lunedì 23 giugno 2014

TRA PASSATO E FUTURO - L'uomo al quadrato -


TRA PASSATO E FUTURO
L’uomo al quadrato
La fisica oggi sta cercando di superare l’attuale modello standard fondato su tre famiglie di particelle fondamentali, ciascuna formata da un elettrone con il suo neutrino e due quark: famiglie che si differenziano l’una dall'altra per masse crescenti dalla prima alla terza. Queste particelle interagiscono tra loro per l’azione di quattro forze, altrettanto fondamentali, tramite lo scambio di altre particelle chiamate bosoni di cui alcune prive di massa come i fotoni, altre con masse variabili come i gluoni e le W. Negli anni tra i ‘60 e i ‘70 tre di queste forze: l’elettromagnetismo, la debole e la forte sono state unificate in un’unica struttura matematica e la scoperta del bosone di Higgs permetterà ben presto di scoprire come tutte le particelle abbiano, forse, la stessa origine. Il tentativo  di giungere ad una teoria unificata capace di comprendere tutte le forze, compresa la quarta e cioè la gravità, ha prodotto una nuova formulazione della meccanica quantistica per renderla compatibile con la teoria della relatività ristretta di Einstein. Si è reso evidente ciò che era stato oggetto di una sottovalutazione: La formula E = mc² si riferisce unicamente ad una massa a riposo ma per le masse in movimento la formula diventa E² = m²c⁴  (In fisica torna sempre la legge del quadrato: il quadrato della distanza che vale per la gravità ma anche per le altre forze, il quadrato della funzione d’onda di  Schrödinger  che indica la probabilità di trovare le particelle in un determinato posto in un determinato istante).  Apparentemente si tratta di una questione priva di importanza perché la seconda formula, una volta ridotta per semplificazione, è esattamente eguale alla prima, in realtà quest’ultima ha due soluzioni. Infatti la radice quadrata di 4 da come risultato +2 ma anche -2 (2² = -2² = 4). Possiamo avere perciò sia E = mc², sia E = -mc² , cioè un esito positivo e  uno negativo.  Questo è alla base di molte stranezze quantistiche e può aiutare a spiegare moltissime cose come la sovrapposizioni di stati, l’entanglement ( contestato da Einstein con l’esperimento mentale  EPR  ma confermato 30 anni dopo da Bell), il  pin delle particelle, il fenomeno dell’interferenza ( rivelato la prima volta da Thomas Young con l’esperimento delle due fessure),  il magnetismo, l’antimateria e in generale le caratteristiche ondulatorie della luce e della materia. Tuttavia per unificare tutte le forze esistenti  occorre conciliare la teoria quantistica  anche con la forza gravitazionale ma fino ad oggi la gravità (nonostante i tentativi di Lee Smolin con la sua “Loop quantum gravity”) ha resistito ad ogni tentativo di unificazione. Teorie come la supersimmetria, quella delle stringhe,degli universi paralleli, delle dimensioni aggiuntive ed altre sono ancora lontane da eventuali conferme ed abitano più il territorio della speculazione filosofica che della fisica.
Su questo terreno esercita un fascino particolare la questione del tempo a cui gli aspetti della fisica di cui abbiamo parlato non sono certo indifferenti.  Sappiamo che in un buco nero la materia collassa fino a raggiungere dimensioni infinitesimali,  che nel suo interno il tempo rallenta fino a fermarsi e sappiamo anche che, alle dimensioni di Planck: 10⁻³⁵, anche la gravità diventa un fenomeno quantistico. A questo livello ha ancora senso parlare del tempo? La domanda è: ha ragione Newton che lo considera un valore assoluto, Einstein che lo considera relativo o altri che lo considerano una sorta di incantesimo, una illusione che caratterizza la nostra come ogni altra esistenza? Può esserci un tempo per ognuno di noi, per ogni oggetto e per ogni cosa esistente nell’universo,  il  tempo può accelerare o rallentare a seconda della massa o della quantità di moto ma se c’è un tempo per ogni cosa, per ogni massa e per ogni movimento, insomma per ogni sia pur effimero evento,  allora come possiamo parlare del tempo?
Diceva Leonardo Da Vinci: ”l’acqua che tocchi dei fiumi è la prima di quella che viene, l’ultima di quella che va: così il tempo presente.” Se l’acqua procede verso la vastità degli oceani l’attimo resterebbe  forse prigioniero  del suo tempo?  Una volta nell’oceano potrebbe anche conservare la memoria degli attimi passati e delle profondità cosmiche da cui è emersa la prima volta come infinite generazioni di salmoni fanno del luogo di origine (e dei sentieri percorsi dalla loro nascita) cui fanno ritorno da adulti per finire la loro esistenza dove tutto è cominciato. Se è così anche noi possiamo dissolverci nel mare dell’infinito per lasciare ogni attimo della nostra esistenza imprigionato nel suo tempo,  salvo, poi, al ricomporsi del tutto ove l’universo dovesse collassare in un unico punto di vuoto infinito senza qui e la, senza passato e futuro.
Questa è una immagine letteraria ma la si può tradurre in termini quantistici immaginando che ciò che passa proceda in avanti verso il futuro  e ciò che resta imprigionato nel tempo proceda a ritroso verso il passato.  Alla fine, passato e futuro potrebbero ricongiungersi, collassando, in un unico infinito, eterno presente. È come dire che ognuno di noi è il quadrato di se stesso e che ogni estrazione di radice produce due risultati uno positivo ed uno negativo. Nessuna meraviglia se anche nelle grandi masse scopriamo che esiste la sovrapposizione di stati e che verificando l’esistenza di uno stato che avanza verso il futuro, l’altro si allontani retrocedendo, apparentemente dissolvendosi nel passato. E non dovrebbe sorprendere  l’idea che parti separate cerchino l’unità.
Supponendo che tutto questo abbia senso e possa essere riferito  alle nostre vite potrebbe significare che inferno e paradiso esistono sul serio, non da qualche parte ma in noi stessi, e che ce lo portiamo appresso, per sempre,  impresso nelle nostre azioni. Se veramente Dio si manifesta come amore e l’amore è la forza creatrice all’origine di ogni cosa, come sostengo nel mio libro “Dagli opposti all’uomo”, allora quello che conta sul serio sarà l’amore che abbiamo saputo dare a fare la differenza.
Ivo fava
Cavarzere,  li 28/02/2014  

sabato 22 giugno 2013

L'EURO E LA CRISI IN EUROPA E IN ITALIA

L’Euro aiuterà l’Europa ad uscire dalla crisi o finirà per farla affondare peggiorando la situazione al punto da rendere inevitabile la sua fine e con essa anche il sogno dell’unificazione europea?

 In verità l’Euro, cosi come è concepito oggi, è un mostro che ha neutralizzato sia i meccanismi automatici di equilibrio dell’economia di mercato definiti dalla teoria classica, sia i meccanismi di interventi correttivi dell’ economia moderna chiamata da molti neo-keinesiana. Con ottiche diverse entrambe le teorie partono dal presupposto che in economia si finisce per realizzare l’uguaglianza R = I (Risparmio = Investimenti). Tuttavia nuovi sviluppi, da tempo in atto, nella concezione del risparmio e del suo utilizzo ha consentito il dirottamento di grandi masse monetarie dagli investimenti nei fattori della produzione alle transazioni finanziarie, in operazioni di borsa prive di qualsiasi etica e senza più alcun riferimento al mondo della produzione e del lavoro. Si è formata con ciò una grande liquidità sottraendo,però, risorse ai consumi delle famiglie, alla produzione e deprimendo gli investimenti delle aziende cui non solo vengono a mancare le risorse ma anche gli stimoli a produrre a causa di una domanda in caduta libera. Per la teoria classica è la capacità produttiva a determinare il reddito nazionale (PIL), per i neo-keinesiani è la spesa totale a determinarne la grandezza. Sta di fatto che in Italia la spesa si riduce, con essa si riduce anche la capacità produttiva, la produzione ed aumenta la disoccupazione. La problematica che abbiamo di fronte, perciò, non è tanto il deficit che va tenuto comunque sotto controllo razionalizzando la spesa, quanto la mancanza di un virtuoso processo di crescita. In questa situazione ridurre l’ammontare complessivo del debito come ci chiede l’Europa è impossibile, difficile anche mantenerlo stabile, e comunque il rapporto debito PIL è destinato inesorabilmente ad aumentare.

Perché l’Euro possa sopravvivere deve disporre delle stesse armi delle altre valute. La BCE è una banca a sovranità limitata. Non esercita sulla moneta il controllo che per esempio la Federal Reserve, la Banca d’Inghilterra o la Banca Centrale del Giappone esercitano rispettivamente sul dollaro, sulla sterlina o sullo Yen. Per esempio non può stampare o creare moneta per consentire un processo inflattivo che renda meno pesante il debito e più competitiva l’economia, per favorire con gli investimenti, la produzione e l’occupazione , per stimolare i consumi e l’esportazione. È vero, la BCE ha immesso una ingente liquidità nel circuito delle banche ma lo ha fatto utilizzando fondi messi a disposizione dagli stati membri, Italia compresa, che a loro volta li avevano sottratti alla spesa dei loro bilanci e conseguentemente ai consumi dei loro cittadini. Queste manovre hanno avuto un effetto ulteriormente deflattivo non inflattivo. Risultato l’Euro è troppo forte rispetto alle altre monete e i paesi in difficoltà come l’Italia fanno più fatica sui mercati internazionali mentre trovano più convenienti le merci di importazione rispetto a quelle nazionali. Le nostre aziende chiudono. Le Banche a cui la BCE ha elargito liquidità, data la situazione, invece di investire nelle imprese hanno comprato titoli del debito pubblico che presentano meno rischi e grazie allo spread offrono ottimi rendimenti. Anche il debito pubblico contribuisce a determinare la spesa complessiva è quindi il PIL ma in questo caso serve solo a rinnovare i titoli in scadenza. Abbiamo già osservato che, con una economia in fase recessiva, anche se l’ammontare del debito pubblico rimane sempre lo stesso, la sua percentuale rispetto al PIL continua inevitabilmente a crescere. In questa situazione perseguire ad ogni costo la riduzione del deficit fa solo peggiorare la situazione.

Abbiamo accennato ad un uso perverso del risparmio con lo spostamento di grande masse monetarie dai fattori della produzione alla speculazione finanziaria e con transazioni borsistiche spesso prive di qualsiasi etica: si crea in questo modo una liquidità che rimane inutilizzata e nelle mani di pochi. Spesso si tratta di una massa monetaria che finisce in paradisi fiscali in attesa di essere riutilizzata più o meno nello stesso modo. Questo uso del risparmio crea ricchezza per pochi e povertà per molti. Chi la possiede o la controlla, infatti, non ha alcun interesse ad affrontare avventure imprenditoriali quando ha l’opportunità di facili guadagni assumendo pochissimi rischi.

Se non bastano i paradisi fiscali i singoli paesi europei si contendono le scarse risorse di capitali con sistemi fiscali concorrenti giovandosi dell’assenza di una politica fiscale comune a tutti i paesi dell’unione. Si favorisce con ciò, se non una vera e propria evasione, almeno l’elusione fiscale di quanti prendono residenze fasulle per usufruire di legislazioni più favorevoli.

Ecco allora cosa dovrebbe fare l’Unione per avere un euro destinato a sopravvivere:

 - una banca centrale di ultima istanza, completamente indipendente che ove necessario possa creare moneta per una fase espansiva in grado di rimettere in moto la produzione e il lavoro.
 - una politica tesa a eliminare i paradisi fiscali specie quelli esistenti nella stessa Comunità Europea,
 - una comune politica fiscale che delimiti l’autonomia dei singoli stati pur consentendo una certa elasticità di comportamenti,
 - contrastare le speculazioni finanziarie con una tassa sulle transazioni ma soprattutto proibendo, in via definitiva e non temporanea, le vendite allo scoperto che molti adoperano per drogare i mercati a proprio uso e consumo.

Se si realizzano questi obiettivi gli stati che usano la moneta unica saranno messi nella condizione di svolgere i loro compiti in caso contrario potrebbero non farcela e l’Euro non avrebbe un futuro. Nel frattempo l’Unione Europea deve fare uno sforzo e mettere a disposizione dei fondi , o attraverso la BCE con l’emissione di titoli di scopo, o ricavati dal bilancio comunitario, da destinare ai paesi in recessione al fine di promuovere la produzione e l’occupazione.

L’Italia però non deve comportarsi come ha fatto quasi costantemente nel passato.

 - La nostra presenza negli organismi comunitari dove si discutono e si prendono decisioni relative alle politiche dell’unione deve contare su persone competenti che sappiano leggere i documenti in inglese e siano attente a non concedere più di quanto possono permettersi come è successo troppe volte nel passato e come è emerso , anche di recente, con la controversia sulle quote latte. Una volta che si sono presi degli impegni bisogna essere in grado di rispettarli.
 - In campo economico data la ristrettezza del credito e la scarsa liquidità a disposizione delle imprese è necessario mettere queste ultime in condizione di consentire un processo di accumulo di risorse proprie con un fisco più leggero ma soprattutto usando la leva fiscale per favorire l’assunzione a tempo indeterminato e l’investimento a scopi produttivi. Per le nuove imprese si dovrebbe prevedere un periodo di esenzione totale dalle imposte, semplificare le procedure per l’inizio di attività , ridurre i tempi e i costi relativi.
 - In merito alla semplificazione legislativa si potrebbe stabilire che ogni nuova legge preveda l’abrogazione di tutta la legislazione precedente sul medesimo argomento vietando perciò ogni richiamo a normative più datate.
 - Per un miglior funzionamento della giustizia e per accelerare la conclusione dei processi sia civili che penali si potrebbero ridurre a due i gradi di giudizio e intervenire sulle procedure in modo da evitare i molti rinvii che spesso non hanno alcuna giustificazione. In particolare nei processi civili e in tutte le vertenze di carattere amministrativo si potrebbe consentire l’autodifesa quando l’imputato o il ricorrente non si sente sufficientemente tutelato dal suo legale.
 - Sul risparmio bisogna distinguere - a) chi si astiene dal consumo per creare una riserva di sicurezza al fine di soddisfare eventuali esigenze future -b) da chi dispone di risorse ingenti e le parcheggia in azioni, obbligazioni e titoli di debito pubblico. Il risparmio di cui al punto a) dovrebbe confluire in banche che se ne servono per concedere prestiti alle imprese e alle famiglie. I depositi di cui al punto b) dovrebbero confluire in banche che si occupano di gestire patrimoni o di effettuare speculazioni finanziarie. Solo le prime che custodiscono depositi frutto di sacrifici e a cui molte persone hanno affidato la loro tranquillità e sicurezza, dovrebbero ottenere uno scudo protettivo. Le seconde dovrebbero operare a proprio rischio e pericolo.
 - Inevitabili gli interventi sulla spesa. Si tratta di evitare sprechi di risorse in una situazione in cui la contrazione del reddito nazionale rende inevitabilmente impossibile reperirne di nuove. In primo luogo i partiti devono rendersi conto che non possono mantenere un esercito di funzionari o consentire ai loro esponenti di arricchirsi personalmente a spese di contribuenti che diventano al contrario sempre più poveri. In secondo luogo non possiamo più permetterci di mantenere costose strutture non essenziali al funzionamento dello stato anzi spesso con effetti negativi per duplicazione di funzioni e creazione di ostacoli burocratici al suo corretto funzionamento. Positivo sarebbe se ogni Regione destinasse ad uno dei suoi uffici il compito di controllare la spesa delle proprie strutture, specie sanitarie, per evitare sostanziali, ingiustificate differenze nell’uso e nel costo di servizi, presidi, macchine e materiali sanitari di ogni genere destinati alla prevenzione e cura degli ammalati.
 - Un discorso a parte andrebbe fatto sul conflitti di interessi. Sono talmente tanti che è impossibile affrontarli tutti in questa sede. Una cosa è certa: non c’è solo Berlusconi e l’informazione. Alcuni hanno a che fare con i principi fondamentali di ogni sistema democratico: la divisione dei poteri. I poteri non devono solo essere nominalmente separati, devono anche essere divisi. Chi siede nelle camere del potere legislativo non può contemporaneamente sedere in quelle del potere esecutivo e viceversa. Gli avvocati non possono contemporaneamente fare i parlamentari e sostenere in giudizio la difesa degli onorevoli colleghi e dei propri clienti. La magistratura non deve fare le leggi, deve solo farle osservare. I magistrati non possono disinvoltamente invadere i partiti e viaggiare tra le istituzioni come astronauti tra le galassie. Il sistema elettorale per l’elezione del CSM va riformato per impedire a giudici e pm di confluire in liste dagli orientamenti chiaramente politici.
 - Burocrati ed alti funzionari dello stato non dovrebbero ricoprire incarichi multipli spesso in conflitto tra loro o assumere funzioni consultive su problemi che li riguardano. Politici ed imprenditori non possono sedere nei C. di A. delle banche indirizzando il credito a proprio vantaggio, talvolta in modo delittuoso, altre senza adeguate garanzie e a particolari condizioni di favore, sempre sottraendolo a chi potrebbe utilizzarlo in modo migliore.

Forse abbiamo messo troppa carne al fuoco ma di carne non ce n’è mai abbastanza per un paese come il nostro. Infatti aspetta da molto tempo che i partiti, se ancora esistono o magari prima che scompaiano del tutto, affrontino il problema della legge elettorale e delle riforme istituzionali perché la nostra Costituzione sarà anche la migliore del mondo ma non funziona.
 ivo fava 21/06/2013

giovedì 26 luglio 2012

SERVONO DUE DISTINTE COMUNITÀ EUROPEE

Con le regole attuali l’Europa è destinata a subire la crisi fino alla sua distruzione. L’euro non può sopportare misure di emergenza che non risolvono i problemi di fondo ma contribuiscono ad aggravarli. Servirebbero politiche fiscali ed economiche comuni, strutture comunitarie sovranazionali, compresa una banca di ultima istanza in grado di stampare moneta. Se la Germania continuerà a sostenere le sue attuali condizioni e trarre con ciò vantaggio dalle debolezze altrui, usufruendo di risorse monetarie provenienti da paesi in crisi della comunità sovranazionale a cui essa stessa appartiene, per finanziare la sua economia a interessi negativi, otterrà solo il risultato di affondare i paesi mediterranei sotto il giogo di uno spread insopportabile e di una crescente protesta popolare. Se le cose stanno cosi si devono cercare soluzioni alternative. Non serve uscire dall’euro ma si possono averne due. I paesi settentrionali che vogliono mantenere le attuali regole e strutture comunitarie, non intendono sacrificare parte delle loro attuali risorse per aiutare i paesi più deboli, si tengano la loro Europa, il loro euro e la loro BCE. I paesi mediterranei si diano proprie strutture più avanzate, più democratiche e maggiormente integrate con una banca di ultima istanza. Si pongano, così, nella condizione di sostenere le loro economie in concorrenza con l’Europa del nord. Nonostante l’impegno di Draghi, la BCE da sola, senza ulteriori poteri che Germania, Olanda, Finlandia non intendono attribuirle, non riuscirà a salvare l’euro, perciò la proposta di due distinte comunità europee è l’unica che può consentire una uscita morbida dalla crisi bloccando la speculazione della finanza internazionale. All’inizio l’euro mediterraneo subirà una pesante svalutazione, l’inflazione morderà ma l’economia dei paesi interessati potrà rapidamente tornare a correre, gli stipendi si adegueranno progressivamente all’inflazione e alla fine si troverà un nuovo equilibrio non necessariamente al ribasso. Se il sogno di un’Europa unita deve finire perché non farne due per continuare a creare futuro invece di precipitare nel passato? ivo fava 26/07/2012

giovedì 3 maggio 2012

ANCORA SU MONTI

ANCORA SU MONTI Era chiaro sin dal primo momento: se Monti voleva procedere, per il suo programma di governo, consultando i partiti, questi sarebbero andati a nozze. Lo avrebbero lasciato governare fino al 2013 facendogli fare solo quello che loro avrebbero voluto ma non riuscivano a fare: cioè il lavoro sporco, quello che fa pagare il prezzo della crisi alla parte più debole della popolazione salvando proprio quelle lobbie e caste che ne sono la causa. Così facendo potrà anche arrivare al 2013 ma il paese non si salverà e il giudizio sul governo dei tecnici sarà inclemente. Ogni speranza delusa è il presupposto per nuove tensioni e poiché siamo alla frutta, oscure nubi si addensano sul nostro futuro. La nomina di tre commissari rispettivamente alla spending revew (sarebbe meglio dire revisione della spesa), alla riduzione del costo della politica, alla modernizzazione dello stato e delle sue strutture: cioè di ciò che più di ogni altra cosa darebbe il segno del cambiamento, potrebbe significare che il governo ha capito la lezione ma potrebbe anche essere un ulteriore segno di debolezza se non si traduce in risultati concreti nel breve termine. Anche le tanto attese misure di equità: una più equilibrata distribuzione dei sacrifici ma anche iniziative tese a creare un nuovo equilibrio nella distribuzione del reddito, devono trovare adeguate risposte. Questo governo è un governo di tecnici ma in un paese che pretende di essere democratico ogni governo è un governo politico specie se sostenuto dal parlamento: le sue responsabilità sono responsabilità politiche. Se incontra resistenze ha lo strumento della fiducia. Lo può usare ponendo il parlamento di fronte alle sue responsabilità. Potrà essere sfiduciato ma almeno salverà la faccia e la sua credibilità, al contrario, non avrà attenuanti se il suo arrivo alla scadenza normale della legislatura sarà un fallimento. La mia opinione è che questo parlamento non è in grado di riformare né lo stato, né i partiti, né se stesso ma un po’ dovrebbe preoccuparsi della propria impotenza e qualcosa, ove costretto, dovrebbe concedere. Ivo Fava – 03/05/2012

martedì 1 maggio 2012

SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE

SUL DISAVANZO DELLE DEMOCRAZIE

Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera di oggi, 17 agosto, sostiene, a ragione, che i disordini dei giorni scorsi in Inghilterra pongono il problema del rapporto dei governi con le risorse disponibili ma sembra far risalire questi eventi al suffragio universale che obbliga chi è al potere ad avere un voto in più rispetto ai suoi avversari. Per accontentare tutti i gruppi sociali i governi spendono, per spendere tassano e quando le tasse non bastano si indebitano. Così la finanza assume il controllo dello stato. Tutto questo sarebbe iniziato in Italia negli anni ’70, quando si sono indeboliti i motivi di consenso politico e ideologico come, ad esempio, la necessità di opporsi al comunismo. In realtà in Italia è cominciato con il centro sinistra, quando la cittadella democratica dei quattro partiti di centro, costretta ad operare al meglio, perché assediata dalle opposizioni, ha improvvisamente allargato la sua base parlamentare, incorporando parte della sinistra. Avendo così acquisito una maggioranza di sicurezza nelle assemblee legislative, la preoccupazione prevalente dei partiti di governo è stata quella di crescere rispetto ai diretti concorrenti al fine di gestire fette sempre più rilevanti di potere. Per farlo dovevano accontentare le loro clientele, ignorando le battaglie ideali, che tra l’altro non tutti avevano combattuto, e che contrapponevano oriente ad occidente, economie di mercato ad economie pianificate, le democrazie liberali alle dittature, comunque denominate. L’apertura a sinistra era un problema tutto italiano ma il venir meno della battaglia ideale riguardava tutte le democrazie occidentali ed era conseguente all’indebolimento delle grandi tensioni, non solo belliche ma soprattutto culturali che avevano caratterizzato la caduta dei regimi fascista, nazista e infine di quello comunista. In questa situazione, specie in Italia, chi controllava la spesa pubblica, oltre che favorire le sue clientele, ha pensato bene di ritagliarsi un profitto personale per se, per il suo partito o per i suoi lacchè. Oggi le cose non sono cambiate. E. G. della Loggia, a tale proposito, parla di un assottigliamento spirituale che avrebbe costruito il consenso con la spesa pubblica piuttosto che con l’istruzione pubblica e l’informazione. In realtà l’assottigliamento spirituale lo hanno subito le classi dominanti e lo hanno imposto a quelle subordinate che non hanno avuto scelta. Veramente queste ultime si sono difese, hanno resistito, e, sia pure in silenzio, cercato di conservare un sistema di valori che la tradizione aveva radicato nelle famiglie e nella società civile. La spesa pubblica ha assunto un ruolo dominante ma i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Le tasse aumentavano e il debito cresceva ma il suo costo gravava soprattutto su quel ceto medio, impoveritosi al punto che, oggi, anche con un buon lavoro non riesce più a formare una famiglia e a mantenerla. Trovare nuovi valori per le democrazie occidentali è ancora possibile, basta cercarli dove ancora si trovano ma chi li deve apprendere non sono coloro che hanno subito in silenzio i soprusi del potere ma chi non vuole rinunciare ad un centesimo delle sue ricchezze ed approfitta delle occasioni offerte dalla normativa finanziaria per aumentarle, contribuendo ad aggravare la povertà degli altri. Cosi si favorisce la violenza degli esclusi: il suffragio universale c'entra come il cavolo a merenda. I ricchi devono, dimenticare i paradisi fiscali, le vendite allo scoperto, i titoli spazzatura ad altre diavolerie del genere, per apprendere ed apprezzare il valore della solidarietà ed i principi che devono ispirare una società civile. In un mio precedente articolo “Democrazia Oggi”, rintracciabile in questo blog, ho sostenuto che nessun sistema elettorale garantisce veramente una rappresentanza democratica. La rappresentanza è ormai nelle mani di potenti oligarchie dominanti. Propongo quindi di ricorrere a sistemi alternativi come l’estrazione a sorte, con una permanenza limitata nel tempo dei rappresentanti, cosi selezionati, nelle assemblee legislative. Si eviterebbe così il formarsi delle clientele, si ridurrebbe di molto il costo della politica, si contrasterebbe la corruzione e sparirebbero molti dei difetti riscontrabili oggi nelle nostre istituzioni. Sono anche certo che in questo modo si avrebbero rappresentanti più preparati e responsabili di quelli odierni.
Ivo Fava – 17 agosto 2011

lunedì 28 novembre 2011

MONTI: SCELTA GIUSTA?

MONTI: scelta giusta?
Monti ha già fatto molto per distruggere il credito che aveva. Forse non ha capito che il Presidente della Repubblica lo ha scelto per gestire l’emergenza e che l’emergenza non si può gestire con le solite procedure. Tutti pensavano che se lui era il prescelto forse sapeva già cosa fosse necessario fare per aiutare il paese ad uscire dall'emergenza. Ci si aspettava che agisse con tempestività e non fossero necessari altri richiami dell’ineffabile Sarkozy o della Merkel, richiami che gli italiani percepiscono come una umiliazione. Se aveva delle idee doveva manifestarle, tradurle in provvedimenti ed imporle al parlamento. Meglio una bocciatura, governo a casa e addio piuttosto che interminabili trattative, lunghe attese, provvedimenti arrangiati e in ritardo rispetto agli eventi. Se il parlamento che si è dimostrato inadeguato (inadeguato è già un eufemismo, bisognerebbe dire irresponsabile) avesse confermato le sue attuali carenze saremmo precipitati nell’abisso cui eravamo destinati ma almeno avremmo capito, senza ombra di dubbio, che era giunta l’ora di una resa dei conti. Recuperi il tempo perduto, tratti alla pari e con dignità con gli altri leader europei che non sono senza peccato, agisca con equità, perché senza equità non si possono imporre sacrifici, e dimostri che la fiducia in lui non era mal riposta.
ivo fava – li 28/11/2011

martedì 15 novembre 2011

COSA AUSPICARE PER L'ITALIA E L'EUROPA

COSA AUSPICARE PER L’ITALIA E L’EUROPA
Il Presidente del Consiglio incaricato è tale solo perché i partiti hanno dimostrato la loro inadeguatezza al punto di non saper indicare una maggioranza parlamentare, un leader e un programma in grado di farci superare le gravi difficoltà del momento. Alcune forze politiche hanno preso atto del problema e hanno delegato questo compito, promettendo il loro sostegno senza condizioni, al Presidente della Repubblica. Lo hanno fatto al fine di consentire un momento di riflessione che ci faccia uscire dal tunnel in cui ci siamo infilati. Altre che, per le loro esitazioni e i loro contrasti, hanno dovuto rinunciare a proseguire nel governo del paese, pretenderebbero ora di dettare le condizioni per un loro sostegno. Altre ancora si sono, aprioristicamente, rifiutate di farlo. Il Presidente incaricato non deve mostrare le stesse esitazioni, non deve indugiare per ottenere la loro approvazione o partecipazione, non deve farsi dettare le regole o restrizioni ma semplicemente formare subito una compagine governativa, indicare le soluzioni, del resto già chiaramente individuate, e proporle per l’approvazione. Il Parlamento le approverà ma se non lo farà, o per lo meno chi si rifiuterà di farlo, si assumerà la responsabilità dell’abisso in cui sprofonderemo e alla fine ognuno di noi saprà chi ringraziare.
L’Europa pretende dall’Italia comportamenti virtuosi; anche gran parte degli italiani lo vogliono. Lo pretendono in particolare i governi di Francia e Germania i quali però stentano a riconoscere che questa Europa non ha strumenti idonei per contrastare la crisi che sta vivendo. Al contrario non fanno nulla o molto poco per individuarli. Le soluzioni che propongono dimostrano solo la loro inadeguatezza, peggio la loro fuga dalla realtà. Forse manca la capacità o forse la volontà di affrontare il toro per le corna. Pensano al fondo salva stati ma non riescono e definirne le dimensioni. In realtà questo fondo è una misura tampone di cui non si conosce la reale efficacia. Quando la Merkel afferma che occorre modificare il trattato di Lisbona creando un sistema di sanzioni automatiche bisogna pensare che qualcosa si sia inceppato nel meccanismo cerebrale di chi lo propone. Quali sanzioni dovrebbe subire la Grecia (per averci raccontato delle frottole ed aver allegramente sforato il rapporto deficit/pil concordato) alla quale stiamo, al contrario, erogando un programma di aiuti? Se un paese è in grave difficoltà come si può pensare di salvarlo con un sistema sanzionatorio che aggrava le sue difficoltà? Ci sarebbe una sola sanzione possibile: abbandonare il paese al suo destino e farlo uscire dall’Europa ma in questo caso che cosa sarebbe mai l’Unione? Le soluzioni che non si vogliono vedere sono: un vero parlamento, un vero governo, una vera magistratura europea, una banca europea indipendente e di ultima istanza in grado di battere moneta. Oltre a questo: maggior decisione nel contrastare una finanza creatrice di gravi squilibri nella distribuzione della ricchezza, per favorire e sostenere produzione e lavoro.
Ivo Fava – 15/11/2011