venerdì 14 maggio 2010

LIBERTA' E PRINCIPIO ETICO

LIBERTA’ E PRINCIPIO ETICO
Come rispondere a Vito Mancuso

Dice il teologo Vito Mancuso: «l’obiettivo divino, ancor più della vita fisica, è la vita libera, e in questa prospettiva Dio realizza veramente il suo piano, perché il mondo che si dispiega ogni giorno sotto i nostri occhi è un immenso esperimento che raggiunge il suo obbiettivo, cioè la terribile ed insieme meravigliosa alchimia della libertà».
Se c’è un Dio questo deve manifestarsi perché altrimenti non avrebbe alcun senso e sarebbe chiuso in un cerchio di autoreferenza. Dobbiamo anche pensare che la Sua manifestazione avvenga nell’esistente non nell’essente perché Dio è già manifesto in sé. Ma se partiamo dal presupposto che l’uomo è libero dobbiamo immaginare che la manifestazione divina avvenga nella forma di proposta: ci sia cioè in essa una modalità che esige una risposta, modulata in vario modo, ma fra due estremi: accettazione o rifiuto. Una risposta che implica una responsabilità da cui dipende il nostro destino e la nostra stessa sopravvivenza. Però, se esiste un disegno divino dovremmo parlare di processo, non di esperimento, e dovrebbe riguardare il contenuto della manifestazione, non la sua modalità: non può, quindi, consistere nella libertà che consegue alla modalità, ma bensì in un valore, un principio etico in grado di orientare i nostri comportamenti. Dunque, noi siamo liberi di esercitare le nostre scelte ma questa libertà viene esercitata in un mondo di relazioni dove ognuno deve rapportarsi con l’altro sia che ne venga a contatto, sia che ciò non accada, perché ogni azione provoca una reazione diretta sulle cose con cui viene a contatto e indiretta sulle cose lontane, dalle conseguenze diffuse, a volte percepibili e a volte no, ma comunque reali. In questo contesto uniformarsi o meno ad un principio etico ha un impatto decisivo.
Comunque si ragioni attorno a questo problema, la tendenza è quella di riferirsi sempre all’uomo come se fosse solo lui l’oggetto dell’attenzione divina; in realtà noi siamo solo una presenza in un universo molteplice, caratterizzato da una infinità di presenze, ciascuna delle quali si forma esiste e si evolve nella misura in cui si conforma al fine ultimo che, dunque, non è una particolare struttura, nel nostro caso rappresentata dall’uomo, ma “un Principio”. Tanto più c’è coerenza con esso, tanto più si manifesta la capacità di evolversi e perfezionarsi; tanto più ci si allontana, tanto più si manifesta l’opposta tendenza a degenerare e regredire.
Sembra che in origine il nostro universo fosse costituito da un brodo di quark in condizioni di assoluta libertà, incapaci di entrare in relazione tra loro. Questa loro condizione originaria produceva come risultato il caos. Quando i quark si accasarono, sia pure in vario modo, nelle prime strutture: adroni, protoni, neutroni, atomi, cominciò a delinearsi uno sviluppo sempre più ordinato che non si è arrestato con la formazione di stelle e galassie ma è proseguito fino a generare, da materiale organico, quella che noi, oggi, chiamiamo “vita”. Da qui, sono emersi elevati stati di coscienza in grado di porre interrogativi sul perché delle cose, sul significato di ogni esistenza e dell’intero universo. Un numero infinito di particelle elementari hanno dovuto rapportarsi tra loro, scoprendo e realizzando le giuste relazioni che sono tuttora in evoluzione e che continuano ad essere elaborate e perfezionate. Quando, per qualche ragione, queste relazioni non sono appropriate le strutture si disgregano e regrediscono. Ci sono elementi i cui atomi possono esistere con un numero variabile di neutroni (isotopi) e pur differenziandosi per qualche aspetto secondario conservano inalterate le loro caratteristiche fondamentali. L’uranio con peso atomico 235 decade più velocemente dell’uranio con peso atomico 238 ma rimane uranio, tuttavia se qualche neutrone, oltre quelli consentiti, pensando di essere tranquillamente accolto, cercasse di accasarsi dentro quell’atomo che già ne ospita più di un centinaio, scatenerebbe il finimondo: l’atomo potrebbe trasformarsi, spezzarsi, dividersi in elementi diversi, spargendo tutto intorno una miriade di frammenti radioattivi.
Ci sono in natura principi che non pongono obblighi, non sono imposti, ma a cui ci si deve uniformare per formare strutture stabili. L’alternativa esiste ma sarebbe il caos.
Se la natura si esprime in questo modo pensate che l’uomo possa differenziarsi? Non lo può fare, sia che faccia riferimento alla sua singola persona o alle strutture sociali che via via sperimenta lungo il suo percorso nella storia.
Nelle relazioni personali l’uomo può proporsi o imporsi e anche le strutture sociali possono essere imposte o condivise. Le persone che si propongono per relazioni non conflittuali e le strutture sociali condivise possono comportare una volontaria limitazione della libertà individuale ma portano a rapporti pacifici e a uno sviluppo ordinato. Le persone che manifestano atteggiamenti e relazioni conflittuali e le società civili fondate su principi autoritari, quelle commerciali o industriali che obbediscono esclusivamente alle leggi del profitto, producono tensioni che, prima o poi, conducono a reazioni violente.
Qualcuno potrebbe sostenere che il principio etico non centra e che cercare relazioni pacifiche, creare strutture condivise risponde tutto sommato ad un principio di convenienza; tuttavia, se fosse solo questo, si tratterebbe di un approccio egoistico facilmente soggetto ad influssi e pulsioni di autoaffermazione, primo passo verso la sopraffazione dei diritti altrui.
Che cos’è allora la libertà? È la condizione iniziale necessaria per poter esercitare la facoltà di conformarsi o meno al principio etico. Se per ragioni politiche, sociali, economiche, questa libertà fosse conculcata, l’uomo sentirebbe il bisogno di rivendicarla come un diritto naturale perché, infatti, di questo si tratta. Conformarsi, non a qualsiasi legge o comportamento, ma al principio etico su cui regge l’intero universo, non è un obbligo ma una scelta che ciascuno di noi ha il diritto di esercitare in piena libertà. Ordine e caos sono alla nostra portata e sono affidati anche alla nostra responsabilità.
Certo non siamo in presenza di comportamenti eticamente responsabili quando, per ragioni di profitto, si scava nelle profondità oceaniche, alla ricerca di petrolio, senza porsi il problema di come riparare il possibile guasto di una valvola capace di provocare un disastro ambientale di incalcolabili dimensioni e dagli esiti imprevedibili, in una delle aree più dinamiche per le diversità biologiche ivi esistenti; quando, per assicurarsi una rendita politica e profitti personali, si promuovono eccessi di spesa pubblica improduttiva, ponendo a carico delle generazioni future debiti difficilmente sanabili senza conflitti sociali e lotte anche cruente; quando, per facili guadagni, si eccede in speculazioni finanziarie capaci di mettere in ginocchio economicamente interi continenti, invece di investire la ricchezza in attività produttive, nella ricerca, nella scuola e creare cosi occasioni di lavoro, di crescita culturale e di futuro benessere; quando argomenti di natura religiosa vengono strumentalizzati per negare diritti naturali e civili a milioni di persone.
Forse il nostro egoismo, la nostra incapacità di assumere comportamenti eticamente responsabili, porterà alla scomparsa della nostra specie e, se dobbiamo continuare ad agire come più sopra descritto, è meglio che ciò avvenga al più presto per consentire alla terra di sopravvivere e alle altre specie di evolversi e sostituirci in un sistema di relazioni universali più armonico.
In chiusura vorrei riprendere il discorso sulla libertà fatto da Mancuso e riportato all’inizio di questo articolo. Non credo potrà mai esserci una libertà individuale senza che ci siano limiti dovuti ad un sistema di relazioni universale ma penso che, se veramente l’universo realizzasse quanto la manifestazione divina propone, allora il sistema di relazioni sarebbe talmente perfetto che il molteplice finirebbe per identificarsi con l’Uno. Non ci sarebbe più bisogno di relazioni perché l’universo diventato Uno si identificherebbe con la Manifestazione medesima. È questa la libertà di cui parla Mancuso?

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