 3 maggio 2012

ANCORA SU MONTI

ANCORA SU MONTI Era chiaro sin dal primo momento: se Monti voleva procedere, per il suo programma di governo, consultando i partiti, questi sarebbero andati a nozze. Lo avrebbero lasciato governare fino al 2013 facendogli fare solo quello che loro avrebbero voluto ma non riuscivano a fare: cioè il lavoro sporco, quello che fa pagare il prezzo della crisi alla parte più debole della popolazione salvando proprio quelle lobbie e caste che ne sono la causa. Così facendo potrà anche arrivare al 2013 ma il paese non si salverà e il giudizio sul governo dei tecnici sarà inclemente. Ogni speranza delusa è il presupposto per nuove tensioni e poiché siamo alla frutta, oscure nubi si addensano sul nostro futuro. La nomina di tre commissari rispettivamente alla spending revew (sarebbe meglio dire revisione della spesa), alla riduzione del costo della politica, alla modernizzazione dello stato e delle sue strutture: cioè di ciò che più di ogni altra cosa darebbe il segno del cambiamento, potrebbe significare che il governo ha capito la lezione ma potrebbe anche essere un ulteriore segno di debolezza se non si traduce in risultati concreti nel breve termine. Anche le tanto attese misure di equità: una più equilibrata distribuzione dei sacrifici ma anche iniziative tese a creare un nuovo equilibrio nella distribuzione del reddito, devono trovare adeguate risposte. Questo governo è un governo di tecnici ma in un paese che pretende di essere democratico ogni governo è un governo politico specie se sostenuto dal parlamento: le sue responsabilità sono responsabilità politiche. Se incontra resistenze ha lo strumento della fiducia. Lo può usare ponendo il parlamento di fronte alle sue responsabilità. Potrà essere sfiduciato ma almeno salverà la faccia e la sua credibilità, al contrario, non avrà attenuanti se il suo arrivo alla scadenza normale della legislatura sarà un fallimento. La mia opinione è che questo parlamento non è in grado di riformare né lo stato, né i partiti, né se stesso ma un po’ dovrebbe preoccuparsi della propria impotenza e qualcosa, ove costretto, dovrebbe concedere. Ivo Fava – 03/05/2012