lunedì 14 luglio 2014

L'EVOLUZIONE SECONDO EMANUELE SEVERINO

L'EVOLUZIONE SECONDO EMANUELE SEVERINO

Leggo sul Corriere della Sera del 26 sett., l'articolo di E. Severino "Il nulla che unisce Dio a Darwin". Severino sostiene, citando Jacques Monod, che l'evoluzione è originata unicamente dal caso e da una libertà assoluta e cieca. Si rifà alla filosofia greca, in particolare al concetto democriteo e aristotelico di caso: "automaton" 
"Se si guarda a ciò che sta intorno all'automaton non si trova nulla che spieghi perché esso tenda, si muova, si produca. Cioè si trova il nulla. Muovendosi e producendosi da se stesso si muove e produce dal proprio non essere" (ma perché "proprio"? Forse bisognerebbe spiegare il significato della parola in questo contesto altrimenti se ne potrebbe ricavare che ogni ente ha un proprio esclusivo nulla da cui emerge).
Prende, quindi, un esempio dalla biologia. Per la scienza l'embrione è il programma di un individuo e questo individuo è in potenza un uomo; ma, sostiene Severino, prima di realizzarsi come tale, l'uomo non è, cioè è nulla. Questo programma non potrebbe in alcun caso costituire "una spiegazione o anticipazione" dell'individuo che seguirà proprio perché realizzandosi da sé è "un prodursi da sé" in modo puramente casuale. Infine, concede, se proprio si vuole parlare di guida, si dovrebbe fare riferimento al concetto quantistico dell'onda di probabilità di Heisemberg. Ma questa opzione non mi sembra possa costituire una conferma di quanto precedentemente sostenuto.
Se tutto avviene nel campo delle probabilità, vuol dire che ci sono regole che comprendono una probabilità zero: allora il caso inteso come possibilità cieca in assoluto deve essere escluso. Se si lancia una moneta può uscire testa o corona ma non cavallo o capra.
Secondo Severino il divenire emerge dal nulla e il nulla e in potenza divenire. Se il nulla è Dio allora il divenire è manifestazione della potenza divina. In entrambe le situazioni ci si muoverebbe dal non essere all'essere e, poiché il divenire è caso, non c'è "necessità" nei programmi, siano essi biologici, informatici, metafisici o teologici; infatti "se essa esistesse spiegherebbe e anticiperebbe tutto il futuro". Non c'è neppure "scopo necessario", poiché "il nulla originario delle cose non spiega e non anticipa il loro futuro e la loro realizzazione è libertà assoluta, l'evoluzione è cieca."
Ma se l'evoluzione subisce l'onda di probabilità, i programmi contengono l'informazione necessaria al verificarsi di regolarità sulla cui base è possibile prevedere che alcune cose sono più probabili di altre, mentre altre sono del tutto impossibili. Questo non permette di stabilire a priori quale uomo emerga da un embrione o se quest'uomo potrà mai realizzarsi. Il programma potrà subire delle interruzioni, contenere degli errori, o anche semplicemente delle modifiche genetiche ma quell'embrione non potrà mai generare uno stambecco o uno scorpione.
Sappiamo che la gravità ha dato origine alle galassie; le galassie alle stella di varia forma e grandezza; che dal collasso delle stelle si sono prodotte le condizioni per la formazione dei pianeti e che i pianeti, in determinate condizioni possono ospitare la vita. Queste sono regolarità, anche se nel loro ambito,  le manifestazioni possono assumere i più disparati aspetti. Per Severino anche questi eventi sono del tutto casuali: dobbiamo forse concludere che non esistono leggi naturali ma solo manifestazioni coerenti di fenomeni casuali da noi interpretate come leggi di natura?
In ogni caso non possiamo anticipare o prevedere il futuro, ma con le conoscenze necessarie possiamo prevedere dove può nascere una stella; dove è possibile trovare dei pianeti e in quali di questi ci sono le condizioni che possono favorire il sorgere e il diffondersi di forme di vita. Come sarà il nostro futuro non lo sappiamo ma sappiamo che se l'uomo può scomparire altre forme di vita possono manifestarsi e sostituirlo e la vita potrà continuare in questo o in un altro mondo.
Se dobbiamo credere all'onda di probabilità di Heisemberg e a Severino, secondo cui l''universo è venuto in essere dal non essere, cioè dal nulla, allora il nulla deve contenere le informazioni necessarie che consentono solo a determinati universi di realizzarsi ed alcuni di loro saranno più probabili di altri.
Che si tratti di Dio o del Nulla , ci si muove dal non essere all'essere, non in base al caso, inteso come libertà assoluta e cieca, e neppure secondo un programma predefinito, invece con la libertà di transitare verso l'esistenza tra diverse ma non infinite opzioni, alcune più probabili di altre, e un limite al punto in cui la probabilità coincide con lo zero.    
Ivo Fava - Cavarzere, li 03/10/2008 

DONNE IN RIVOLTA TRA ARTE E MEMORIA

DONNE IN RIVOLTA TRA ARTE E MEMORIA

L'assoluzione di Oreste

Eva Cantarella trae ispirazione dall'Orestea di Eschilo per la sua relazione al convegno di Firenze, organizzato a Palazzo Strozzi dalla fondazione SUM: "Donne in rivolta tra arte e memoria". Ne anticipa il contenuto sul Corriere della Sera del 28 apr. Definisce l'Aeropago, istituito da Atena per giudicare il matricida Oreste, "il primo tribunale della storia ateniese" Con esso, sostiene, si pone fine ad una giustizia basata sulla vendetta per dare origine al mondo del diritto. Considera che il giudizio di assoluzione, calorosamente invocato da Apollo,non segni "la sconfitta della parte femminile del mondo" perché "il diritto non può essere solo ragione, per essere giusto deve dare spazio alle emozioni". Alla fine anche le Erinni che nel processo rappresentano l'accusa, "rinunciano all'atto sanguinario e accettano di entrare nel sistema giudiziario". Così la forza della persuasione vincerebbe sulla vendetta e condurrebbe alla riconciliazione
Anche se questa visione è in linea con l'interpretazione classica e coerente con quella dell'autore, è possibile dare alla vicenda una lettura del tutto diversa. Nel tribunale istituito da Atena l'aspetto più rilevante non è il desiderio di vendetta o la necessita di una riconciliazione, né la relazione tra emozioni e ragione. In quel tribunale si confrontano due visioni del mondo, sostenendo e proponendo ciascuna una diversa legge naturale e un diverso ordine morale.
Le Erinni assolvono Clitennestra perché "ella non aveva legami di sangue con l'uomo che uccise" e condannano Oreste per l'opposta ragione. Apollo, invece, assolve Oreste perché " non è la madre la generatrice di quello che è chiamato suo figlio; ella è la nutrice del germe in lei inseminato. Il genitore è colui che la feconda".
Nella mitologia greca le Erinni sono le figlie di Urano e di Gaia, la terra, ma in loro sopravvive il ricordo di un ordine naturale con una organizzazione sociale preesistente all'arrivo degli indoeuropei. in cui la necessità di impedire l'incesto aveva portato alla formazione di clan esogamici matriarcali e ad una credenza, pressoché universale nel tardo neolitico, in una dea madre generatrice di vita. Di questo doveva esserci traccia anche nella memoria arcaica dei greci. Generare era allora una facoltà femminile.
Gli indoeuropei portarono con se un diverso ordine rappresentato da famiglie patriarcali, divinità familiari esclusivamente maschili e divinità regionali antropomorfe ove comunque prevaleva il carattere maschile. Anche generare diventa una facoltà esclusivamente maschile.
IL giudizio degli dei si uniforma a quello degli uomini.
Le Erinni. dee della fertilità, che consideravano il delitto tra consanguinei il più grave dei reati, in questo contesto, perdono ogni potere persuasivo sulla colpevolezza di Oreste (non è stato generato dalla madre). Non hanno alternative. Devono adeguarsi al giudizio di Atena e alla cultura prevalente. Diventeranno Eumenidi: spiriti della buona volontà.   
Il desiderio di vendetta guida sia la mano di Clitennestra contro Agamennone che le ha ucciso la figlia Ifigenia, sia la mano di Oreste contro sua madre che le ha ucciso il padre; tuttavia sul giudizio pesa soprattutto la forza del nuovo ordine morale. Non è la forza della persuasione, ed è una resa, non una riconciliazione,  a spingere le Erinni verso un cambiamento radicale della loro natura.
L'Aeropago è forse il primo tribunale della storia ateniese e con esso nasce, forse, il diritto ma questo diritto si muove nel quadro di una concezione morale che imprigiona sia la ragione che le emozioni.
Per una vera riconciliazione tra le ragioni dell'accusa e della difesa nel processo di Oreste occorrerà attendere una nuova etica che comincerà ad affermarsi solo a partire dai primi anni dell'era cristiana: Un'etica che attribuisca pari dignità a tutti gli esseri umani, senza distinzione di genere, di razza o di condizione sociale.
Ancora una volta sarà un nuovo codice morale a stabilire il dominio nel quale deve muoversi il diritto e con esso la ragione e le emozioni. Solo con la sua affermazione sarà possibile un nuovo ordine sociale, culturale e politico che consenta, come dice Cantarella, di "cancellare per sempre la necessità della scure.
Ivo Fava - Cavarzere, li 03/05/2008 

TRA RAGIONE E FEDE

RAPPORTO TRA RAGIONE E FEDE
La fede non e un ostacolo ad una visione laica del mondo

Claudio Magris (sul Corriere della Sera del 17 gennaio 2008) sostiene che laicità "è essenzialmente la capacità di distinguere ciò che è dimostrabile razionalmente da ciò che è invece oggetto di fede". Emanuele Severino (sul Corriere della Sera del 6 febbraio s.a.) sostiene che laicità non è una forma mentis ma "filosofia". Le costruzioni filosofiche , però, non sono razionalmente dimostrabili ma solo assunzioni su basi razionali, giustificate da ragionamenti logici che non escludono approdi fideistici. Laicità perciò e accettare l'oggettività scientifica , accogliere il metodo filosofico e usare la logica per cercare sia risposte che possono essere dimostrate razionalmente sia verità nascoste, non falsificabili, che possono approdare su posizioni agnostiche come pure ad una fede.
Laicità, dice Magris è anche "dubbio" ma il dubbio, sostiene Severino, rivolto anche alle proprie certezze mette in discussione la distinzione tra ragione e fede oppure diventa scetticismo e relativismo. In verità il dubbio è sempre lecito perché scienza, filosofia ed ogni altra branca del sapere, anche quando credono di interpretare le leggi della natura, sono in realtà costruzioni umane. Anche l'idea del divino ha molte sfaccettature  e non tutti pensano a Dio nello stesso modo. Affermare questo non significa mettere in dubbio la distinzione tra ragione e fede né approdare necessariamente a forme di scetticismo e relativismo. In realtà filosofi, scienziati, uomini comuni, tutti dobbiamo condividere un principio etico: e questo principio che fa di me un credente ma anche gli agnostici e gli atei possono condividerlo senza mettere in discussione la mia e le loro laicità.
Per Magris la risposta data da Gesù ai farisei "rendete dunque a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" è un principio laico ma Severino sostiene che "nella logica evangelica le leggi dello stato non possono contrastare le leggi di Dio, devono essere cioè leggi cristiane ". Siamo quindi alla "teocrazia non laicità". Nella logica di Cesare invece, sempre secondo Severino, la religione deve essere controllata dallo stato e quindi abbiamo:"assolutismo, totalitarismo non laicità".
A mio modo di vedere la risposta di Gesù ai farisei va rapportata all'unica vera raccomandazione evangelica. "amerai il prossimo tuo come te stesso". Questa relazione ci aiuta a comprendere l'etica cristiana e il suo rapporto con le leggi dello stato che sono invece consegnate alla responsabilità degli uomini. Il Dio dei vangeli non impone alcuna legge; lascia agli uomini la libertà di decidere i loro comportamenti, ma Cesare deva guardarsi dal fare leggi ingiuste che umiliano ed offendono la dignità umana.
Ivo Fava - Cavarzere, li 08/02/2008

lunedì 23 giugno 2014

TRA PASSATO E FUTURO - L'uomo al quadrato -


TRA PASSATO E FUTURO
L’uomo al quadrato
La fisica oggi sta cercando di superare l’attuale modello standard fondato su tre famiglie di particelle fondamentali, ciascuna formata da un elettrone con il suo neutrino e due quark: famiglie che si differenziano l’una dall'altra per masse crescenti dalla prima alla terza. Queste particelle interagiscono tra loro per l’azione di quattro forze, altrettanto fondamentali, tramite lo scambio di altre particelle chiamate bosoni di cui alcune prive di massa come i fotoni, altre con masse variabili come i gluoni e le W. Negli anni tra i ‘60 e i ‘70 tre di queste forze: l’elettromagnetismo, la debole e la forte sono state unificate in un’unica struttura matematica e la scoperta del bosone di Higgs permetterà ben presto di scoprire come tutte le particelle abbiano, forse, la stessa origine. Il tentativo  di giungere ad una teoria unificata capace di comprendere tutte le forze, compresa la quarta e cioè la gravità, ha prodotto una nuova formulazione della meccanica quantistica per renderla compatibile con la teoria della relatività ristretta di Einstein. Si è reso evidente ciò che era stato oggetto di una sottovalutazione: La formula E = mc² si riferisce unicamente ad una massa a riposo ma per le masse in movimento la formula diventa E² = m²c⁴  (In fisica torna sempre la legge del quadrato: il quadrato della distanza che vale per la gravità ma anche per le altre forze, il quadrato della funzione d’onda di  Schrödinger  che indica la probabilità di trovare le particelle in un determinato posto in un determinato istante).  Apparentemente si tratta di una questione priva di importanza perché la seconda formula, una volta ridotta per semplificazione, è esattamente eguale alla prima, in realtà quest’ultima ha due soluzioni. Infatti la radice quadrata di 4 da come risultato +2 ma anche -2 (2² = -2² = 4). Possiamo avere perciò sia E = mc², sia E = -mc² , cioè un esito positivo e  uno negativo.  Questo è alla base di molte stranezze quantistiche e può aiutare a spiegare moltissime cose come la sovrapposizioni di stati, l’entanglement ( contestato da Einstein con l’esperimento mentale  EPR  ma confermato 30 anni dopo da Bell), il  pin delle particelle, il fenomeno dell’interferenza ( rivelato la prima volta da Thomas Young con l’esperimento delle due fessure),  il magnetismo, l’antimateria e in generale le caratteristiche ondulatorie della luce e della materia. Tuttavia per unificare tutte le forze esistenti  occorre conciliare la teoria quantistica  anche con la forza gravitazionale ma fino ad oggi la gravità (nonostante i tentativi di Lee Smolin con la sua “Loop quantum gravity”) ha resistito ad ogni tentativo di unificazione. Teorie come la supersimmetria, quella delle stringhe,degli universi paralleli, delle dimensioni aggiuntive ed altre sono ancora lontane da eventuali conferme ed abitano più il territorio della speculazione filosofica che della fisica.
Su questo terreno esercita un fascino particolare la questione del tempo a cui gli aspetti della fisica di cui abbiamo parlato non sono certo indifferenti.  Sappiamo che in un buco nero la materia collassa fino a raggiungere dimensioni infinitesimali,  che nel suo interno il tempo rallenta fino a fermarsi e sappiamo anche che, alle dimensioni di Planck: 10⁻³⁵, anche la gravità diventa un fenomeno quantistico. A questo livello ha ancora senso parlare del tempo? La domanda è: ha ragione Newton che lo considera un valore assoluto, Einstein che lo considera relativo o altri che lo considerano una sorta di incantesimo, una illusione che caratterizza la nostra come ogni altra esistenza? Può esserci un tempo per ognuno di noi, per ogni oggetto e per ogni cosa esistente nell’universo,  il  tempo può accelerare o rallentare a seconda della massa o della quantità di moto ma se c’è un tempo per ogni cosa, per ogni massa e per ogni movimento, insomma per ogni sia pur effimero evento,  allora come possiamo parlare del tempo?
Diceva Leonardo Da Vinci: ”l’acqua che tocchi dei fiumi è la prima di quella che viene, l’ultima di quella che va: così il tempo presente.” Se l’acqua procede verso la vastità degli oceani l’attimo resterebbe  forse prigioniero  del suo tempo?  Una volta nell’oceano potrebbe anche conservare la memoria degli attimi passati e delle profondità cosmiche da cui è emersa la prima volta come infinite generazioni di salmoni fanno del luogo di origine (e dei sentieri percorsi dalla loro nascita) cui fanno ritorno da adulti per finire la loro esistenza dove tutto è cominciato. Se è così anche noi possiamo dissolverci nel mare dell’infinito per lasciare ogni attimo della nostra esistenza imprigionato nel suo tempo,  salvo, poi, al ricomporsi del tutto ove l’universo dovesse collassare in un unico punto di vuoto infinito senza qui e la, senza passato e futuro.
Questa è una immagine letteraria ma la si può tradurre in termini quantistici immaginando che ciò che passa proceda in avanti verso il futuro  e ciò che resta imprigionato nel tempo proceda a ritroso verso il passato.  Alla fine, passato e futuro potrebbero ricongiungersi, collassando, in un unico infinito, eterno presente. È come dire che ognuno di noi è il quadrato di se stesso e che ogni estrazione di radice produce due risultati uno positivo ed uno negativo. Nessuna meraviglia se anche nelle grandi masse scopriamo che esiste la sovrapposizione di stati e che verificando l’esistenza di uno stato che avanza verso il futuro, l’altro si allontani retrocedendo, apparentemente dissolvendosi nel passato. E non dovrebbe sorprendere  l’idea che parti separate cerchino l’unità.
Supponendo che tutto questo abbia senso e possa essere riferito  alle nostre vite potrebbe significare che inferno e paradiso esistono sul serio, non da qualche parte ma in noi stessi, e che ce lo portiamo appresso, per sempre,  impresso nelle nostre azioni. Se veramente Dio si manifesta come amore e l’amore è la forza creatrice all’origine di ogni cosa, come sostengo nel mio libro “Dagli opposti all’uomo”, allora quello che conta sul serio sarà l’amore che abbiamo saputo dare a fare la differenza.
Ivo fava
Cavarzere,  li 28/02/2014