sabato 22 giugno 2013

L'EURO E LA CRISI IN EUROPA E IN ITALIA

L’Euro aiuterà l’Europa ad uscire dalla crisi o finirà per farla affondare peggiorando la situazione al punto da rendere inevitabile la sua fine e con essa anche il sogno dell’unificazione europea?

 In verità l’Euro, cosi come è concepito oggi, è un mostro che ha neutralizzato sia i meccanismi automatici di equilibrio dell’economia di mercato definiti dalla teoria classica, sia i meccanismi di interventi correttivi dell’ economia moderna chiamata da molti neo-keinesiana. Con ottiche diverse entrambe le teorie partono dal presupposto che in economia si finisce per realizzare l’uguaglianza R = I (Risparmio = Investimenti). Tuttavia nuovi sviluppi, da tempo in atto, nella concezione del risparmio e del suo utilizzo ha consentito il dirottamento di grandi masse monetarie dagli investimenti nei fattori della produzione alle transazioni finanziarie, in operazioni di borsa prive di qualsiasi etica e senza più alcun riferimento al mondo della produzione e del lavoro. Si è formata con ciò una grande liquidità sottraendo,però, risorse ai consumi delle famiglie, alla produzione e deprimendo gli investimenti delle aziende cui non solo vengono a mancare le risorse ma anche gli stimoli a produrre a causa di una domanda in caduta libera. Per la teoria classica è la capacità produttiva a determinare il reddito nazionale (PIL), per i neo-keinesiani è la spesa totale a determinarne la grandezza. Sta di fatto che in Italia la spesa si riduce, con essa si riduce anche la capacità produttiva, la produzione ed aumenta la disoccupazione. La problematica che abbiamo di fronte, perciò, non è tanto il deficit che va tenuto comunque sotto controllo razionalizzando la spesa, quanto la mancanza di un virtuoso processo di crescita. In questa situazione ridurre l’ammontare complessivo del debito come ci chiede l’Europa è impossibile, difficile anche mantenerlo stabile, e comunque il rapporto debito PIL è destinato inesorabilmente ad aumentare.

Perché l’Euro possa sopravvivere deve disporre delle stesse armi delle altre valute. La BCE è una banca a sovranità limitata. Non esercita sulla moneta il controllo che per esempio la Federal Reserve, la Banca d’Inghilterra o la Banca Centrale del Giappone esercitano rispettivamente sul dollaro, sulla sterlina o sullo Yen. Per esempio non può stampare o creare moneta per consentire un processo inflattivo che renda meno pesante il debito e più competitiva l’economia, per favorire con gli investimenti, la produzione e l’occupazione , per stimolare i consumi e l’esportazione. È vero, la BCE ha immesso una ingente liquidità nel circuito delle banche ma lo ha fatto utilizzando fondi messi a disposizione dagli stati membri, Italia compresa, che a loro volta li avevano sottratti alla spesa dei loro bilanci e conseguentemente ai consumi dei loro cittadini. Queste manovre hanno avuto un effetto ulteriormente deflattivo non inflattivo. Risultato l’Euro è troppo forte rispetto alle altre monete e i paesi in difficoltà come l’Italia fanno più fatica sui mercati internazionali mentre trovano più convenienti le merci di importazione rispetto a quelle nazionali. Le nostre aziende chiudono. Le Banche a cui la BCE ha elargito liquidità, data la situazione, invece di investire nelle imprese hanno comprato titoli del debito pubblico che presentano meno rischi e grazie allo spread offrono ottimi rendimenti. Anche il debito pubblico contribuisce a determinare la spesa complessiva è quindi il PIL ma in questo caso serve solo a rinnovare i titoli in scadenza. Abbiamo già osservato che, con una economia in fase recessiva, anche se l’ammontare del debito pubblico rimane sempre lo stesso, la sua percentuale rispetto al PIL continua inevitabilmente a crescere. In questa situazione perseguire ad ogni costo la riduzione del deficit fa solo peggiorare la situazione.

Abbiamo accennato ad un uso perverso del risparmio con lo spostamento di grande masse monetarie dai fattori della produzione alla speculazione finanziaria e con transazioni borsistiche spesso prive di qualsiasi etica: si crea in questo modo una liquidità che rimane inutilizzata e nelle mani di pochi. Spesso si tratta di una massa monetaria che finisce in paradisi fiscali in attesa di essere riutilizzata più o meno nello stesso modo. Questo uso del risparmio crea ricchezza per pochi e povertà per molti. Chi la possiede o la controlla, infatti, non ha alcun interesse ad affrontare avventure imprenditoriali quando ha l’opportunità di facili guadagni assumendo pochissimi rischi.

Se non bastano i paradisi fiscali i singoli paesi europei si contendono le scarse risorse di capitali con sistemi fiscali concorrenti giovandosi dell’assenza di una politica fiscale comune a tutti i paesi dell’unione. Si favorisce con ciò, se non una vera e propria evasione, almeno l’elusione fiscale di quanti prendono residenze fasulle per usufruire di legislazioni più favorevoli.

Ecco allora cosa dovrebbe fare l’Unione per avere un euro destinato a sopravvivere:

 - una banca centrale di ultima istanza, completamente indipendente che ove necessario possa creare moneta per una fase espansiva in grado di rimettere in moto la produzione e il lavoro.
 - una politica tesa a eliminare i paradisi fiscali specie quelli esistenti nella stessa Comunità Europea,
 - una comune politica fiscale che delimiti l’autonomia dei singoli stati pur consentendo una certa elasticità di comportamenti,
 - contrastare le speculazioni finanziarie con una tassa sulle transazioni ma soprattutto proibendo, in via definitiva e non temporanea, le vendite allo scoperto che molti adoperano per drogare i mercati a proprio uso e consumo.

Se si realizzano questi obiettivi gli stati che usano la moneta unica saranno messi nella condizione di svolgere i loro compiti in caso contrario potrebbero non farcela e l’Euro non avrebbe un futuro. Nel frattempo l’Unione Europea deve fare uno sforzo e mettere a disposizione dei fondi , o attraverso la BCE con l’emissione di titoli di scopo, o ricavati dal bilancio comunitario, da destinare ai paesi in recessione al fine di promuovere la produzione e l’occupazione.

L’Italia però non deve comportarsi come ha fatto quasi costantemente nel passato.

 - La nostra presenza negli organismi comunitari dove si discutono e si prendono decisioni relative alle politiche dell’unione deve contare su persone competenti che sappiano leggere i documenti in inglese e siano attente a non concedere più di quanto possono permettersi come è successo troppe volte nel passato e come è emerso , anche di recente, con la controversia sulle quote latte. Una volta che si sono presi degli impegni bisogna essere in grado di rispettarli.
 - In campo economico data la ristrettezza del credito e la scarsa liquidità a disposizione delle imprese è necessario mettere queste ultime in condizione di consentire un processo di accumulo di risorse proprie con un fisco più leggero ma soprattutto usando la leva fiscale per favorire l’assunzione a tempo indeterminato e l’investimento a scopi produttivi. Per le nuove imprese si dovrebbe prevedere un periodo di esenzione totale dalle imposte, semplificare le procedure per l’inizio di attività , ridurre i tempi e i costi relativi.
 - In merito alla semplificazione legislativa si potrebbe stabilire che ogni nuova legge preveda l’abrogazione di tutta la legislazione precedente sul medesimo argomento vietando perciò ogni richiamo a normative più datate.
 - Per un miglior funzionamento della giustizia e per accelerare la conclusione dei processi sia civili che penali si potrebbero ridurre a due i gradi di giudizio e intervenire sulle procedure in modo da evitare i molti rinvii che spesso non hanno alcuna giustificazione. In particolare nei processi civili e in tutte le vertenze di carattere amministrativo si potrebbe consentire l’autodifesa quando l’imputato o il ricorrente non si sente sufficientemente tutelato dal suo legale.
 - Sul risparmio bisogna distinguere - a) chi si astiene dal consumo per creare una riserva di sicurezza al fine di soddisfare eventuali esigenze future -b) da chi dispone di risorse ingenti e le parcheggia in azioni, obbligazioni e titoli di debito pubblico. Il risparmio di cui al punto a) dovrebbe confluire in banche che se ne servono per concedere prestiti alle imprese e alle famiglie. I depositi di cui al punto b) dovrebbero confluire in banche che si occupano di gestire patrimoni o di effettuare speculazioni finanziarie. Solo le prime che custodiscono depositi frutto di sacrifici e a cui molte persone hanno affidato la loro tranquillità e sicurezza, dovrebbero ottenere uno scudo protettivo. Le seconde dovrebbero operare a proprio rischio e pericolo.
 - Inevitabili gli interventi sulla spesa. Si tratta di evitare sprechi di risorse in una situazione in cui la contrazione del reddito nazionale rende inevitabilmente impossibile reperirne di nuove. In primo luogo i partiti devono rendersi conto che non possono mantenere un esercito di funzionari o consentire ai loro esponenti di arricchirsi personalmente a spese di contribuenti che diventano al contrario sempre più poveri. In secondo luogo non possiamo più permetterci di mantenere costose strutture non essenziali al funzionamento dello stato anzi spesso con effetti negativi per duplicazione di funzioni e creazione di ostacoli burocratici al suo corretto funzionamento. Positivo sarebbe se ogni Regione destinasse ad uno dei suoi uffici il compito di controllare la spesa delle proprie strutture, specie sanitarie, per evitare sostanziali, ingiustificate differenze nell’uso e nel costo di servizi, presidi, macchine e materiali sanitari di ogni genere destinati alla prevenzione e cura degli ammalati.
 - Un discorso a parte andrebbe fatto sul conflitti di interessi. Sono talmente tanti che è impossibile affrontarli tutti in questa sede. Una cosa è certa: non c’è solo Berlusconi e l’informazione. Alcuni hanno a che fare con i principi fondamentali di ogni sistema democratico: la divisione dei poteri. I poteri non devono solo essere nominalmente separati, devono anche essere divisi. Chi siede nelle camere del potere legislativo non può contemporaneamente sedere in quelle del potere esecutivo e viceversa. Gli avvocati non possono contemporaneamente fare i parlamentari e sostenere in giudizio la difesa degli onorevoli colleghi e dei propri clienti. La magistratura non deve fare le leggi, deve solo farle osservare. I magistrati non possono disinvoltamente invadere i partiti e viaggiare tra le istituzioni come astronauti tra le galassie. Il sistema elettorale per l’elezione del CSM va riformato per impedire a giudici e pm di confluire in liste dagli orientamenti chiaramente politici.
 - Burocrati ed alti funzionari dello stato non dovrebbero ricoprire incarichi multipli spesso in conflitto tra loro o assumere funzioni consultive su problemi che li riguardano. Politici ed imprenditori non possono sedere nei C. di A. delle banche indirizzando il credito a proprio vantaggio, talvolta in modo delittuoso, altre senza adeguate garanzie e a particolari condizioni di favore, sempre sottraendolo a chi potrebbe utilizzarlo in modo migliore.

Forse abbiamo messo troppa carne al fuoco ma di carne non ce n’è mai abbastanza per un paese come il nostro. Infatti aspetta da molto tempo che i partiti, se ancora esistono o magari prima che scompaiano del tutto, affrontino il problema della legge elettorale e delle riforme istituzionali perché la nostra Costituzione sarà anche la migliore del mondo ma non funziona.
 ivo fava 21/06/2013

giovedì 26 luglio 2012

SERVONO DUE DISTINTE COMUNITÀ EUROPEE

Con le regole attuali l’Europa è destinata a subire la crisi fino alla sua distruzione. L’euro non può sopportare misure di emergenza che non risolvono i problemi di fondo ma contribuiscono ad aggravarli. Servirebbero politiche fiscali ed economiche comuni, strutture comunitarie sovranazionali, compresa una banca di ultima istanza in grado di stampare moneta. Se la Germania continuerà a sostenere le sue attuali condizioni e trarre con ciò vantaggio dalle debolezze altrui, usufruendo di risorse monetarie provenienti da paesi in crisi della comunità sovranazionale a cui essa stessa appartiene, per finanziare la sua economia a interessi negativi, otterrà solo il risultato di affondare i paesi mediterranei sotto il giogo di uno spread insopportabile e di una crescente protesta popolare. Se le cose stanno cosi si devono cercare soluzioni alternative. Non serve uscire dall’euro ma si possono averne due. I paesi settentrionali che vogliono mantenere le attuali regole e strutture comunitarie, non intendono sacrificare parte delle loro attuali risorse per aiutare i paesi più deboli, si tengano la loro Europa, il loro euro e la loro BCE. I paesi mediterranei si diano proprie strutture più avanzate, più democratiche e maggiormente integrate con una banca di ultima istanza. Si pongano, così, nella condizione di sostenere le loro economie in concorrenza con l’Europa del nord. Nonostante l’impegno di Draghi, la BCE da sola, senza ulteriori poteri che Germania, Olanda, Finlandia non intendono attribuirle, non riuscirà a salvare l’euro, perciò la proposta di due distinte comunità europee è l’unica che può consentire una uscita morbida dalla crisi bloccando la speculazione della finanza internazionale. All’inizio l’euro mediterraneo subirà una pesante svalutazione, l’inflazione morderà ma l’economia dei paesi interessati potrà rapidamente tornare a correre, gli stipendi si adegueranno progressivamente all’inflazione e alla fine si troverà un nuovo equilibrio non necessariamente al ribasso. Se il sogno di un’Europa unita deve finire perché non farne due per continuare a creare futuro invece di precipitare nel passato? ivo fava 26/07/2012

giovedì 3 maggio 2012

ANCORA SU MONTI

ANCORA SU MONTI Era chiaro sin dal primo momento: se Monti voleva procedere, per il suo programma di governo, consultando i partiti, questi sarebbero andati a nozze. Lo avrebbero lasciato governare fino al 2013 facendogli fare solo quello che loro avrebbero voluto ma non riuscivano a fare: cioè il lavoro sporco, quello che fa pagare il prezzo della crisi alla parte più debole della popolazione salvando proprio quelle lobbie e caste che ne sono la causa. Così facendo potrà anche arrivare al 2013 ma il paese non si salverà e il giudizio sul governo dei tecnici sarà inclemente. Ogni speranza delusa è il presupposto per nuove tensioni e poiché siamo alla frutta, oscure nubi si addensano sul nostro futuro. La nomina di tre commissari rispettivamente alla spending revew (sarebbe meglio dire revisione della spesa), alla riduzione del costo della politica, alla modernizzazione dello stato e delle sue strutture: cioè di ciò che più di ogni altra cosa darebbe il segno del cambiamento, potrebbe significare che il governo ha capito la lezione ma potrebbe anche essere un ulteriore segno di debolezza se non si traduce in risultati concreti nel breve termine. Anche le tanto attese misure di equità: una più equilibrata distribuzione dei sacrifici ma anche iniziative tese a creare un nuovo equilibrio nella distribuzione del reddito, devono trovare adeguate risposte. Questo governo è un governo di tecnici ma in un paese che pretende di essere democratico ogni governo è un governo politico specie se sostenuto dal parlamento: le sue responsabilità sono responsabilità politiche. Se incontra resistenze ha lo strumento della fiducia. Lo può usare ponendo il parlamento di fronte alle sue responsabilità. Potrà essere sfiduciato ma almeno salverà la faccia e la sua credibilità, al contrario, non avrà attenuanti se il suo arrivo alla scadenza normale della legislatura sarà un fallimento. La mia opinione è che questo parlamento non è in grado di riformare né lo stato, né i partiti, né se stesso ma un po’ dovrebbe preoccuparsi della propria impotenza e qualcosa, ove costretto, dovrebbe concedere. Ivo Fava – 03/05/2012

martedì 1 maggio 2012

SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE

SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE

Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di oggi, 17 agosto, sostiene, a ragione, che i disordini dei giorni scorsi in Inghilterra pongono il problema del rapporto dei governi con le risorse disponibili ma sembra far risalire questi eventi al suffragio universale che obbliga chi è al potere ad avere un voto in più rispetto ai suoi avversari. Per accontentare tutti i gruppi sociali i governi spendono, per spendere tassano e quando le tasse non bastano si indebitano. Così la finanza assume il controllo dello stato. Tutto questo sarebbe iniziato in Italia negli anni ’70, quando si sono indeboliti i motivi di consenso politico e ideologico come, ad esempio, la necessità di opporsi al comunismo. In realtà in Italia è cominciato con il centro sinistra, quando la cittadella democratica dei quattro partiti di centro, costretta ad operare al meglio, perché assediata dalle opposizioni, ha improvvisamente allargato la sua base parlamentare, incorporando parte della sinistra. Avendo così acquisito una maggioranza di sicurezza nelle assemblee legislative, la preoccupazione prevalente dei partiti di governo è stata quella di crescere rispetto ai diretti concorrenti al fine di gestire fette sempre più rilevanti di potere. Per farlo dovevano accontentare le loro clientele, ignorando le battaglie ideali, che tra l’altro non tutti avevano combattuto, e che contrapponevano oriente ad occidente, economie di mercato ad economie pianificate, le democrazie liberali alle dittature, comunque denominate. L’apertura a sinistra era un problema tutto italiano ma il venir meno della battaglia ideale riguardava tutte le democrazie occidentali ed era conseguente all’indebolimento delle grandi tensioni, non solo belliche ma soprattutto culturali che avevano caratterizzato la caduta dei regimi fascista, nazista e infine di quello comunista. In questa situazione, specie in Italia, chi controllava la spesa pubblica, oltre che favorire le sue clientele, ha pensato bene di ritagliarsi un profitto personale per se, per il suo partito o per i suoi lacchè. Oggi le cose non sono cambiate. E. G. della Loggia, a tale proposito, parla di un assottigliamento spirituale che avrebbe costruito il consenso con la spesa pubblica piuttosto che con l’istruzione pubblica e l’informazione. In realtà l’assottigliamento spirituale lo hanno subito le classi dominanti e lo hanno imposto a quelle subordinate che non hanno avuto scelta. Veramente queste ultime si sono difese, hanno resistito, e, sia pure in silenzio, cercato di conservare un sistema di valori che la tradizione aveva radicato nelle famiglie e nella società civile. La spesa pubblica ha assunto un ruolo dominante ma i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Le tasse aumentavano e il debito cresceva ma il suo costo gravava soprattutto su quel ceto medio, impoveritosi al punto che, oggi, anche con un buon lavoro non riesce più a formare una famiglia e a mantenerla. Trovare nuovi valori per le democrazie occidentali è ancora possibile, basta cercarli dove ancora si trovano ma chi li deve apprendere non sono coloro che hanno subito in silenzio i soprusi del potere ma chi non vuole rinunciare ad un centesimo delle sue ricchezze ed approfitta delle occasioni offerte dalla normativa finanziaria per aumentarle, contribuendo ad aggravare la povertà degli altri. Cosi si favorisce la violenza degli esclusi: il suffragio universale c'entra come il cavolo a merenda. I ricchi devono, dimenticare i paradisi fiscali, le vendite allo scoperto, i titoli spazzatura ad altre diavolerie del genere, per apprendere ed apprezzare il valore della solidarietà ed i principi che devono ispirare una società civile. In un mio precedente articolo “Democrazia Oggi”, rintracciabile in questo blog, ho sostenuto che nessun sistema elettorale garantisce veramente una rappresentanza democratica. La rappresentanza è ormai nelle mani di potenti oligarchie dominanti. Propongo quindi di ricorrere a sistemi alternativi come l’estrazione a sorte, con una permanenza limitata nel tempo dei rappresentanti, cosi selezionati, nelle assemblee legislative. Si eviterebbe così il formarsi delle clientele, si ridurrebbe di molto il costo della politica, si contrasterebbe la corruzione e sparirebbero molti dei difetti riscontrabili oggi nelle nostre istituzioni. Sono anche certo che in questo modo si avrebbero rappresentanti più preparati e responsabili di quelli odierni.
Ivo Fava – 17 agosto 2011

lunedì 28 novembre 2011

MONTI: SCELTA GIUSTA?

MONTI: scelta giusta?
Monti ha già fatto molto per distruggere il credito che aveva. Forse non ha capito che il Presidente della Repubblica lo ha scelto per gestire l’emergenza e che l’emergenza non si può gestire con le solite procedure. Tutti pensavano che se lui era il prescelto forse sapeva già cosa fosse necessario fare per aiutare il paese ad uscire dall'emergenza. Ci si aspettava che agisse con tempestività e non fossero necessari altri richiami dell’ineffabile Sarkozy o della Merkel, richiami che gli italiani percepiscono come una umiliazione. Se aveva delle idee doveva manifestarle, tradurle in provvedimenti ed imporle al parlamento. Meglio una bocciatura, governo a casa e addio piuttosto che interminabili trattative, lunghe attese, provvedimenti arrangiati e in ritardo rispetto agli eventi. Se il parlamento che si è dimostrato inadeguato (inadeguato è già un eufemismo, bisognerebbe dire irresponsabile) avesse confermato le sue attuali carenze saremmo precipitati nell’abisso cui eravamo destinati ma almeno avremmo capito, senza ombra di dubbio, che era giunta l’ora di una resa dei conti. Recuperi il tempo perduto, tratti alla pari e con dignità con gli altri leader europei che non sono senza peccato, agisca con equità, perché senza equità non si possono imporre sacrifici, e dimostri che la fiducia in lui non era mal riposta.
ivo fava – li 28/11/2011

martedì 15 novembre 2011

COSA AUSPICARE PER L'ITALIA E L'EUROPA

COSA AUSPICARE PER L’ITALIA E L’EUROPA
Il Presidente del Consiglio incaricato è tale solo perché i partiti hanno dimostrato la loro inadeguatezza al punto di non saper indicare una maggioranza parlamentare, un leader e un programma in grado di farci superare le gravi difficoltà del momento. Alcune forze politiche hanno preso atto del problema e hanno delegato questo compito, promettendo il loro sostegno senza condizioni, al Presidente della Repubblica. Lo hanno fatto al fine di consentire un momento di riflessione che ci faccia uscire dal tunnel in cui ci siamo infilati. Altre che, per le loro esitazioni e i loro contrasti, hanno dovuto rinunciare a proseguire nel governo del paese, pretenderebbero ora di dettare le condizioni per un loro sostegno. Altre ancora si sono, aprioristicamente, rifiutate di farlo. Il Presidente incaricato non deve mostrare le stesse esitazioni, non deve indugiare per ottenere la loro approvazione o partecipazione, non deve farsi dettare le regole o restrizioni ma semplicemente formare subito una compagine governativa, indicare le soluzioni, del resto già chiaramente individuate, e proporle per l’approvazione. Il Parlamento le approverà ma se non lo farà, o per lo meno chi si rifiuterà di farlo, si assumerà la responsabilità dell’abisso in cui sprofonderemo e alla fine ognuno di noi saprà chi ringraziare.
L’Europa pretende dall’Italia comportamenti virtuosi; anche gran parte degli italiani lo vogliono. Lo pretendono in particolare i governi di Francia e Germania i quali però stentano a riconoscere che questa Europa non ha strumenti idonei per contrastare la crisi che sta vivendo. Al contrario non fanno nulla o molto poco per individuarli. Le soluzioni che propongono dimostrano solo la loro inadeguatezza, peggio la loro fuga dalla realtà. Forse manca la capacità o forse la volontà di affrontare il toro per le corna. Pensano al fondo salva stati ma non riescono e definirne le dimensioni. In realtà questo fondo è una misura tampone di cui non si conosce la reale efficacia. Quando la Merkel afferma che occorre modificare il trattato di Lisbona creando un sistema di sanzioni automatiche bisogna pensare che qualcosa si sia inceppato nel meccanismo cerebrale di chi lo propone. Quali sanzioni dovrebbe subire la Grecia (per averci raccontato delle frottole ed aver allegramente sforato il rapporto deficit/pil concordato) alla quale stiamo, al contrario, erogando un programma di aiuti? Se un paese è in grave difficoltà come si può pensare di salvarlo con un sistema sanzionatorio che aggrava le sue difficoltà? Ci sarebbe una sola sanzione possibile: abbandonare il paese al suo destino e farlo uscire dall’Europa ma in questo caso che cosa sarebbe mai l’Unione? Le soluzioni che non si vogliono vedere sono: un vero parlamento, un vero governo, una vera magistratura europea, una banca europea indipendente e di ultima istanza in grado di battere moneta. Oltre a questo: maggior decisione nel contrastare una finanza creatrice di gravi squilibri nella distribuzione della ricchezza, per favorire e sostenere produzione e lavoro.
Ivo Fava – 15/11/2011

domenica 2 ottobre 2011

UNA FORZA ETICA REGGE L'UNIVERSO

UNA FORZA ETICA REGGE L’UNIVERSO
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ABSTRACT

Nell'universo, come in matematica, ogni struttura è conseguenza di relazioni che costringono gli opposti a convivere con gli identici. Il tentativo degli opposti di annientarsi è destinato a fallire perché il nulla non esiste, e quello degli identici di isolarsi nella singolarità è impossibile perché ogni ente ha la sua metà in una controparte.
Il sistema di relazioni dipende da un continuo scambio di informazioni, le informazioni si traducono in esperienze e le esperienze possono formare coscienze evolute.
Se è così ci deve essere una informazione fondamentale che, pur consentendo ampia libertà di organizzazione, rende inevitabile la creazione di strutture in cui ci sia la disponibilità ad accogliere e ad essere accolti. Questa informazione fondamentale è soprattutto una forza etica e morale.
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UNA METAFORA DEL MONDO
Osservo un tratto di fiume con le sue acque melmose che fluiscono tumultuosamente, trascinando a valle rifiuti e sostanze di ogni genere. Questo è quello che vedo, ma ciò che non vedo sono le acque limpide della sorgente e quelle altrettanto chiare e limpide che, distillate dal sole, ritornano alla sorgente celeste da cui hanno origine; ciò che non vedo è che, quelle acque, anche se putride e fetide, tanto che in certi casi le loro impurità possono uccidere, sono in realtà fonte di vita per tutte quelle esistenze biologiche che sanno attingere alla loro essenza vitale.
Quel tratto di fiume è una metafora del mondo. Un mondo pieno di contrasti, dove ci si accorge soprattutto di calamità naturali, conflitti, guerre, distruzioni e stermini, stupri e ingiustizie di ogni genere, malattie, ostentazioni di ricchezze, cui fanno da contrappeso popolazioni affamate. Ciò che non riusciamo a vedere è l’indistruttibile essenza che è nelle cose, essenza presente sin dalla loro origine e che. forse, si ritrova inalterata alla loro fine.
Io mi sono messo alla ricerca di questa essenza. Non sono certamente il primo, né sarò l’ultimo a cercare la verità nascosta e quando tutto è cominciato, giocando con i numeri opposti, neppure sapevo di farlo. Non posso dare alcuna certezza di ciò che credo di aver visto; infatti, chiunque inizi questo percorso può solo osservare dei contorni confusi, avvolti in una nuvola di nebbia che consente di vedere solo delle ombre. Non potrà mai avere la certezza assoluta di ciò che sta osservando ma potrà farsi delle profonde convinzioni e queste convinzioni possono anche essere condivise.

Il NULLA NON ESISTE
Ho osservato i numeri e potevo vedere che la meccanica dei loro rapporti era possibile unicamente considerando la presenza di esistenze di carattere opposto ciascuna delle quali era giustificazione della controparte. La possibilità +1 esiste insieme alla possibilità -1 e le due entità rappresentano due metà che, sommandosi, possono ricomporsi nell’unità coincidente, in questo caso, con lo zero.
Anche le particelle elementari materiali del mondo fisico sono costituite da entità ciascuna delle quali ha la sua controparte esattamente eguale ma opposta: all’elettrone corrisponde l’antielettrone, ai quark i relativi antiquark, al neutrino l’antineutrino. A parte quest’ultimo, tutte le altre sono dotate di carica elettrica ma se una particella ha carica negativa l’antiparticella avrà carica positiva e viceversa. Anche in questo caso il sistema particella antiparticella costituisce l’insieme di due metà che unificandosi nell’unità dovrebbe dare come risultato il nulla.
Anche l’energia si presenta sotto l’aspetto di entità opposte: onde o pacchetti che si manifestano con picchi e ventri come se si trattasse di un’unica particella che si commuta continuamente in positivo e negativo ad ogni passaggio. Se la frequenza di questi passaggi fosse infinitamente vicina i picchi e i ventri dovrebbero coincidere e annullarsi a vicenda, producendo ancora una volta il nulla.
Ma il nulla non esiste nel mondo fisico.
La materia cambia di stato e condizione ma non si distrugge: quando incontrando i suoi contrari si annichila, si trasforma in energia e quando l’energia raggiunge una frequenza critica, al punto che il picco quasi coincide con il ventre, collassa in forma di materia. Sia in un caso che nell’altro questo passaggio avviene secondo la formula, ormai universalmente nota di Einstein: E = mc² . Materia ed energia sono quindi in continuo movimento, danno origine ad una infinità di strutture e ne creano continuamente di nuove ma non si distruggono.

UNA ESSENZA INDISTRUTTIBILE
Per dirla con Plotino: il movimento è aspirazione:
- aspirazione a convergere verso il centro da cui tutto si muove per ritrovare la quiete,
- aspirazione ad espandersi, creando uno spazio di irradiazione dove la quiete si ritrova in strutture più o meno stabili.
Plotino sostiene ancora che nel punto in cui tutto ha origine non c’è ne movimento né quiete ma solo potenza di movimento e quiete.
Per Plotino l’Uno irradia la sovrabbondanza d’essere di cui è portatore senza uscire da sé ma producendo in sé.
Un fisico moderno penserebbe ad una fluttuazione determinata da una differenza di potenziale capace di mettere in moto il tutto, ma una fluttuazione è pur sempre un evento, non il primo evento, mentre la potenza di movimento e quiete di Plotino è qualcosa capace di originare gli eventi.
E lo zero? può lo zero essere potenza di numeri, capace di originare a sua volte tutti i numeri e le strutture matematiche che conosciamo come quelle ancora da scoprire?
J.D. Barrow, docente di scienze matematiche all’università di Cambridge, utilizzando la teoria degli insiemi e un procedimento logico del matematico inglese John Conway, dimostra che “ … tutta la matematica nota,da zero all’infinito, … può essere creata a partire da quella apparente nullità dell’insieme vuoto, Ø. (Da zero a infinito, Mondatori 2001, p.174)
Ecco dunque che anche nello zero, così come nel nulla, c’è una essenza indistruttibile capace di produrre in sé senza uscire da sé, c’è la potenzialità di produrre scale numeriche contrapposte da cui partire per costruire tutte le possibili infinite strutture della matematica.

GLI OPPOSTI E LA COMUNICAZIONE
Questo è un aspetto fondamentale del pensiero che cerco di sviluppare.
Il dualismo che riscontriamo nell’universo fisico e che determina tutte le sue strutture, il dualismo che riduce la matematica alla contrapposizione di più e meno e nonostante ciò fa di essa un linguaggio in grado di descrivere le leggi dell’universo, questo dualismo, è anche a fondamento di ogni forma di comunicazione, compreso il linguaggio umano: un linguaggio che si è affermato per esprimere accettazione e rifiuto, gradimento e disgusto, si e no, vero o falso, che in seguito ha aggiunto interrogativi fondamentali per il suo sviluppo: come e perché le cose accadono, come potrebbero essere, cosa fare perché siano come le immaginiamo o vorremmo che fossero.
Gli opposti, cosi come gli identici, comunicano informazioni. Le forze che tengono insieme la materia e che agiscono nell’universo sono in realtà una forma di comunicazione in grado di trasportare informazioni e anche il linguaggio umano è un aspetto di questa comunicazione.
Prendiamo la forza elettromagnetica. Se noi guardiamo qualsiasi oggetto solo la centomillesima parte, per quanto ne sappiamo oggi, è veramente materia il resto è costituito dalla forza del campo elettromagnetico che tiene insieme gli atomi e le molecole. Gli atomi sono composti da un nucleo di protoni, con carica positiva, e da una nuvola di elettroni, con carica negativa, in orbita attorno al nucleo. La loro stabilità è dovuta a un sistema di comunicazioni basato sullo scambio di fotoni che consente agli elettroni di orbitare attorno al nucleo sapendo in qualsiasi momento cosa possono fare, come scambiarsi di posto, quale orbita assumere.
Un’altra forza: l’interazione nucleare, tiene unito il nucleo che tenderebbe ad esplodere perché costituito da particelle positive e neutre. Infatti stanno insieme perché una particella di scambio, il pione, comunica loro il momento preciso in cui scambiarsi la carica elettrica, trasformandosi, continuamente, l’uno nell’altro e viceversa.
I barioni (protoni e neutroni) non si disintegrano perché un’altra particella di scambio, il gluone, porta con sé l’informazione necessaria per non farlo e altre particelle, chiamate bosoni di gauge deboli hanno la chiave per mediare la trasformazione di una particella in un'altra o per consentire i processi nucleari che fanno splendere le stelle.
Anche la gravità è comunicata da una particella di scambio, il gravitone che fa riconoscere ad una massa la presenza di un’altra.
La materia parla dunque diverse lingue e gli scienziati sono propensi a credere che un tempo lontano, all’origine dell’universo, ci fosse un unico linguaggio.
Tutti questi linguaggi hanno un unico scopo realizzare l’obiettivo dell’unità e poiché l’unità in assoluto è impossibile, realizzare almeno una struttura stabile che consenta di stare insieme il più a lungo possibile.
Anche gli atomi, le molecole e le cellule comunicano tra loro, scambiandosi messaggi chimici o elettrici.
Prendiamo ad esempio l’atomo di ossigeno che ha un nucleo di otto protoni e quindi otto elettroni di cui due nello strato interno e sei nello strato esterno. Lo strato esterno potrebbe contenerne otto e l’atomo di ossigeno sarebbe soddisfatto se potesse riempirlo. L’ossigeno comunica in giro la sua insoddisfazione cercando un compagno che senta la sua stessa esigenza. Può trovarlo in una coppia di atomi di idrogeno la cui insoddisfazione deriva dal fatto che ciascuno di loro ha un protone e quindi un solo elettrone nell’unico strato che posseggono il quale però può contenerne due. Mettendosi insieme la coppia di atomi di idrogeno e l’atomo di ossigeno realizzano entrambi l’obiettivo di riempire i loro strati esterni, legandosi così fortemente insieme, in modo stabile, a formare una molecola d’acqua. L’equilibrio protoni/ elettroni rimane sempre lo stesso ma la molecola d’acqua che si forma ha gli elettroni un po’ spostati verso l’atomo di ossigeno che esercita, a causa del suo peso atomico, un’attrazione maggiore. L’ossigeno diventa così leggermente negativo mentre l’idrogeno si trova ad essere leggermente positivo. Una molecola d’acqua tende perciò ad unirsi ad altre molecole della stessa specie, legando gli atomi di idrogeno leggermente positivi agli atomi di ossigeno leggermente negativi. Legami come questi costruiscono anche le molecole organiche e biologiche. I legami ad idrogeno sono fragili e si prestano a possibili ulteriori, diversi legami e relazioni. La materia cerca la perfezione, non la trova, e comunica in giro la sua insoddisfazione. L’evoluzione è tutta in questo concetto.
Gli esseri viventi hanno un linguaggio più sofisticato, hanno un sistema di percezioni più evoluto e a certi livelli provano sentimenti ma anche tutto questo si basa su un sistema di comunicazioni fondato sullo scambio di messaggi chimici ed impulsi elettrici.
Nell’uomo la comunicazione attraversa tutti questi stadi ma realizza una nuova conquista la parola e con essa prende forma il linguaggio parlato e scritto. Nato per esprimere opposte sensazioni, per affermare o negare, per distinguere vero o falso, si evolve nella funzione descrittiva prima, argomentativa poi, consentendo l’emergere di una coscienza evoluta. Ma non dobbiamo illuderci di rappresentare stabilmente la fase più avanzata dell’evoluzione biologica perché, nel corso di centinaia di milioni di anni si è visto che alcune specie si sono evolute fino a dominare la terra per poi regredire e scomparire, lasciando ad altre creature il compito di proseguire il cammino della vita. Oggi immaginiamo che la vita non sia confinata solo sulla terra e che possano esistere (o addirittura che noi stessi possiamo costruire) coscienze evolute anche non umane. I robot ricevono e interpretano impulsi elettrici come la mente umana. L’impulso nervoso infatti è un impulso elettrico e viene interpretato dalla mente non in base alla sua ampiezza o intensità ma in base alla sua frequenza, riconoscendo solo due stati: livello 1, sopra il livello di soglia (presenza di segnale), livello 0, sotto il livello di soglia, ( assenza di segnale). A loro volta, i microchips che costituiscono la mente dei robot, riconoscono solo due stati: on (presenza di segnale), off (assenza di segnale); non conta l’ampiezza o l’intensità dell’impulso; anche in questo caso conta invece la sua frequenza.
Si presenta ancora una volta l’intrigante presenza di opposizioni binarie.

INFORMAZIONE E COSCIENZA
Se gli opposti si scambiano informazioni e se queste informazioni possono tradursi in esperienze e formare coscienza allora "può persino accadere che teoria fisica e teoria della coscienza possano essere alla fine unificate in un’unica grande teoria dell’informazione …. possiamo forzare la situazione e avanzare l’ipotesi che tutte le informazioni producano esperienze….. se l’esperienza è davvero fondamentale, dobbiamo aspettarci che sia largamente diffusa" (D.J. Chalmers - Arizona University – in The puzzle of conscious experience – Ed. Sp. Scientific American, agosto 2002)
La vita biologica infatti è solo una delle possibili vite. Anche quella che noi consideriamo materia inerte, a suo modo, vive: infatti è in perenne movimento. Non si riproduce ma non ne ha bisogno: non è destinata a morire e può sempre riciclarsi combinandosi in nuove strutture o cambiando di stato. Non è neppure certo che non possa riprodursi (Hawking ha scritto un libro "buchi neri e universi neonati" – Rizzoli 1996.) In fondo possiamo considerare morte della materia la sua trasformazione in energia e l’energia il seme da cui la materia può rinascere. Possono esserci esperienze semplici ed esperienze complesse ma ogni esperienza implica una forma di coscienza.

ESISTE UNA INFORMAZIONE FONDAMENTALE?
Queste informazioni possono essere assorbite e organizzate da coscienze evolute capaci di leggere e comprendere per quanto possibile l’universo. Ma esiste un’informazione fondamentale in grado di spiegare il mistero dell’esistenza?
Se c’è una informazione fondamentale in che cosa consiste? Da dove viene? Dove dobbiamo cercarla?
Da quanto abbiamo detto sin qui si deduce che ogni ente esistente, ogni forma fondamentale della materia, nella incessante ricerca dell’unità, deve affrontare il dilemma dell’essere o non essere. Il "non essere" dovrebbe realizzarsi con l’annientamento nell’unità dei contrari, ma questo tentativo è destinato all’insuccesso perché, in tal modo, si producono solo modificazioni di stato. "L’essere" al contrario dovrebbe affermarsi in una singolarità impossibile perché ogni ente ha la sua metà in una controparte. L’impossibile aspirazione all’unità dei contrari e la vana ricerca di una irrealizzabile singolarità possono essere vinte cercando di creare, con una fitta rete di rapporti di coesistenza, strutture "unitarie" più o meno stabili ma capaci di evolversi, in cui identici e contrari si sentano accolti senza subire la tentazione di annientarsi o respingersi. Tra l’essere e il non essere c’è dunque un sistema di relazioni che caratterizza e distingue "l’esistere".
In riferimento a noi, esseri umani: come possiamo chiamare questa inestinguibile aspirazione ad essere accolti e ad accogliere che costituisce la ragione di fondo di ogni esistenza sia fisica che biologica? Noi la chiameremmo desiderio di amare e di essere amati. Se è così abbiamo scoperto che l’amore è la forza che tiene insieme l’universo.
In ogni espressione matematica non ci sono solo numeri e segni, ci sono anche regole. Le regole non si inventano si scoprono, non possono essere modificate e non si dissolvono nello zero. Parimenti nel mondo fisico non ci sono solo eventi ma anche qualcosa di immateriale come le leggi naturali che non si dissolvono se cessano gli eventi. Le regole matematiche definiscono limiti e possibilità, consentendo una certa indeterminatezza specie quando entrano in gioco i numeri irrazionali e così fanno le leggi naturali, consentendo una certa libertà di organizzazione quando a dettare le regole è la meccanica quantistica. Proprio questa libertà è all’origine di risposte duali da cui muovono gli opposti alla base del movimento e del divenire. Tutto questo implica un universo relativo ma l’informazione fondamentale porta con se un valore che non può avere un carattere relativo.
Un gioco ha una cornice di regole che consentono varie opzioni ma tiene fisso il risultato da conseguire. Ci sono leggi naturali che determinano l’evoluzione degli organismi biologici senza impedire una vasta libertà di strutture ma con un unico obbiettivo: vivere e riprodursi. Una società di persone ha regole di convivenza entro cui è possibile una ampia libertà di comportamenti ma non potrebbe sopravvivere senza valori condivisi. L’universo non fa differenza: ha le sue leggi pur non essendo del tutto determinato nelle sue strutture ma per esistere deve reggersi su un valore fondamentale.
Se l’universo ubbidisce a regole e leggi immateriali dobbiamo immaginare che ci sia un Intelletto cui leggi naturali e regole matematiche fanno riferimento, una Sapienza che non è conoscenza perché sa a priori, ma soprattutto dobbiamo pensare che abbia la sua giustificazione in un valore che è anche Forza Etica e Morale. Per esso ogni esistenza entra in un sistema di relazioni che rende inevitabile la coesistenza, sia che ci sia la disponibilità ad accogliere, sia che ci sia la tentazione di respingere. Ogni resistenza è possibile ed è all’origine della distinzione tra bene e male.
Nell’universo tutto è relativo tranne questo valore che quindi assume un valenza assoluta. Assoluto e trascendente deve perciò essere l’Ente che lo possiede; ma perché mai questo Ente dovrebbe sentire il bisogno di manifestarsi?

MI MANIFESTO DUNQUE SONO
Il fatto è che gli enti sono ed esistono in quanto si manifestano e manifestandosi entrano in relazione e comunicano informazioni. La manifestazione è contestuale all’essere come all’esistere e in suo difetto Essere ed esistere non avrebbero alcun senso.
Parafrasando Cartesio possiamo dire: “mi manifesto dunque sono”.
Cartesio ha intuito l’esistenza di un pensiero della manifestazione che ne definisce la modalità, ma se il pensiero è un prodotto della coscienza allora esistono:
- pensieri semplici e coscienze semplici di enti primitivi, fondamentali o derivati,
- pensieri complessi e coscienze complesse di enti evoluti,
- un disegno eterno che scaturisce da una mente divina.
Dobbiamo chiederci: se c’è un Ente Supremo, trascendente, che sa cosa è il bene come spiegare un universo imperfetto in cui esiste di il male?
Il fatto è che manifestare un valore non significa imporlo e non si può apprezzare il bene se non si sa cosa sia il male.
La potenza capace di originare il movimento e la quiete, la forza capace di promuovere l’azione, mettendo in moto la dialettica dei contrari si può solo spiegare immaginando che si manifesti, non imponendo, ma proponendo un valore a delle coscienze responsabili che il bene lo devono riconoscere, cercare e volere. Il messaggio può essere accolto o respinto.
Si tratta di una potenza sempre eguale a se stessa, perciò assoluta, eterna, senza tempo. Tutto ciò che appartiene all’universo è invece relativo, temporaneo, finito e tuttavia, essendo conseguenza della manifestazione di un Essere atemporale, potrà avere origine e scopi ma l’universo, nel suo insieme, non può avere né inizio né fine.

CONCLUSIONE
Può avere un senso tutto questo?
Riproponendo la metafora del fiume, possiamo credere che nelle cose ci sia, come nelle acque sudice del fiume, una essenza vitale, capace di riproporsi continuamente per consentire alle cose di rinnovarsi e alla vita di rinascere dopo la morte?
Se crediamo in questa essenza allora possiamo anche credere che nella natura agisca una forza etica che spinge ogni esistenza a superare insuccessi e fallimenti, a cercare, in un contesto di relazioni continue, traguardi sempre più avanzati, disponendosi ad accogliere e ad essere accolta. Per noi, esseri umani tutto questo significa che dobbiamo disporci ad amare. Questo valore consente all’universo di esistere, di evolversi, alla vita di rinnovarsi e proseguire il suo cammino verso un traguardo che forse, come l’acqua del fiume, finisce dove è cominciato per riproporsi in cicli senza fine.
Ivo Fava - 2007