giovedì 3 maggio 2012

ANCORA SU MONTI

ANCORA SU MONTI Era chiaro sin dal primo momento: se Monti voleva procedere, per il suo programma di governo, consultando i partiti, questi sarebbero andati a nozze. Lo avrebbero lasciato governare fino al 2013 facendogli fare solo quello che loro avrebbero voluto ma non riuscivano a fare: cioè il lavoro sporco, quello che fa pagare il prezzo della crisi alla parte più debole della popolazione salvando proprio quelle lobbie e caste che ne sono la causa. Così facendo potrà anche arrivare al 2013 ma il paese non si salverà e il giudizio sul governo dei tecnici sarà inclemente. Ogni speranza delusa è il presupposto per nuove tensioni e poiché siamo alla frutta, oscure nubi si addensano sul nostro futuro. La nomina di tre commissari rispettivamente alla spending revew (sarebbe meglio dire revisione della spesa), alla riduzione del costo della politica, alla modernizzazione dello stato e delle sue strutture: cioè di ciò che più di ogni altra cosa darebbe il segno del cambiamento, potrebbe significare che il governo ha capito la lezione ma potrebbe anche essere un ulteriore segno di debolezza se non si traduce in risultati concreti nel breve termine. Anche le tanto attese misure di equità: una più equilibrata distribuzione dei sacrifici ma anche iniziative tese a creare un nuovo equilibrio nella distribuzione del reddito, devono trovare adeguate risposte. Questo governo è un governo di tecnici ma in un paese che pretende di essere democratico ogni governo è un governo politico specie se sostenuto dal parlamento: le sue responsabilità sono responsabilità politiche. Se incontra resistenze ha lo strumento della fiducia. Lo può usare ponendo il parlamento di fronte alle sue responsabilità. Potrà essere sfiduciato ma almeno salverà la faccia e la sua credibilità, al contrario, non avrà attenuanti se il suo arrivo alla scadenza normale della legislatura sarà un fallimento. La mia opinione è che questo parlamento non è in grado di riformare né lo stato, né i partiti, né se stesso ma un po’ dovrebbe preoccuparsi della propria impotenza e qualcosa, ove costretto, dovrebbe concedere. Ivo Fava – 03/05/2012

martedì 1 maggio 2012

SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE

SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE

Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di oggi, 17 agosto, sostiene, a ragione, che i disordini dei giorni scorsi in Inghilterra pongono il problema del rapporto dei governi con le risorse disponibili ma sembra far risalire questi eventi al suffragio universale che obbliga chi è al potere ad avere un voto in più rispetto ai suoi avversari. Per accontentare tutti i gruppi sociali i governi spendono, per spendere tassano e quando le tasse non bastano si indebitano. Così la finanza assume il controllo dello stato. Tutto questo sarebbe iniziato in Italia negli anni ’70, quando si sono indeboliti i motivi di consenso politico e ideologico come, ad esempio, la necessità di opporsi al comunismo. In realtà in Italia è cominciato con il centro sinistra, quando la cittadella democratica dei quattro partiti di centro, costretta ad operare al meglio, perché assediata dalle opposizioni, ha improvvisamente allargato la sua base parlamentare, incorporando parte della sinistra. Avendo così acquisito una maggioranza di sicurezza nelle assemblee legislative, la preoccupazione prevalente dei partiti di governo è stata quella di crescere rispetto ai diretti concorrenti al fine di gestire fette sempre più rilevanti di potere. Per farlo dovevano accontentare le loro clientele, ignorando le battaglie ideali, che tra l’altro non tutti avevano combattuto, e che contrapponevano oriente ad occidente, economie di mercato ad economie pianificate, le democrazie liberali alle dittature, comunque denominate. L’apertura a sinistra era un problema tutto italiano ma il venir meno della battaglia ideale riguardava tutte le democrazie occidentali ed era conseguente all’indebolimento delle grandi tensioni, non solo belliche ma soprattutto culturali che avevano caratterizzato la caduta dei regimi fascista, nazista e infine di quello comunista. In questa situazione, specie in Italia, chi controllava la spesa pubblica, oltre che favorire le sue clientele, ha pensato bene di ritagliarsi un profitto personale per se, per il suo partito o per i suoi lacchè. Oggi le cose non sono cambiate. E. G. della Loggia, a tale proposito, parla di un assottigliamento spirituale che avrebbe costruito il consenso con la spesa pubblica piuttosto che con l’istruzione pubblica e l’informazione. In realtà l’assottigliamento spirituale lo hanno subito le classi dominanti e lo hanno imposto a quelle subordinate che non hanno avuto scelta. Veramente queste ultime si sono difese, hanno resistito, e, sia pure in silenzio, cercato di conservare un sistema di valori che la tradizione aveva radicato nelle famiglie e nella società civile. La spesa pubblica ha assunto un ruolo dominante ma i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Le tasse aumentavano e il debito cresceva ma il suo costo gravava soprattutto su quel ceto medio, impoveritosi al punto che, oggi, anche con un buon lavoro non riesce più a formare una famiglia e a mantenerla. Trovare nuovi valori per le democrazie occidentali è ancora possibile, basta cercarli dove ancora si trovano ma chi li deve apprendere non sono coloro che hanno subito in silenzio i soprusi del potere ma chi non vuole rinunciare ad un centesimo delle sue ricchezze ed approfitta delle occasioni offerte dalla normativa finanziaria per aumentarle, contribuendo ad aggravare la povertà degli altri. Cosi si favorisce la violenza degli esclusi: il suffragio universale c'entra come il cavolo a merenda. I ricchi devono, dimenticare i paradisi fiscali, le vendite allo scoperto, i titoli spazzatura ad altre diavolerie del genere, per apprendere ed apprezzare il valore della solidarietà ed i principi che devono ispirare una società civile. In un mio precedente articolo “Democrazia Oggi”, rintracciabile in questo blog, ho sostenuto che nessun sistema elettorale garantisce veramente una rappresentanza democratica. La rappresentanza è ormai nelle mani di potenti oligarchie dominanti. Propongo quindi di ricorrere a sistemi alternativi come l’estrazione a sorte, con una permanenza limitata nel tempo dei rappresentanti, cosi selezionati, nelle assemblee legislative. Si eviterebbe così il formarsi delle clientele, si ridurrebbe di molto il costo della politica, si contrasterebbe la corruzione e sparirebbero molti dei difetti riscontrabili oggi nelle nostre istituzioni. Sono anche certo che in questo modo si avrebbero rappresentanti più preparati e responsabili di quelli odierni.
Ivo Fava – 17 agosto 2011